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    FIGLI? NO GRAZIE, PREFERISCO VIVERE - VIAGGIO NEL MONDO DELLE COPPIE “CHILDFREE” CHE AI BAMBINI PREFERISCONO VIAGGI, LAVORO, ANIMALI - L’ITALIA HA IL PRIMATO DELLE DONNE SENZA FIGLI, LA PROSPETTIVA È QUELLA DI UN PAESE A DEMOGRAFIA ZERO


     
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    Maria Novella De Luca per “la Repubblica”

     

    figli no grazie figli no grazie

    Vogliono essere, orgogliosamente, voci fuori dal coro. Né madri né padri per scelta, non per necessità. E senza rimpianti. Soddisfatti, mentre il resto del mondo (occidentale), etero, single, gay, si affanna nella ricerca di maternità impossibili, tra bambini che non arrivano o bambini mai nati per mancanza di aiuti, prospettive, sostegni. «Il senso materno? Non l’ho mai sentito, perché dovrei vergognarmi ad ammetterlo?», si chiede Annarita, su Facebook, alla pagina “Non voglio avere figli”.

     

    Annarita, quarant’anni, childfree. Parte di un movimento che cresce, si diffonde, si rende visibile. Donne e uomini che tenacemente affermano il loro diritto a non riprodursi, e si affratellano in Rete, si uniscono in gruppi, si dichiarano, come in un “outing” collettivo. Perché, dicono, nell’universo bambino-centrico dell’Italia di oggi, «affermare di non essere genitore per scelta, è qualcosa che turba, che suscita pietà, addirittura disprezzo». Sono l’altra faccia della crescita zero. Fuori dal girone dei blog delle super mamme e dei padri felici, in un contesto contraddittorio però, dove già oggi oltre il 24% delle donne nate nel 1965 non ha avuto figli, contro il 10% della Francia.

     

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    Culle vuote, eppure la “mistica della maternità” resiste alle statistiche. Siti, pagine Facebook, incontri, pubblicazioni. Emerso in sordina una decina di anni fa (le prime ricerche sono del 2005), quando negli Stati Uniti e nel Nord Europa i “no kids” erano già un esercito, il movimento Childfree italiano ha ormai migliaia di seguaci, tra gruppi aggressivi e altri moderati, tutti accomunati comunque nello slogan: «Noi i figli non li vogliamo». Viaggi, animali, lavoro. Nessun desiderio di riprodursi.

     

    Racconta Sara: «Partorire la vita non è soltanto partorire un figlio. Ci sono mille modi di essere madri. Invece vieni guardata con disprezzo. “Non sai che cosa ti perdi, poi te ne pentirai”. No, non me ne pentirò. Non più di altre donne che hanno fatto dei bambini e si sono sentite in trappola tutta la vita...».

     

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    Eva contro Eva. A volte. Roberta Federici, 37 anni, truccatrice, gestisce insieme al suo compagno “Childfree Italia”, pagina Fb, dedicata, dice Roberta, a quelle come lei. «Non ho mai desiderato diventare madre, non per questo mi sento arida o diversa. Ma è sempre stato il mondo attorno a me a farmelo notare: potresti avere dei figli e non li fai? Che assurdità. Pensa a quelle poverette che non ci riescono.

     

    Chi ti assisterà da vecchia? Per questo ho deciso di cercare un confronto con altre donne che hanno fatto la mia stessa scelta, oggi condivisa in tutto e per tutto dal mio compagno». Roberta si è ascoltata, ha guardato dentro di sé. «I bambini sono carini, ma non mi interessano. So di bastare a me stessa, ho il mio lavoro, la mia vita, gli amici. Perché avrei dovuto fare un figlio. partendo da queste premesse? In fondo sono stata onesta... ».

