DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
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‘’Repubblica” delle mie brame! Qualche giorno fa, sul “Fatto Quotidiano”, Gianni Barbacetto e Carlo Di Foggia hanno svelato che il quotidiano è in vendita, con la regia di Claudio Calabi.
La notizia ha acceso un vespaio di voci e indiscrezioni a Roma e Milano essendo il 76enne Calabi ben conosciuto come un manager di grande esperienza e abile capacità nel campo editoriale, essendo stato amministratore delegato di grandi aziende italiane tra cui RCS Editori, Camuzzi, I Viaggi del Ventaglio, Il Sole 24 ORE e Risanamento S.p.A.
L’ultima impresa portata al successo da Calabi è stata la transazione che ha messo fine alla scellerata operazione di Urbano Cairo contro il colosso dei fondi americani Blackrock per la vendita del palazzo di via Solferino.
MAURIZIO SCANAVINO E JOHN ELKANN
Ora il suo obiettivo, secondo “Il Fatto”, sia chiama “Repubblica”, giornale che recentemente ha sbolognato l’inviso Maurizio Molinari con il navigatissimo Mario “Pongo” Orfeo, evitando un direttore “radicale” come Massimo Giannini.
Ma la verità, per ora, è un’altra: il giornale fondato da Eugenio Scalfari resta nelle mani di John Elkann. La piedigrotta delle supposizioni e rumors che l’erede della Dinastia Agnelli voglia disfarsi del quotidiano di Largo Fochetti hanno magari origine dalle ultime disgraziate vicende che hanno visto protagonista l’algido John Elkann: i guai giudiziari con la madre Margherita, la crisi mondiale dell’industria automobilistica, l’acidissimo non-rapporto con la Ducetta di Palazzo Chigi, più una redazione che scende in sciopero contro la casa madre Exor impegnata a entrare in affari nell’AI di Sam Altman.
colloquio tra john elkann e sam altman all italian tech week di gedi 1
A questo punto: a che serve al tycoon di Torino possedere un giornale, gravato pure da pesanti conti in rosso? Ovviamente è tempo perso chiedersi se Calabi abbia ricevuto un mandato (scritto o tacito) per trovare compratori: comunque, il giornale diretto da Travaglio non ha mai ricevuto smentita né dal manager né dal Gruppo Gedi.
Da parte sua Dagospia può confermare l’operazione: Calabi ha avuto recentemente contatti con una decina tra i più doviziosi imprenditori e finanzieri italiani: siete pronti a scucire una quota di 10 milioni di euro per dare vita a una cordata?
I nomi contattati che circolano sarebbero: Luca Garavaglia della Campari, Giovanni Ferrero, Alessandro Benetton, Giovanni Tamburi, etc. A quanto pare, tutti molto scettici di imbarcarsi in una avventura, una sorta di public company, che di sicuro finirebbe in un bagno di sangue (Puoi anche comprarti “Repubblica” ma è un’impresa ardua comprarsi i giornalisti di Largo Fochetti).
Gira l’indiscrezione e l’affare s’ingrossa: tra una telefonata e uno spiffero, con lo stesso obiettivo di Calabi, è spuntata sul taccuino di Dagospia un’altra cordata capitanata dal campione mondiale di kickboxing Michele Briamonte, un avvocato torinese di successo dello studio Grande Stevens, che un tempo seguiva Gianni Agnelli e l’intera galassia Fiat.
MICHELE BRIAMONTE FOTO LAPRESSE
Voci, indiscrezioni, soffiate. In realtà, come si è visto recentemente a Genova con l’acquisizione-lampo del “Secolo XIX” (sfilandolo senza nemmeno controllare il bilancio alla cricca Toti-Spinelli), l’unico imprenditore che avrebbe disponibilità e interesse a comprare “La Repubblica” si chiama Gianluigi Aponte.
Da escludere ovviamente qualsiasi ipotesi di convenienza economica, l’ingresso nel business malconcio dell’editoria dell’armatore nativo di Sorrento ma con passaporto svizzero, dotato di un patrimonio di 34 miliardi di dollari, è legato solo a motivi di convenienza politica.
Gianluigi Aponte ha riassunto così la sua idea di giornale al suo primo giorno da editore, di fronte alla redazione del ‘’Secolo XIX’’: “Dobbiamo essere più tolleranti nei confronti dei politici e degli imprenditori che favoriscono lo sviluppo”.
Del resto, gli interessi del Comandante spaziano dal trasporto marittimo di container, alle crociere (MSC), ai porti (Trieste e Gioia Tauro), ai traghetti (Moby), ai camion, ai treni (Italo), al trasporto aereo merci, all’industria (Warstila di Trieste, la società finlandese produttrice di motori marini.
A questo punto per Aponte, impegnatissimo com’è a trasformare il porto di Genova in un gigantesco hub del Mediterraneo per la sua flotta di container e navi da crociera, avere al suo fianco, oltre al locale “Secolo XIX”, anche il secondo quotidiano nazionale, non è poi una cattiva idea.
gianluigi aponte rafaela diamant
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