Alberto Giachino per “la Stampa”
BARRIERA DI MILANO TORINO
Biciclette abbandonate all'imbocco delle scale. Nissa? «È lassù all'ultimo piano». La Torino di via Ghedini è un budello di strada senza neanche un balcone sulla facciata, e poche finestre. Tre portoni. Tre cortili. Una parete di cassette della posta con cognomi di mezzo mondo: quasi un'installazione. Forse un tempo le pareti di questa scala che sale per tre piani erano gialle. Oppure bianche, chissà. Oggi sono un mix che ricorda il colore del fango. Lo stesso non-colore delle ringhiere. Dei gradini e delle poche luci. Terzo piano. Nissa abita qui?
BARRIERA DI MILANO TORINO
Eccolo qui il ragazzo accusato con altri trenta dell'assalto ai negozi dei marchi del lusso, in una notte di ottobre di due anni fa. Capelli biondo platino, ricci. Bermuda bianche. T-shirt. Dissero che faceva parte delle bande di quella notte in cui la periferia entrò di prepotenza nel centro. La notte dei ragazzi arrabbiati che andarono a prendersi quel che non potevano permettersi: borse di Gucci, vestiti di marca. Scarpe che costano 300 euro: una fortuna se non hai neanche un lavoro.
BARRIERA DI MILANO TORINO
Perché Nissa? Perché era l'esempio di quella nuova generazione di torinesi, figli di famiglie arrivate da qualche sud del mondo. Ragazzi che non riescono a diventare torinesi.
Anzi, Italiani. E navigano in un mondo sospeso. Nissa oggi non parla più. E tanto meno di quelli come lui. Arrabbiati con tutto e con tutti. La generazione che ha costruito il suo mondo in una periferia in cui i palazzi cadono a pezzi. A trecento metri da qui comincia Barriera di Milano. Era un quartiere operaio. È diventata la casa dei nuovi torinesi. E dei ragazzi che sono lì a metà. Non più algerini, tunisini o senegalesi o chissà che altro. Ma non ancora parte vera della città.
il quartiere di torino barriera di milano 2
I ragazzi di Barriera. Che vivono in strada. Che non hanno un lavoro e non studiano. La banlieue dice qualcuno. No, l'altra Torino. La chiamano seconda generazione. Ma Brahim Baya dice che chiamarla così è riduttivo: «Sono ragazzi nati qui e rimasti a metà del guado. Schiacciati tra due culture, vivono un conflitto permanente». Al Paese d'origine della famiglia non vogliono andare perché lì li chiamano stranieri. Qui sono sospesi. Brahim, 38 anni, ha messo su un centro con l'associazione islamica Alpi nel quale cerca di aiutare questa gente a trovare una strada. E non è uno slogan. Perché qualcuno riescono a strapparlo al nulla quotidiano. A invogliarlo a studiare. A inserirlo nel mondo del lavoro. Aspettando che arrivi finalmente la cittadinanza.
il quartiere di torino barriera di milano 1
Chi non lo agganciano prende altre strade. La rabbia. «Spesso sono ragazzi che già avevano già qualche problema di devianza e sulla strada sbandano del tutto». Recuperarli? È più un'idea che una possibilità. Corso Vercelli, piena Barriera. La zona è quella dietro la chiesa Madonna della Pace. Ore 17,23. Nell'ordine accadono queste cose e tutto nello spazio di 20 metri e in tre minuti. All'angolo con piazza Foroni in sei fumano crack. Seduti per terra. Infischiandosene di chi passa e guarda. Un barista prende a schiaffoni sul marciapiede davanti al locale un ragazzo coi rasta che ha causato problemi nel bar.
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Nello slargo davanti all'oratorio sette spacciatori fanno il loro mestiere. Al bar Tiffany un omone grande e grosso divora un piatto di carne mentre sul marciapiede passa una ragazza con il cane al guinzaglio. E quando arriva qui cambia lato della strada per non passare davanti a venti giovanotti seduti sugli scalini dei negozi. Voi dove vivete? «Che ti frega». Che cosa fate qui? «Che ti frega». La tipa che è passata la conoscete? Risata.
giardini alimonda torino
Ridare fiato e speranza un posto come questa periferia è un lavoro complicato. Parlare di «rigenerazione urbana» è uno slogan adoperato da tanti negli anni. Ora ci sono una trentina di milioni sul tavolo. Dicono che saranno usati per scuole e altri progetti. È un passo. Il primo. Nel bello cresce il bello. E forse migliora la vita. Basta?
il quartiere di torino barriera di milano 3
Giardini Alimonda sono un esempio. Un manipolo di vecchietti ci ha creduto e adesso i ragazzi qui vengono a fare sport, si incontrano. Provano a scappare dal nulla delle periferie, di strade dove manca tutto. Dove i negozi sono quelli essenziali: money transfer, bar, ancora bar, kebabbari, altri kebabbari, qualche parrucchiere multietnico, mini market multietnici, negozi di telefonia. Il resto? Poco o nulla. «C'è stato un incontro sulle seconde generazioni qualche giorno fa qui a Torino. I ragazzi si sono confrontati. Servono due tipi di intervento: uno istituzionale che aiuti queste persone a diventare italiane. L'altro è personale. Che li guidi a capire chi sono, dar loro delle certezze» dice - in sintesi - Davide Balistreri dell'associazione Arteria.
UOMO COL MACHETE A TORINO 1
Benissimo. Ma intanto qui succede di tutto. Il ragazzo col machete dell'altro giorno che inseguiva alcune persone è un esempio. E neanche il più importante. Il nulla delle giornate passate seduti davanti ai negozi è più grave. Il monopattino elettrico di proprietà è il punto di arrivo. Le ragazze italiane il desiderio. Il futuro? Boh. Se vivi in una casa come quella di Nissa, pensare di avere una vita migliore è un'impresa. La strada è più facile. Magari si rimedia anche una borsa di Gucci. -