Giovanni Audiffredi per D-la Repubblica
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Al vertice della piramide della felicità, per il ritorno in televisione di Victoria Cabello, c’è la sua analista: «Ha pensato di prendermi a calci pur di farmi salire sull’aereo di Pechino Express».
Al secondo posto, con una dose di letizia ancora da smaltire, si piazza Paride Vitale, fondatore dell’omonima agenzia di comunicazione, istrionico esponente della gauche più o meno caviar milanese, funambolico organizzatore di eventi a cavallo tra arte, design e spirito burlesque: «Senza Paride a fare squadra con me, non sarei mai partita. L’ho invitato io. È l’amico fraterno con l’adeguato tasso di follia necessario. Insieme formiamo il team de: I Pazzeschi».
Invece le orecchie di Silvano, il compagno di vita di Victoria, sono tuttora basse. Il suo animo da cocker albino non si è ancora riavuto dallo shock della privazione di amore incondizionato per un numero misterioso di settimane. Infatti, per evitare spoiler, è calata una cortina di adamantio su Pechino Express, la Rotta dei sultani, che dal 10 marzo, ogni giovedì in prima serata su Sky e in streaming su Now, attraverserà 7mila chilometri a partire dalla Turchia e poi verso Uzbekistan, Giordania ed Emirati Arabi, fino al gran finale tra le torri di Dubai. I bookmaker del travel reality show, giunto alla nona edizione e condotto da Costantino della Gherardesca, quotano tra le probabili coppie vittoriose proprio quella Cabello-Vitale.
VICTORIA CABELLO
Ma essendo una gara a eliminazione, non è dato sapere fin dove i concorrenti si siano spinti. E poi nel programma – produzione Sky Original realizzata da Banijay Italia – sono in gara altri 9 team, con alcuni nomi di eccellenti giocatori. Per citare i più noti: Rita Rusic, Alex Schwazer, Natasha Stefanenko, Ciro Ferarra, Bugo. Il format è scritto nella pietra: zaino in spalla, un euro al giorno in valuta locale e adios. Chi meglio alloggia e si nutre lo deve solo all’arte di arrangiarsi.
Cabello, definisca Pechino Express a telespettatori neofiti.
«È un programma politico. Nel senso che si incarica di ribaltare gli stereotipi culturali di al- cune aree del mondo, dove beccarsi una telecamera in faccia non rende proprio felicioni. Invece, Pechino mostra l’umanità dei popoli e questa edizione mediorientale riserverà inediti orizzonti. Come direbbe Kim Kardashian: Is life changing».
CATTELAN CABELLO
Venti camere, 3.500 ore di riprese montate in 13mila ore di lavoro. Quanto c’è di autentico?
«Troppo. Onestamente pensavo che una volta spenta la telecamera, scattasse l’aiutino. Invece dormi per terra e chiedi l’elemosina a persone che vorresti parlassero inglese, anche solo come Matteo Renzi. Sempre pensato di avere spirito di sopravvivenza, eppure ho vacillato».
Le è piaciuto?
«Tantissimo. Non ho grandi talenti, ma ho il dono dell’empatia. È da quando facevo l’inviata a Le Iene che in borsa tengo un paio di mutande e lo spazzolino. Attitudine: pronta a partire».
Eppure, ci ha pensato tanto prima di accettare?
«È noto che ho avuto la sindrome di Lyme (grave infezione trasmessa dalle zecche che altera sistema neurologico, cardiaco e articolare, ndr). Ho pensato di morire e ho affrontato un lungo percorso riabilitativo. Ora è passata, ma quell’essere stata in ginocchio condiziona ancora la mia vita.
victoria cabello marco balich
È un malessere profondo, ma anche una scusa per fingere di non volere uscire dalla comfort zone faticosamente raggiunta. Comunque, lo step gigante da fare è svegliarsi una mattina e non sentirsi più una persona malata. Pechino è stato un calcio in culo che mi ha dato la grinta per svoltare. Di dimostrare a me stessa che sto bene e ce la posso fare».
Timore anche di mostrarsi al pubblico dopo tanto tempo?
«Baratro del giudizio. Ho sempre scritto i miei programmi e detesto non avere il controllo. Ma una volta ho sentito Marina Abramovich al MaXXI raccontare in base a cosa sceglie i suoi progetti. Ha detto: “Se mi terrorizza vuol dire che è giusto, che mi metterà alla prova e dovrò andare oltre me stessa”. Ecco, supererò le critiche dei social e ‘sti cazzi».
victoria cabello marco balich
Avrà faticato a tenere in riga la sua frangetta?
«Be’, sembro Linda Blair ne L’esorcista. Michelle Hunziker direbbe: “ma amo me”».
I Pazzeschi hanno anche litigato tra loro?
«Almeno due vaffa al giorno. Ma entrambi sappiamo andare oltre in fretta. Però a Paride la cartina non l’ho lasciata: l’avrebbe persa in un secondo».
Vi siete allenati all’avventura?
«Ho studiato inutilmente geografia. Paride ha svaligiato Technogym e si è presentato con un fisicone. Per la quantità di gin tonic che ha bevuto nella vita dovrebbe essere morto».
Cabello, con i miei occhi l’ho vista ballare facendo twerking a testa in giù.
«Confesso: sono una party animal senza ritegno. Questo fa punteggio a Pechino e non solo».
Oggi la tv interessante, quella delle piattaforme, si paga.
victoria cabello marco balich
«Ballando con le stelle, Amici, C’è posta per te, sono intrattenimenti di grande qualità non on demand. Se parliamo di ricerca dell’audience, limiterei la performance ai grandi eventi tipo Sanremo. Per cose che fanno parlare: Pechino e Lol. In generale ha senso spendere per la tv».
Gruppo d’ascolto per la prima puntata di Pechino con dei suoi ex. Cosa direbbero?
«Tutti in un solo salotto non ci entrano».
Limitiamoci ai molto famosi di cui è rimasta buona amica.
«Maurizio Cattelan, che nella vita avrebbe voluto fare l’autore tv, mi vedrà come una performer che lancia messaggi dirompenti. Marco Balich, specialista del “ciao come sto” direbbe “brava” e poi userebbe la parola Pechino per parlarmi della sua prossima cerimonia olimpica. Andrea Rosso si gaserebbe per lo styling definendo il mood: unfuckable. E Barù, sulla cui ferma eterosessualità vorrei rassicurare tutti, si limiterebbe a: “Mi dicono che da quelle parti si mangi divinamente”».
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Riatterrata in Italia ci è tornata dall’analista?
«Certo, non la scampa. È il momento di un lungo e orgoglioso debriefing».
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