     

    Maria Letizia Tanturri è professore di Demografia all’università di Padova. Insieme a Letizia Mencarini, che insegna all’università di Torino, all’inizio degli anni Duemila pubblicò la prima ricerca sui Childfree italiani. Affermando, oggi come allora, che spesso dietro la dichiarazione “non ho voluto figli”, si nascondono decisioni meno nette, l’aver rinviato troppo a lungo, in un confine dove l’essere “Childfree”, libere da figli, e “Childless”, prive di figli, a volte si confondono. «Rispetto a quelle prime ricerche, il movimento Childfree è cresciuto ed è uscito dall’ombra. E nonostante ancora oggi una donna senza figli si troverà, prima o poi, a dover giustificare perché non è diventata madre, c’è stata una diminuzione della pressione sociale.

     

    Almeno in certi ambienti, il figlio non è più ritenuto necessario al benessere di un matrimonio, o alla realizzazione di una donna». Secondo Mencarini però (al di là dei gruppi Facebook, alcuni dei quali anche violentemente “no kids”) i numeri dei Childfree “duri e puri” sono ancora molto bassi. «Secondo i dati della ricerca europea Families and societies a cui sto lavorando, la quota di donne tra i 18 e i 40 anni che non desiderano avere figli è del 2%, contro l’8% delle donne austriache delle tedesche».

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    Controprova della particolarità del movimento Childfree italiano, e delle nostre contraddizioni. Più ci avviciniamo alla crescita zero infatti, più cresce il concetto della “madre perfetta”. «Tra le varie motivazioni del non avere figli, alcune hanno francamente ammesso di sentirsi inadeguate. Anzi, schiacciate dall’idea di doversi trasformare in super- mamme, disposte a tutto per educare bene i loro preziosissimi bambini...». Per Maria Letizia Tanturri però, quasi sempre, dietro un o una Childfree, «c’è la razionalizzazione del dolore di non essere diventati genitori».

     

    Tesi che di certo non piacerà ai tanti che affollano i siti più estremi, “Vivere senza figli”, o “Non voglio avere figli”. Anonima, 38 anni, scrive: «Mettere al mondo una persona è l’atto più egoistico. Giochi d’azzardo con la vita di qualcun altro. Scommetti che andrà bene, ma se andrà male cosa dirai a tuo figlio? Ci abbiamo provato?». Oppure: «Io un figlio lo darei in adozione, dai miei cani non mi separerei mai. Non si possono paragonare il supporto e l’amore disinteressato di un cane, con la villania e l’opportunismo dei figli...».

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    Estremismi a parte, il movimento dei Childfree è destinato a crescere. È il pensiero di Elena Rosci, psicoterapeuta dell’Istituto Minotauro di Milano e autrice del saggio “La maternità può attendere. Perché si può essere donna senza essere madre”. Un libro che cerca di entrare in quell’ombra che spinge oggi sempre più ragazze a rifiutare la maternità.

     

    Mentre altre, sul fronte opposto, una volta adulte, sono disposte a qualunque sacrificio pur di averne uno. «La maggioranza dei Childfree è composta da persone che non hanno una particolare avversione per i bambini, ma posticipano all’infinito il momento di averli. Fino a quando la natura non permette più la procreazione, e quella “non scelta” diventa un destino di vita. E loro l’accettano, senza pentimenti, proprio perché l’avere un figlio non era, forse, una delle priorità della vita». Pochi e poche sarebbero insomma coloro che senza dubbi decidono di rifiutare la maternità.

     

    Ma la prospettiva sembra comunque quella di un paese a demografia zero. «In un futuro prossimo, il 50% delle donne laureate del Nord Italia, potrebbero rinunciare del tutto alla maternità. Alcune — aggiunge Elena Rosci — perché vittime della tecnica del rinvio, dell’idea errata che poi con la fecondazione assistita potranno farcela.

     

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    Altre invece, laureate e con brillanti percorsi di studio, è molto probabile che scelgano di realizzarsi attraverso la carriera, piuttosto che confinarsi in una vita familiare. Condizione che ancora oggi, in Italia, costringe le donne ad una amara scelta tra i figli e il lavoro».

     

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