Estratto dell'articolo di Anna Fegonara per www.corriere.it
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Anche se una cosa fa bene, assumerne troppa diventa sempre controproducente. […] l’attività fisica è fondamentale per il nostro benessere, ma quello che fa la differenza è la sua intensità. Un gruppo di ricercatori, si legge su Clinical Journal of Sport Medicine , ha indagato la salute di quasi mille corridori, ciclisti e triatleti; si è visto come anni di allenamento intenso, di resistenza e gare possono contribuire ad aumentare lo sviluppo, soprattutto negli uomini, di fibrillazione atriale rispetto alla popolazione generale.
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È la più comune aritmia cardiaca che porta il cuore ad andare fuori giri, ad avere un battito irregolare a causa della perdita di efficienza contrattile degli atri. Gli studiosi hanno utilizzato un sondaggio internazionale online rivolto ad agonisti, la cui età media era di 52 anni e l’84% era di sesso maschile; gli autori sottolineano come gli atleti di resistenza «veterani» che sviluppano fibrillazione possono avere un rischio maggiore di ictus.
Lo sport come un farmaco: va dosato
«Questa ricerca conferma che estenuanti sedute di attività fisica condotte a intensità elevata, specialmente se praticate a un’età non più giovane, possono causare più danni che benefici, ma non suggerisce di non muoversi più — esordisce Gianfranco Beltrami, specialista in Medicina dello sport e Cardiologia, vice presidente Federazione medico sportiva italiana — […] Chi ha la fibrillazione si può quindi allenare? Attività a ritmo blando come la camminata o la bicicletta possono essere praticate col parere favorevole del cardiologo o del medico dello sport. Svolgere attività fisica può, infatti, ridurre la frequenza e la gravità degli episodi di fibrillazione, abbassare la pressione sanguigna e la frequenza cardiaca a riposo».
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I segnali di quando ci si allena troppo
Il corpo ci avvisa quando stiamo esagerando. «[…] I sintomi principali sono calo del rendimento, frequenza cardiaca più elevata del normale o palpitazioni, stanchezza persistente anche dopo il riposo, difficoltà a dormire o sonno irregolare, indolenzimento muscolare persistente, cambiamenti di umore, ansia, maggiore suscettibilità alle malattie da raffreddamento».
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Perché cresce il rischio ictus
«[…] Il rischio di ictus cerebrale, legato alla perdita della contrattilità degli atri conseguente all’aritmia che provoca una stasi del sangue. Questo può causare una possibile formazione di coaguli (trombi) da cui possono staccarsi frammenti (emboli) che possono raggiungere il circolo cerebrale determinando quella forma di ictus definita “cardioembolica”.
ictus ischemico
L’ictus cardioembolico correlato alla fibrillazione atriale è responsabile di circa il 20-30% di tutti gli ictus ischemici e di circa il 10% di quelli cosiddetti “criptogenetici”, ossia senza un’evidente causa dopo l’iter diagnostico. Trattandosi di un evento epidemiologicamente assai importante, la prevenzione dell’ictus cardioembolico da fibrillazione atriale è un argomento fondamentale sia a livello individuale sia di sanità pubblica». […]
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«La prevalenza della fibrillazione atriale è del 2-4%, tende a verificarsi maggiormente negli uomini e la sua occorrenza cresce con l’aumentare dell’età. Trattasi di una vera e propria “epidemia”: all’età indice di 55 anni, nella popolazione europea il rischio di sviluppare nella vita la fibrillazione atriale interessa una persona su tre. Per quanto riguarda l’Italia, interessa un milione di persone con 120mila nuovi casi ogni anno» conclude il cardiologo .
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