Francesco Verderami per il "Corriere della Sera"
Draghi incazzato
Nel tiro a segno contro il governo, scagli il primo emendamento chi della maggioranza è senza peccato. Nessuno può farlo, perché tutti i partiti delle larghe intese sono coinvolti nell'affaire Milleproroghe che l'altro giorno ha mandato più volte sotto l'esecutivo alla Camera. Una vicenda marginale - dettata peraltro da un cortocircuito tra il ministro per i Rapporti con il Parlamento e i deputati - ma indicativa dello stato dei rapporti tra le forze di maggioranza e il premier.
mario draghi in conferenza stampa 3
E premonitrice di quanto potrà accadere. Perché nel Palazzo non si nutrono dubbi sul fatto che si verificherà un incidente politicamente rilevante. E si arriva perfino a indicare la data dell'avvenimento: a giugno, dopo l'arrivo della seconda tranche del Pnrr. Draghi ovviamente ha compreso l'andazzo e la «strigliata» alle forze di maggioranza è stata una mossa preventiva per tentare di bloccare lo stillicidio.
Per quanto la sua irritazione sull'accaduto fosse autentica, dovuta in particolare - racconta una personalità che gli ha parlato - al cambio di destinazione dei fondi per Taranto voluto da Pd e Iv. Ma è solo un dettaglio in un contesto complicato che il presidente del Consiglio ha sottolineato, accusando i capidelegazione di non essere «in grado di garantire il rapporto tra il governo e i partiti».
MEME GIORGIA MELONI MATTEO SALVINI CURLING
Perché non c'è dubbio che nel mirino ci sia Draghi, che le forze politiche nei loro conciliaboli definiscono indebolito dopo la corsa per il Colle. Divergono semmai le tesi sull'obiettivo che l'incidente dovrebbe provocare: alcuni sostengono che l'occasione servirebbe a rinnovare l'esecutivo dopo la rottura definitiva tra Salvini e Meloni; i più ipotizzano invece che l'evento avrebbe come obiettivo le elezioni anticipate in autunno.
Resta da capire chi ne trarrebbe vantaggio. E nel gioco dei reciproci sospetti, persino autorevoli esponenti del Pd volgono lo sguardo verso il loro leader e la Meloni. Vengono perciò interpretate le parole del ministro democrat Orlando, secondo il quale «avanti così rischiamo che la Lega porti il Paese al voto»: più che un attacco al leader del Carroccio, sarebbe stato un modo per metterlo in guardia dal farsi strumento di mire altrui. In ogni caso appare evidente che, mentre Draghi governa l'emergenza, i partiti guardino già al dopo Draghi.
GIANCARLO GIORGETTI E MARIO DRAGHI
Nei colloqui riservati si parla delle Amministrative in attesa di parlare della legge elettorale. Salvini lavora per combinare insieme il voto per i Comuni e i referendum. Letta viene pressato sulla riforma proporzionale dai suoi compagni e dai centristi e risponde che è d'accordo ma non si vuole esporre perché sarebbe un segno di debolezza. La rupture con Palazzo Chigi è tale che si manifesta addirittura nelle dichiarazioni pubbliche. E se il pd Orfini - rispondendo al premier - rivendica il ruolo del Parlamento «che non può trasformarsi in un mero organo ratificatore», l'azzurro Gasparri - sempre evocando il premier - si auspica che le sue parole «non riflettessero anche amarezze e strascichi quirinalizi».
MARIO DRAGHI
«Ma allora come mai - chiede il centrista Lupi - quando si votò per il capo dello Stato, chiedemmo tutti a Draghi di continuare a guidare il Paese in questa fase?». La domanda cade nel vuoto. D'altronde i partiti ritengono che la regia dove tentare di realizzare un nuovo equilibrio di sistema sia ridiventato il Quirinale. Perché è sempre lì che si torna, alla corsa per il Colle, che in quei giorni apparve a un dirigente del Pd come «la riedizione di un congresso democristiano: una sfida tra l'andreottiano Draghi e il moroteo Mattarella, con il forlaniano Casini in mezzo».
MARIO DRAGHI MEME
E quando Mattarella venne rieletto, il ministro Giorgetti non si trattenne con il collega Guerini: «Comunque vincete sempre voi della Dc. Siete come la Juve». Resta da capire quanto durerà ancora il campionato del governo, e chi vorrà intestarsi la prossima Finanziaria a ridosso delle urne. Ieri il governatore leghista Fedriga si è lasciato scappare un «vediamo se arriveremo al termine della legislatura». Draghi ha avvisato i ministri che non accetterà compromessi sulla sua road map : «Mi verrebbe da dire che non siamo qui a smacchiare giaguari e pettinare bambole».
MARIO DRAGHI GIANCARLO GIORGETTI MATTEO SALVINI E GIORGIA MELONI matteo salvini giorgia meloni meme by carli LETTA DRAGHI