Lorenzo Cremonesi per www.corriere.it
joe biden
Blocco del sostegno militare americano all’offensiva saudita in Yemen e disponibilità invece agli sforzi diplomatici per una soluzione pacifica del conflitto. Passa attraverso lo Yemen devastato da oltre sei anni di guerra la nuova apertura americana nei confronti dell’Iran.
Le prime mosse di politica estera del neopresidente Joe Biden lasciano chiaramente intendere l’intenzione di voltare pagina rispetto a Donald Trump. L’annuncio ieri di voler congelare le vendite di armi a Riad oltre ad ogni altro tipo di sostegno logistico in quella che ha definito «una catastrofe umanitaria e strategica» segnano una svolta rilevante.
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Sino agli ultimi giorni del suo mandato, Trump aveva continuato a sostenere i raid sauditi sullo Yemen, tanto da dichiarare «terroriste» le milizie Houthi pro-iraniane. Il suo stretto rapporto con il principe ereditario Mohammad bin Salman, l’aveva persino indotto a evitare qualsiasi condanna pubblica per il brutale assassinio del giornalista Jamal Kashoggi nel consolato saudita di Istanbul nel 2018.
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La mossa di Biden era attesa. Già durante la campagna elettorale aveva promesso di voler «riconsiderare» la politica Usa in Yemen. Dalla teoria alla pratica: appena eletto presidente aveva congelato la vendita di missili di precisione del valore di 478 milioni di dollari destinati all’aviazione saudita.
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Eppure, il passo odierno sembra volto a preparare il terreno al tentativo di rivedere la scelta di Trump nel 2018 di cancellare i trattati sul controllo del progetto nucleare iraniano stipulati da Barack Obama nel 2015.
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Negli ultimi giorni Biden ha nominato il diplomatico di carriera Timothy Lenderking come inviato speciale nella regione. «Questa guerra in Yemen deve finire», ha ribadito ieri dunque nel suo primo discorso di politica estera da presidente. Allo stesso tempo, ha comunque specificato che i sauditi non resteranno soli e gli Stati Uniti continueranno a vendere armi per la difesa dai missili e i droni lanciati da Teheran sui loro territori.
mohammed bin salman
Le relazioni con l’Iran restano in ogni caso complesse. A Teheran il braccio di ferro tra moderati e conservatori rivela gravi tensioni interne sull’atteggiamento da tenere sulla questione nucleare. Incoraggiante è stata la relativa assenza di azioni violente da parte delle milizie sciite pro-iraniane in Iraq per commemorare il primo anniversario del blitz Usa del 3 gennaio 2020 a Baghdad contro il capo militare iraniano Qasem Soleimani assieme ai massimi comandanti sciiti iracheni.
saad aljabri, timothy a. lenderking e joseph w. westphal khamenei ahamad rhoani e barack obama centrale nucleare iran