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    “CAPISCO LA RABBIA DI SAIPOV. I MUSULMANI MUOIONO OVUNQUE” - VIAGGIO NELLA MOSCHEA DI PATERSON, FREQUENTATA DALL'ATTENTATORE UZBEKO SAYFULLO SAIPOV: “SE GLI USA NON ANDASSERO IN GIRO PER IL MONDO AD AMMAZZARE I MUSULMANI, COME IN IRAQ E AFGHANISTAN, NON ATTIREREBBERO L'ODIO DEGLI ESTREMISTI”


     
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    Paolo Mastrolilli per “la Stampa”

     

    LA MOSCHEA FREQUENTATA DA SAYFULLO SAIPOV LA MOSCHEA FREQUENTATA DA SAYFULLO SAIPOV

    Davanti all'ingresso della moschea Omar, quella dove pregava il terrorista Sayfullo Saipov, il farmacista giordano Usama comincia ripetendo la condanna di rito: «Qui siamo tutti contro quello che ha fatto. L' islam è una religione di pace e uccidere il prossimo è peccato». Poi però aggiunge: «Certo, se gli Stati Uniti non andassero in giro per il mondo ad ammazzare i musulmani, come hanno fatto in Iraq e Afghanistan, forse non attirerebbero l' odio di così tanti estremisti».

     

    La vita del terrorista della porta accanto si svolgeva tutta fra due strade, in un paesino del New Jersey chiamato Paterson, finito spesso sulle cronache dei giornali per la sua turbolenta comunità islamica. Alcuni dirottatori degli attacchi contro le Torri Gemelle avevano affittato una casa proprio qui, al numero 486 di Union Avenue, e la leggenda vuole che l' 11 settembre diversi abitanti celebrarono sui tetti il fumo che si levava dal World Trade Center.

    SAYFULLO SAIPOV SAYFULLO SAIPOV

     

    Così, almeno, ha ripetuto lo stesso Donald Trump, durante la scorsa campagna presidenziale. La famiglia di Saipov abitava al civico 168 di Genessee Avenue, appartamento 9, proprio all' angolo con Getty Avenue, dove al numero 501 c' è il cancello della moschea Omar. Casa e bottega, verrebbe da dire, perché questo luogo di culto era sotto la sorveglianza del Dipartimento di polizia di New York almeno dal 2005, molto prima che l'Isis nascesse. Il sospetto era che fosse un luogo di indottrinamento all' islam radicale.

     

    L'imam, Ibrahim Matari, si affretta a smentire ogni collegamento con Sayfullo: «Ho circa quattromila fedeli che frequentano la mia moschea, non possono conoscerli tutti personalmente. L'avrò visto qualche volta, ma non ho un ricordo preciso. Di sicuro non l'ho mai sentito parlare dell'Isis o del progetto di fare un attentato».

     

    Sayfullo Saipov di 29 anni dalla Florida 7-image-a-108_1509487381835 Sayfullo Saipov di 29 anni dalla Florida 7-image-a-108_1509487381835

    Quindi aggiunge: «Quello che è accaduto è terribile, e va contro le leggi dell' Islam. Spero che non accada mai più, perché la violenza genera solo violenza». Nelle ultime ore numerose sono state le minacce arrivate per telefono alla moschea. L' imam teme che la sua comunità diventi un obiettivo di rappresaglie: «Lo siamo già, da tempo. Il solo fatto che lei venga qui a farmi queste domande dimostra quanto sia radicato il pregiudizio contro di noi».

     

    Il pregiudizio sembra reciproco, almeno a sentire il farmacista Usama: «Qui molti pensano che gli estremisti, i terroristi, i militanti dell' Isis e di Al Qaeda, in realtà sono tutti finanziati e addestrati dalla Cia. Agli Stati Uniti conviene che ci siano così tante persone pronte a uccidere nel nome dell' islam, perché danno loro la scusa per perseguitarci, in Medio Oriente e in America».

     

    Sayfullo Saipov di 29 anni dalla Florida -Terrore a New York Sayfullo Saipov di 29 anni dalla Florida -Terrore a New York

    Abu Mohammad, un altro fedele della moschea che alcuni vicini accusano di essere un simpatizzante dell' Isis, si spinge oltre: «Capisco benissimo da dove viene la rabbia di Saipov. È la risposta al fatto che i musulmani stanno morendo ovunque. Gli Stati Uniti devono smetterla di impicciarsi degli affari nostri, andare via dal Medio Oriente, e lasciare che il nostro popolo decida come governarsi. Fino a quando continueranno ad interferire, gli attacchi terroristici proseguiranno».

     

    La cosa paradossale è che Abu sostiene di aver votato per Donald Trump, perché pensava che fosse un isolazionista contrario agli interventi come l' Iraq. Non gli dispiaceva neppure la stretta sull' immigrazione, se fosse servita a tenere lontani i cattivi. Le cose però stanno andando diversamente, e Usama ammette quello che tutta la comunità percepisce: «Io ho paura. Tutti noi qui abbiamo paura. In fondo siamo una piccola comunità, circondata dai bianchi. Con quello che dice il presidente, non sarebbe strano se qualcuno decidesse di mettersi la posto della giustizia, e aggredirci».

    Sayfullo Saipov - Terrore a New York Sayfullo Saipov - Terrore a New York

     

    Davanti alla casa di mattoni rossi dove abitava Saipov si sentono storie contraddittorie. Jamira, una donna che indossa il velo ed esce dalla porta a fianco dell'appartamento del terrorista, dice di essere scioccata: «Era una brava persona, molto amichevole e gentile con i bambini». Le carrozzine, i tricicli e una piccola cucina giocattolo sono ancora nel cortile.

     

    Però Keith, un bianco che abita nell'edificio in legno dirimpetto, racconta tutta un'altra versione: «L'ho incontrato decine di volte, ma non salutava mai. Al massimo un cenno con la testa. Un mio amico dice che nella casa avvenivano violenze domestiche, e una volta ha visto Sayfullo che trascinava dentro la moglie con la forza, urlando. Lei non usciva mai da sola, mentre lui stava spesso nel cortile con tre o quattro uomini, con la barba lunga».

     

    Questa mattina l'Fbi è venuta a trovare i vicini, mostrando le foto di Mukhammadzoir Kadirov, il secondo uzbeko che ha interrogato per scoprire gli eventuali complici di Saipov: «Purtroppo - dice Keith - non ho potuto aiutarli, perché non ho riconosciuto il volto. A me sembravano tutti uguali. Non so dirvi se complottavano qualcosa, perché quando andavano nel cortile stavano sempre per fatti loro. Però certo, sono terrorizzato. Ti svegli una mattina, guardi la tv, e scopri che il tuo vicino di casa ha appena investito e ammazzato otto persone. Come ti puoi difendere?».

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