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    VI SIETE MAI CHIESTI PERCHÉ SE CI ALZIAMO ALL’IMPROVVISO DAL LETTO RISCHIAMO DI COLLASSARE? IL TEMPORANEO MANCAMENTO È DOVUTO A UN ABBASSAMENTO REPENTINO DELLA PRESSIONE ARTERIOSA CHE PORTA AL CERVELLO MENO SANGUE - UNA DELLE CAUSE PIÙ COMUNI DEL CROLLO DELLA PRESSIONE ARTERIOSA È LA DISIDRATAZIONE, MA C’È ANCHE DA VALUTARE LA PRESENZA DI DISTURBI NEUROLOGICI E…


     
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    Laura Cuppini per www.corriere.it

     

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    Visione offuscata, stordimento, fino all’impossibilità di restare in piedi. A molti è capitato di trovarsi in queste condizioni alzandosi di scatto dal letto alla mattina (magari perché si è in ritardo), o dalla scrivania dopo un lungo periodo in cui si è stati seduti. Perché succede? Può essere il sintomo di un problema di salute? Il temporaneo mancamento è dovuto alla cosiddetta ipotensione ortostatica, ovvero un abbassamento repentino della pressione arteriosa: una riduzione di almeno 20 mmHg della pressione sistolica (la massima) e/o di almeno 10 mmHg della diastolica (la minima), che si verifica nei primi tre minuti dall’assunzione della posizione eretta.

     

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    La conseguenza è che al cervello arriva una quantità insufficiente di sangue. Normalmente, la posizione eretta o seduta fa sì che i vasi sanguigni delle gambe e della parte inferiore del corpo si restringano; in questo modo arriva più sangue al cuore e al cervello.

     

    In generale si parla di ipotensione (pressione bassa) quando la massima a riposo scende al di sotto dei 90 mmHg (millimetri di mercurio) e la minima al di sotto dei 60 mmHg. Una delle cause più comuni del crollo della pressione arteriosa è la disidratazione: i vasi sanguigni non riescono a contrarsi a sufficienza per inviare il sangue dove è necessario perché non c’è abbastanza liquido in circolazione.

     

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     Anche i disturbi neurologici possono provocare l’ipotensione, in particolare quella ortostatica: sono infatti i nervi che portano al cuore l’«ordine» di battere più velocemente (per irrorare in modo adeguato il cervello) e ai vasi sanguigni l’input di stringersi. È particolare il caso di un 69enne, veterano di guerra, di cui racconta il New York Times Magazine : l’uomo aveva spesso dei mancamenti (anche con veri e propri svenimenti) quando assumeva la posizione eretta. I medici avevano ipotizzato che ciò potesse dipendere dalla grave neuropatia periferica di cui soffriva: aveva i piedi quasi totalmente insensibili, ma a volte avvertiva bruciore o formicolii.

     

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    Il caso del 69enne di Birmingham (Alabama, Usa) non era di semplice soluzione. Ogni volta che la sua pressione sanguigna si abbassava, la frequenza cardiaca aumentava. I medici quindi esclusero un problema neurologico, perché se i nervi non sono in grado di «dire» ai vasi sanguigni di stringersi, non possono nemmeno «ordinare» al cuore di battere più velocemente: nell’ipotensione ortostatica neurogena, infatti, la frequenza cardiaca rimane stabile anche quando la pressione sanguigna si abbassa. Era stata esclusa anche l’altra causa più frequente, quella della disidratazione: somministrare liquidi al paziente non aveva infatti sortito alcun effetto sul disturbo.

     

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    La soluzione dell’enigma andava cercata altrove. Alcuni anni prima l’uomo era caduto nella vasca da bagno, si era rotto le costole e perforato un polmone. Era stato necessario portarlo d’urgenza in ospedale. Nei pazienti allettati durante la degenza possono formarsi dei coaguli di sangue nelle vene delle gambe a causa dell’immobilità forzata: per scongiurare il rischio si somministra generalmente una terapia anticoagulante. Ma dato che il 69enne aveva subito la perforazione di un polmone, con conseguente emorragia, non poteva assumere anticoagulanti. Considerata la situazione, i medici avevano deciso di inserire un «filtro» nella vena principale che porta il sangue dalle gambe al cuore (la vena cava inferiore) per «catturare» eventuali coaguli. I filtri di questo tipo andrebbero rimossi dopo alcuni mesi, ma in molti casi non succede. L’uomo conviveva con il dispositivo inserito nella vena da oltre 15 anni.

     

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    I medici ipotizzarono che il filtro, avendo «catturato» numerosi coaguli, bloccasse l’intero vaso e fosse quindi la causa dell’ipotensione. Un elemento lo confermava: sette anni prima l’uomo si era sottoposto a una Tac, che aveva mostrato un’ostruzione quasi totale della vena cava. Era quindi possibile che il sangue, nel momento in cui il paziente si alzava in piedi, non avesse la possibilità di giungere al cervello in quantità adeguata perché bloccato dai coaguli radunati sul filtro.

     

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    I medici hanno deciso di tentare: l’uomo è stato sottoposto a un intervento per rimuovere il filtro e posizionare nove stent (divaricatori metallici) nelle vene principali delle gambe, per garantire il corretto flusso di sangue. L’operazione è stata risolutiva: il veterano non ha più sofferto di vertigini, giramenti di testa o cadute. Gli è rimasto solo un po’ di intorpidimento ai piedi. I medici che lo hanno curato ammettono che si tratta certamente di un caso raro, ma nei pazienti che soffrono di ipotensione ortostatica anche questa possibilità andrebbe ventilata.

     

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    In generale, se la pressione non si abbassa troppo, l’ipotensione ortostatica non causa disturbi, ma se il calo è cospicuo compaiono sintomi come capogiri, annebbiamento della vista, confusione, fino alla perdita di coscienza (sincope), dovuti a una riduzione del flusso di sangue al cervello, che si risolvono rapidamente tornando in posizione sdraiata. Una sincope da ipotensione ortostatica, quindi, non comporta di per sé conseguenze (a meno che non ci sia una caduta a terra con traumi). In caso di perdita di coscienza però è importante escludere altre cause potenzialmente gravi, come un’aritmia cardiaca. L’ipotensione ortostatica riguarda per lo più persone anziane, in cui i riflessi sono meno rapidi ed efficienti. Inoltre può essere favorita dai farmaci antipertensivi. Al momento di iniziare una terapia per la pressione alta, dunque, il medico dovrebbe misurare la pressione al paziente anche in posizione eretta, per giungere a una scelta oculata dei farmaci e delle relative dosi.

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