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    REPORTER CON POCA "CLAAS" - VI RICORDATE LA STORIA DEL BRILLANTE GIORNALISTA DELLO “SPIEGEL” CLAAS RELOTIUS, PLURIPREMIATO PER I SUOI SCOOP CHE POI SI SONO RIVELATI INVENTATI? UN LIBRO E PRESTO UN FILM RACCONTANO LA VERA STORIA DI COME UN GIOVANE FREELANCE SIA RIUSCITO A SMASCHERARLO…


     
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    1 – HAI CAPITO 'STI CRUCCHI – UN GIORNALISTA DELLO “SPIEGEL”, SETTIMANALE TEDESCO NOTO PER I SUOI ATTACCHI ALL’ITALIA, SI INVENTAVA LE NOTIZIE – CLAAS RELOTIUS HA 33 ANNI, ERA STATO NOMINATO GIORNALISTA DELL’ANNO NEL 2014 E ORA SI È DIMESSO: “SENTIVO LA PRESSIONE DI NON POTER FALLIRE” – LO “SPIEGEL” HA CHIESTO SCUSA E L’HA SBUGIARDATO PUBBLICAMENTE: “NON È UN GIORNALISTA, MA SOLO UNO CHE…”

    https://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e_tv/hai-capito-39-sti-crucchi-ndash-giornalista-190935.htm

     

    2 – GROSSO SCANDALO ALLO SPIEGEL BELLI QUEI REPORTAGE PECCATO CHE FOSSERO INVENTATI

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    Michele Valensise per "La Stampa"

     

    Di fronte a eventi eccezionali che vedeva con i suoi occhi, un tempo il cronista di guerre e disastri era ossessionato dalla paura di trasmettere una testimonianza poco convincente e di non essere creduto. E se l' autenticità del racconto non bastava per garantirne il successo, occorreva uno sforzo in più per descrivere la realtà a lettori lontani.

     

    L' eterna lotta tra verità e menzogna o tra diverse sfaccettature della verità è stata al centro di una vicenda sensazionale allo Spiegel, tempio del giornalismo d' inchiesta, che oltre al suo diabolico protagonista ha coinvolto i vertici e l' etica di fondo del settimanale amburghese.

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    Ora la ricostruzione di un bravo freelance della stessa testata rivela, insieme alla patologia dell' impostore, i limiti del sistema che avrebbe dovuto smascherarlo e fa riflettere sul maggior rigore necessario in epoca di fake news (Tausend Zeilen Lüge - Mille righe di bugie, di Juan Moreno, Rowohlt, pp. 287, 18).

     

    Un giovane inviato sulla cresta dell' onda, Claas Relotius, apprezzato per i suoi straordinari scoop e insignito per quattro anni su sei con il prestigioso premio Reporter, è in Arizona per un servizio su gruppi paramilitari americani sospettati di neutralizzare con le armi i migranti illegali negli Stati Uniti dal confine col Messico. Da Sud lo Spiegel gli affianca, per un servizio a doppia firma, Juan Moreno, incaricato di intercettare il traffico dei latinoamericani che sognano una nuova vita negli Usa.

    juan moreno tausend zeilen luge mille righe di bugie juan moreno tausend zeilen luge mille righe di bugie

     

    Relotius è un' autorità indiscussa, Moreno un semplice collaboratore e il primo impone un testo pieno di dettagli che al collega appaiono poco verosimili. Racconta di essersi infiltrato in una rete clandestina di volontari armati, decisi a difendere l' inviolabilità del confine e responsabili di fucilate contro i migranti e di violenze sessuali.

     

    Cita nomi e dati che suonano poco accurati, fornisce qualche immagine che lascia più di un dubbio e confeziona l' intero reportage con una velocità del tutto inusuale. Insomma, si può sospettare che qualcosa non quadri. Le perplessità di Moreno si scontrano con la difesa a spada tratta dell' astro nascente da parte della direzione dello Spiegel e con velate minacce.

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    Ma il giornale non ha fatto i conti con la tenacia e la spina dorsale del freelance, figlio di poveri immigrati andalusi.

     

    Moreno avvia una sua personale, meticolosa e rischiosa inchiesta, che dopo vari colpi di scena e prove inoppugnabili svelerà l' inganno. Relotius ha semplicemente inventato l' intero servizio in una stanza d' albergo di Phoenix, con fantasia fervida e grande cura di riscontri plausibili.

     

    Non basta. Emerge che anche la maggior parte dei suoi celebrati servizi è frutto di pura immaginazione, avvolta in una scrittura fluida e in abili costruzioni. Così la storia di una sessantenne del Missouri, con figlio e nipote vittime di un omicidio, che coltiva la singolare passione di assistere a esecuzioni capitali, in base all' asserita legislazione di alcuni Stati sulla necessaria presenza di cittadini rispettabili all' atto dell' iniezione letale.

     

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    O quella di una vittima congolese tra le decine di minatori uccisi in una manifestazione di protesta dalla polizia sudafricana. O il reportage su due fratellini siriani, in fuga dalla guerra perché perseguitati, che a distanza - con una video-chiamata dall' inseparabile telefonino - conducono Relotius tra le macerie e i miliziani armati della loro città bombardata. O ancora la lunga intervista con la moglie di un combattente tedesco dell' Isis. E altro. Tutto inventato a tavolino con calcoli sottili.

     

    Per la rivista tedesca, il cui motto è «come prima cosa, non crediamo a niente», il colpo è durissimo. Lo è per quanti sanno che quel lavoro oggi ha un' unica risorsa, la fiducia. La vicenda di Claas Relotius, persona gentile e riservata, illustra un' inclinazione compulsiva alla falsificazione, un rapporto patologicamente distorto con la realtà: se anziché il giornalista avesse fatto lo sceneggiatore, ora non sarebbe disoccupato.

     

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    Né sarà lui a girare il film, in uscita quest' anno, tratto dal libro. Ma la vicenda rivela anche le debolezze di un apparato sinora orgoglioso di una possente struttura interna, senza uguali in Germania, di verifica dei fatti, che in questi casi non ha verificato alcunché. Succede, non solo ai tedeschi. Da ultimo, nella trappola della storia bella ma falsa è caduto anche il New York Times, vittima di un reportage su un terrorista canadese in Siria, inventato di sana pianta da una giornalista di fama, Rukmini Callimachi.

     

    Insomma, per conformismo e interesse, anche punte di diamante come i due capi dello Spiegel convolti possono cedere alle sirene della penna a effetto, piuttosto che tenere la barra dritta sulla verità senza aggettivi. Eppure avrebbero dovuto ricordare per primi il vecchio monito di Ernest Hemingway, «scrivere bene vuol dire scrivere la verità».

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