Daniele Sparisci,Giorgio Terruzzi per il “Corriere della Sera”
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Neanche il tempo di festeggiare il secondo titolo di Verstappen, vinto domenica «a sorpresa» a Suzuka, che sulla Red Bull si abbatte una violenta tempesta. Il verdetto della Fia sulle verifiche dei conti 2021 getta grosse ombre sul primo Mondiale conquistato dall'olandese all'ultimo giro dell'ultima gara, contro Lewis Hamilton.
Su quel finale ad Abu Dhabi, già al centro di mille polemiche per la gestione della safety car da parte dell'allora direttore di corsa Michael Masi (poi licenziato), ora pende lo sforamento accertato del tetto ai budget. Un colpo tremendo a una F1, la cui credibilità è già stata messa a dura prova dalle ultime decisioni della Federazione.
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La Red Bull è stata l'unica squadra, nel 2021, ad aver superato il limite di spesa (145 milioni di dollari) previsto dal nuovo regolamento, commettendo due infrazioni. Una di tipo procedurale (come Aston Martin e Williams), l'altra più grave, di tipo «materiale», seppure classificata dal codice come «minor overspend breach». Significa aver oltrepassato il budget cap di una cifra inferiore al 5%, entro i 7,25 milioni.
I revisori dei conti non hanno diffuso dettagli sui numeri, ma anche uno scostamento minimo (le indiscrezioni parlano di 1-2 milioni) può aver avuto un impatto decisivo nella corsa al titolo. Lo ha sottolineato Hamilton in Giappone: «Se avessimo potuto spendere 300 mila euro su un'ala o su un fondo magari il campionato sarebbe finito diversamente».
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La Mercedes, come la Ferrari, è risultata nei parametri. Mattia Binotto ha spiegato che 4 milioni equivalgono ad avere 70 ingegneri in più, a un guadagno di mezzo secondo in pista. La Red Bull si dichiara «sorpresa e delusa» sottolineando di «aver presentato il suo report al di sotto del limite dei 145 milioni». «Controlleremo con attenzione le conclusioni della Fia perché siamo convinti di essere dentro al regolamento». È una linea che punta a far passare il «disguido tecnico», l'errore di conteggio per mense e malattie del personale. Ma la scuderia di Christian Horner da mesi era sotto la lente degli avversari, e i rumors si sono rivelati fondati.
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Altre indiscrezioni raccontano che l'infrazione fosse più grande di quella poi effettivamente certificata, ma sia stata ridotta dopo una lunga trattative sulle interpretazioni di alcuni capitoli di spesa. Fra queste gli stipendi dei top manager, e in particolare quello del consulente esterno Helmut Marko.
È un processo delicatissimo nel quale la Federazione si gioca la faccia, il presidente Mohammed Ben Sulayem, che aveva promesso «trasparenza e integrità» dopo i fatti di Abu Dhabi, ha preso personalmente in carico i prossimi passi dell'indagine.
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Le altre squadre si aspettano sanzioni severissime, non una semplice multa che svuoterebbe l'anima delle regole finanziarie. Anche perché in F1 il vantaggio accumulato in un campionato si trascina in quello successivo. In base al codice anche per una violazione minore sarebbe possibile, nei casi più estremi, decurtare punti dal campionato costruttori e piloti del 2021. Appare molto difficile che lo scorso Mondiale venga riassegnato a Hamilton non essendo emersa «mala fede» o «condotta fraudolenta», ma esiste anche questa possibilità.
Però l'ipotesi più quotata è quella di una multa accompagnata da una limitazione corposa delle ore in galleria del vento. Una misura che avrebbe un impatto forte sulle prestazioni nel 2023. La Red Bull valuta la strategia difensiva: potrebbe accettare il patteggiamento rinunciando all'appello, in caso contrario sarebbe giudicata da un collegio di esperti nominati dalla Fia. Non esistono precedenti in materia, sul budget-gate la F1 si gioca il futuro.
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