Alessandro Barbera per “La Stampa”
URSULA VON DER LEYEN MARIO DRAGHI - GLOBAL HEALTH SUMMIT
«Ancora un paio di mesi», dice a voce alta Mario Draghi al fotografo che gli chiede di levare la mascherina per la photo opportunity a Villa Pamphili. Saranno davvero due mesi? I numeri degli immunizzati con almeno una dose in Europa e Stati Uniti inducono all' ottimismo, ma che ne sarà nel frattempo di quei Paesi che non si possono permettere di acquistare i vaccini o nei quali non vengono nemmeno prodotti? Il problema lo pone il rapporto pubblicato ieri dalla Commissione europea in occasione del Global Health Summit dei venti grandi del pianeta. «La possibile traiettoria per il SarsCoV2 è di diventare endemica con focolai stagionali.
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Nuove ondate epidemiche sono possibili soprattutto nei Paesi con bassa copertura vaccinale. L' equità nell' accesso alle risorse è sia un imperativo morale che un' esigenza critica per il controllo della pandemia». Nella relazione introduttiva al summit, Mario Draghi spiega la dimensione del problema. Finora sono stati somministrati un miliardo e mezzo di vaccini in 180 Paesi del mondo. Con un enorme ma: oltre l' 85 per cento sono concentrati nei Paesi più ricchi, lo 0,3 in quelli poveri. C' è un problema di accesso alle risorse, e di protezionismo. «L' Unione europea ha esportato 200 milioni di dosi in 90 Paesi, circa metà della sua produzione totale.
Pfizer
Tutti gli Stati devono fare lo stesso. Dobbiamo revocare i divieti di esportazione, soprattutto nei Paesi più poveri». Draghi non può fare nomi, ma la battuta è rivolta ai due più grandi produttori mondiali di sieri contro il Covid: Stati Uniti e Gran Bretagna, che finora hanno tenuto nei rispettivi confini il 95 per cento delle dosi.
Al vertice di Porto della scorsa settimana i Ventisette si erano trovati concordi nel giudicare ipocrita l' annuncio americano di voler liberalizzare i brevetti sui vaccini: se oltre alle dosi è vietata persino l' esportazione dei componenti essenziali a produrli (negli Stati Uniti è in vigore una severissima legge), la proposta serve solo a raccogliere applausi superficiali.
URSULA VON DER LEYEN MARIO DRAGHI - GLOBAL HEALTH SUMMIT
Non a caso la Germania, dove il vaccino Pfizer è stato inventato, è apertamente contraria alla linea americana.
A Draghi e alla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen (l' unica fisicamente a Villa Pamphili per il vertice) tocca la mediazione. Il primo parla di «sospensioni limitate e temporanee», la seconda è ancora più criptica: «Le licenze volontarie sono il miglior modo per assicurare il necessario trasferimento di tecnologie e know how insieme ai diritti di proprietà intellettuale.
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Ma gli accordi di Trips (il trattato internazionale in vigore sul tema, ndr) e la Dichiarazione di Doha del 2001 prevedono le licenze obbligatorie come legittimo mezzo per i governi da usare nelle crisi». A metà giugno la Commissione proporrà all' Organizzazione mondiale del commercio una «terza via» per rendere libere le formule dei vaccini.
Ce la faranno? C' è da scommettere che la pandemia si esaurirà molto prima di un accordo. Ecco perché il vertice pone le basi per soluzioni più pragmatiche: le aziende americane produttrici dei tre vaccini più usati (Pfizer, Moderna, Johnson and Johnson) hanno preso l' impegno a vendere ai Paesi poveri tre miliardi e mezzo di dosi a prezzo di costo entro la fine del 2022. Per quest' anno Pfizer promette più di un miliardo di dosi, Johnson and Johson 200 milioni, Moderna 100 milioni. «Mettono in gioco anche la loro reputazione», sottolinea Draghi.
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L' Unione europea ha promesso di donare cento milioni di dosi, Francia e Germania trenta milioni, l' Italia quindici milioni, la Spagna 7,5 milioni. Il decreto «Sostegni bis» destina poi 300 milioni di euro per il programma Covax. Nell' anno della pandemia non c' è diplomazia più efficace dei vaccini: la Cina ha promesso 300 milioni di dosi, il Fondo monetario 50 miliardi di dollari in generici finanziamenti contro la pandemia.
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La soluzione passa per il continente africano: 1,2 miliardi di persone e il 99 per cento delle dosi importate. Il presidente francese Emmanuel Macron, sostenuto da Draghi, si è fatto promotore di un' iniziativa dell' Unione che dovrebbe permettere un miliardo di euro di investimenti necessari a impiantare in loco aziende per la produzione dei vaccini. La chiave per il successo è il multilateralismo. Draghi dice che «la dichiarazione di Roma potrebbe presto diventare un Trattato». Oggi - spiega von der Leyen - «diciamo un chiaro no al nazionalismo sanitario, al blocco dell' export e all' interruzione delle catene di approvvigionamento».