1. IL DIRETTORE GENERALE ROSSI SI DIMETTE: "VADO VIA PER IL BENE DI BANKITALIA"
Alessandro Barbera per ''la Stampa''
salvatore rossi
Agli amici racconta di averlo fatto «per il bene dell' istituzione», e per evitare un nuovo scontro che ne avrebbe potuto minare la credibilità. In effetti così è stato: il passo indietro di Salvatore Rossi si è rivelato decisivo per sbloccare l' impasse politica attorno al rinnovo del direttorio della Banca d' Italia.
Per lui, che era stato a un passo dal diventare governatore, significa lasciare a testa alta, ma con amarezza. L' addio del direttore generale di Palazzo Koch è arrivato ieri con una lettera ai dipendenti: «Lascio dopo quasi quarantatré anni di percorso professionale tutto all' interno». Rossi parla di anni «belli» e «turbolenti», spesi «per far sì che l' istituzione mantenesse la sua natura al servizio dell' interesse pubblico».
Classe 1949, barese, Rossi ha raggiunto un' età in cui il ritiro può avere connotazioni personali. Eppure se il clima non fosse stato così pesante non avrebbe disdegnato un ultimo rinnovo nel direttorio e alla presidenza dell' Istituto di vigilanza sulle assicurazioni.
Per lungo tempo Palazzo Koch è stato al riparo dalla politica e dalle sue dinamiche.
Una distanza che aveva molti aspetti positivi - la piena indipendenza - e alcuni negativi, come il rischio dell' autoreferenzialità. Gli ultimi due anni per Rossi non sono stati facili, e non solo a causa del governo giallo-verde. L' epilogo della storia di Rossi in Banca d' Italia inizia con la corsa alla successione a Ignazio Visco nell' autunno del 2017: lo scontro di quest' ultimo con Matteo Renzi, e le voci che accreditavano Rossi come possibile successore con il sostegno di Sergio Mattarella, hanno intaccato il rapporto personale con il governatore. Il resto lo ha fatto - poche settimane fa - il veto di Luigi Di Maio alla riconferma di Federico Signorini nel direttorio. Un messaggio in realtà diretto proprio a Rossi e all' ipotesi di sua riconferma.
vincenzo la via, salvatore rossi, ignazio visco, valeria sannucci, luigi federico signorini, fabio panetta
Scrive ancora la lettera di Rossi: «Per assicurare la funzionalità dei due istituti uscirò formalmente solo dopo il completamento dell' iter della mia sostituzione e comunque entro il 9 maggio, scadenza naturale del mandato». Da queste parole si intuisce che in ogni caso è con Visco che Rossi ha concordato il proprio addio. Benché a quella scadenza manchino due mesi, fra appena dieci giorni il Consiglio superiore della Banca deve indicare i candidati alla successore dei due membri in scadenza nel direttorio: sono lo stesso Rossi e la collega Valeria Sannucci.
Quello sarà il primo passo di un lungo iter che passa dal gradimento del presidente del Consiglio e dalla ratifica del capo dello Stato. Il veto su Signorini aveva già ridotto da cinque a quattro il numero dei membri effettivi. Senza il passo indietro di Rossi, c' erano buone probabilità che il collegio della Banca rimanesse con due membri effettivi su cinque.
Almeno questo era il timore che si respirava in Banca prima dell' ultimo incontro - decisivo - fra Visco e il premier lo scorso cinque marzo.
salvatore rossi ignazio visco vincenzo la via
A voler dargli una connotazione politica, Rossi incarna l' anima più genuinamente «di sinistra» dell' istituzione. Già capo dell' ufficio studi, grande appassionato di storia dell' economia italiana e di politica industriale, è da anni autore della casa editrice Laterza. È per questa ragione, unità all' età, che ha fatto di lui il bersaglio perfetto (ma mai esplicitato) dell' avvicendamento chiesto da Di Maio e Matteo Salvini.
