Estratto dell'articolo di Stefano Cappellini per “la Repubblica”
ennio fantastichini ferie d'agosto
Deve essere una trovata di Sceneggiatura democratica, il cartello sindacale degli sceneggiatori fancazzisti in Boris, questo fatto che con le sale ancora semivuote per i postumi del Covid i cinema siano pieni di storie sui bernoccoli della sinistra. Il coma pavloviano del film di Walter Veltroni, il sogno felliniano di quello di Moretti, e presto il film che Paolo Virzì sta girando a Ventotene. Se quello di Veltroni è il film dei ma — noi comunisti avevamo torto ma avevamo ragione — se quello di Moretti è il film dei se — ah se la sinistra non fosse stata la sinistra… — dal film di Virzì ci si aspetta l’abolizione delle congiunzioni. Dovrebbe dirci sul futuro molto più che sul passato.
Già il titolo suona familiare: L’altro Ferragosto. L’altrità, per la sinistra italiana, è un posto delle fragole, più doloroso che nostalgico: quante sconfitte immolate sotto questo totem, un’altra Italia, un’altra Europa, un altro mondo è possibile. Un’altra batosta, di norma. Ma questo Ferragosto di Virzì, il regista il cui cognome non è ancora diventato un aggettivo con vita propria, come quello di Moretti, solo per via dello scomodo accento tronco, supponiamo, è altro soprattutto perché è il seguito di quello raccontato nel 1995 inFerie d’agosto, capolavoro del maestro livornese (se non è maestro Virzì, aboliamo il titolo).
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FERIE D AGOSTO
Si vede. Il cast ripropone molti dei protagonisti del primo film, purtroppo senza i due Mazzalupi, Ruggero e il cognato, gli strepitosi Ennio Fantastichini e Piero Natoli, che non ci sono più. Chi lo vide all’epoca ricorda bene l’effetto che fece Mazzalupi/Fantastichini sui militanti di sinistra.
Uno spauracchio, un incubo, un avversario dialetticamente ingiocabile. Bottegaio ricco, evasore, razzista ma con una simpatia istintiva, un Bruno Cortona degli anni 90, era la riuscitissima reincarnazione del villain da commedia all’italiana, solo che per ammazzareil co-protagonista non gli serviva un giro in spider come al Gassman delSorpasso, era sufficiente un paio di battute sui “quarant’anni di consociativismo” o sulla fine delle ideologie, “Fascisti? Comunisti? E che siamo negli anni Cinquanta?”, praticamente l’arsenale retorico meloniano ma con trent’anni di anticipo. Erano i primi mesi della discesa in campo di Berlusconi e Mazzalupi non aveva più bisogno di schermirsi, come i vecchi elettori democristiani, quelli che ilvoto è segreto.
FERIE D AGOSTO 5
No, il voto non era più segreto, casomai inutile e sopravvalutato (“Io i partiti l’ho votati tutti”, si vantava lui). Una sequenza da antologia terrorizza ancora i progressisti, quella del duello oratorio con Molino/ Silvio Orlando, giornalista dell’Unità, in cui Mazzalupi reagiva agli insulti di Molino (“Glielo dico cos’è l’ultima cosa che ha letto, il libretto di istruzioni del suo cellulare”) e piazzava un affondo decisivo sull’antagonista: “La verità è che voi intellettualinon ce state a capì un cazzo, ma da mo’!”. Non è stata ancora scritta una battuta più definitiva. Era la certificazione della nuova egemonia mazzalupiana, mentre i pescatori di Ventotene, che assistevano alla scena come spettatori di uno sguaiato talk show, altra profezia virziana (come vedete, non suona benissimo), si schieravano tutti con Mazzalupi: “A me, me pare c’ave raggione ‘u signore”, chiosava alla fine uno di loro.
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sabrina ferilli ferie d’agosto
C’era già tutto, in Ferie d’agosto: la ridotta della ztl, l’onda grillina, la rivincita dei postfascisti, la farsa del bipolarismo all’italiana, i tic vittimisti del dibattito pubblico italiano dove chi avanza la tesi più conformista e maggioritaria si spaccia per alternativo e chi sta in minoranza si becca l’accusa di mainstream (ma Mazzalupi direbbe: basta cor pensiero unico!).
VIRZI DE SICA FERILLI UN ALTRO FERRAGOSTO
Per questo ora dall’Altro Ferragosto vorremmo sapere tutto: quanti anni governerà Meloni, su quale gradino inciamperà la sinistra tendenza Elly, in quale zona di Ventotene si sistemeranno i calendiani, o vanno tutti a Ponza? Per ora sappiamo che il figlio di Molino, che le anticipazioni di sceneggiatura danno per morente, si chiama Altiero, in omaggio a Spinelli e all’isola. E vedremo se pure stavolta c’è una i di troppo nel nome.
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