Gli succederà come direttore generale Fabio Panetta, già sherpa del governatore Mario Draghi negli anni a via Nazionale, fiero oppositore del bail-in e delle regole europee che impongono ad azionisti ed obbligazionisti le conseguenze dei fallimenti. È per questa ragione che la sua nomina a direttore generale non avrà l' ostilità del governo. La sentenza di ieri della Corte di giustizia europea sul caso Tercas è un successo per chi, come lui, ha spesso criticato le rigidità della Commissione europea in materia bancaria. Non era difficile intuire che questo sarebbe stato l' epilogo: da tempo Panetta accompagna il ministro del Tesoro nelle trasferte più delicate, dalla Cina alla Russia.
FABIO PANETTA
Twitter @alexbarbera
2. L' OMBRA DELL' INGERENZA POLITICA DOPO LE ACCUSE SULLE CRISI BANCARIE
Stefano Lepri per ''La Stampa''
Il ricambio alla Banca d' Italia comincia per vie interne. In apparenza, nulla di più naturale, e di conforme all' autonomia dell' istituto, che promuovere alla seconda carica chi ora occupa la terza. Eppure, l' ombra dell' ingerenza politica resta, dopo che da un mese e mezzo il governo blocca il rinnovo di uno dei cinque membri del direttorio, Federico Signorini, senza spiegare perché.
FABIO PANETTA
Ricordiamo che l' autonomia della banca centrale non è solo scritta nei Trattati europei: è propria di tutti i Paesi democratici avanzati, fu acquisita in Italia già dagli anni '80. Si presume che la Lega gradisca la promozione di Fabio Panetta a direttore generale; non è affatto chiaro perché Salvatore Rossi lasci, mentre resta nel direttorio una sedia vuota e un' altra ancora si libererà a maggio.
Quanto all' accusa mossa alla Banca d' Italia di aver gestito male le crisi bancarie del 2015-17, la sentenza della Corte europea di Giustizia cambia le carte in tavola. La stessa storia politica sarebbe stata diversa se nel 2015 Banca Etruria, Banca Marche, Carichieti e Cassa di Ferrara fossero state soccorse come il governo di allora e la Banca d' Italia desideravano, e ora si scopre legittimo.
CARMELO BARBAGALLO IGNAZIO VISCO
Non ci sarebbe stato bisogno di infliggere perdite agli obbligazionisti subordinati. Attraverso il Fondo di tutela dei depositi, sarebbero state le banche sane a proteggere i risparmiatori delle 4 nei guai. Sarebbe mancato nella politica il susseguente diluvio di bugie contro «chi doveva vigilare e non l' ha fatto» mentre, chissà perché, sui banchieri responsabili della rovina si diceva poco o nulla.
Per l' appunto era stato Panetta, nella ripartizione di compiti all' interno del direttorio, a seguire più da vicino tutte le vicende bancarie. Siccome la grinta non gli manca, riusciva difficile immaginare che avesse ceduto a questa o quell' altra pressione. Quali poi fossero esattamente le accuse mosse alla Banca d' Italia, a parte paroloni e slogan, non si è mai capito bene. Il danno è fatto, e la nuova commissione parlamentare di inchiesta non potrà che aggiungervi chiacchiere.
DRAGHI TRIA
Per il futuro almeno c' è un sollievo: le banche piccole in difficoltà potranno essere soccorse dal Fondo di tutela dei depositi, senza infliggere danni ai risparmiatori. Il costo si scaricherà sulle altre banche, soluzione non ideale ma che tutti sembrano preferire. Le severe norme Ue sul «bail-in», o salvataggio interno, delle banche in crisi non le vuole applicare nemmeno la Germania, dove la Norddeutsche Landesbank sarà salvata con denaro pubblico. La sentenza di Lussemburgo pur dando soddisfazione morale all' Italia lascia il problema irrisolto: contribuirà al clima di reciproci rancori fra Stati della zona euro.
Va ripetuto che senza una vera unione bancaria fra di loro gli Stati che condividono la moneta unica resteranno vulnerabili a future crisi finanziarie. Dà un segnale bruttissimo la scelta del governo tedesco di spingere Deutsche Bank e Commerzbank a una fusione insensata in termini di efficienza, solo per evitare che una delle due cada in mani straniere.
Al governo può forse piacere il clima di conflitto in cui ogni Stato dell' euro si chiude nella difesa dei poteri finanziari nazionali. Ma il nostro sistema bancario resta debole e potrebbe soccombere. E intanto la Banca d' Italia perde, con Rossi, uno dei suoi uomini migliori.