DAGOREPORT - BLACKSTONE, KKR, BLACKROCK E ALTRI FONDI D’INVESTIMENTO TEMONO CHE IL SECONDO MANDATO…
Federico Ercole per Dagospia
Sono trascorsi più di tre decenni dall’esordio di Fire Emblem sulla prima console di Nintendo sebbene la serie si sia solo successivamente diffusa oltre il Giappone per giungere in occidente, anni di innumerevoli e quasi sempre riuscite epopee strategiche che continuano ancora a rivelarsi fonte di ludibrio tattico e ludico così come di sofferenza, persino di dolore, o almeno illusione di questi sentimenti, perché si tratta sempre di videogiochi.
E’ ancora assai difficile abituarsi all’estinzione possibile di uno dei tuoi compagni di avventura, persone numeriche con un loro fittizio passato che sono cresciute assieme al protagonista attraverso epica e tragedia. Ma questa è una delle caratteristiche fondamentali di Fire Emblem, la morte permanente dei tuoi alleati in caso di errore, senza una pietosa resurrezione post Game Over, un pericolo che alimenta di ansia e timore ogni battaglia, muove verso il senso di colpa, anima il gioco di realismo, denuncia l’orrore definitivo della guerra anche quando fantasy e videoludica.
Negli ultimi Fire Emblem è possibile scegliere di “disattivare” la possibilità che gli eroi che lottano con noi si estinguano e chi sceglie quest’opzione è giustificabile e comprensibile, così che la tentazione di limitare la “sofferenza” nell’ultimo Fire Emblem Engage, uscito per Switch Nintendo, è stata ponderata da chi scrive. Tuttavia così facendo si smarrirebbe quella tragica irreversibilità che alimenta la grandezza della serie, quel suo pungolare la sensibilità e la responsabilità del giocatore verso i personaggi che controlla.
Seguito al gigantesco Three Houses, il migliore e più profondo episodio della serie, Fire Emblem Engage parrebbe orientarsi nella sua forma e nel suo racconto verso una direzione più tradizionale ed in verità è così solo in maniera parziale, perché non mancano idee nuove ed interessanti a confermarne la tattica validità e la potenza narrativa.
EROI DA PASSATO
Si comincia con un preludio spettacolare, dalle animazioni che stupiscono e coinvolgono subito per la loro messa in scena rigorosa e fantasiosa assieme. Vi si mostra l’annosa lotta manicheistica tra bene e male, narrazione comunque imprescindibile nel fantastico anche quando la si trascende con più o meno raffinatezza, come in Three Houses d’altronde. C’è un drago buono e uno cattivo e quest’ultimo viene sconfitto dall’eroe e i suoi alleati, soprattutto coloro che sono giunti da un altrove leggendario, spiriti di altri mondi che si rivelano essere quelli dei Fire Emblem del passato.
Dopo secoli il protagonista Alear si risveglia confuso dal sonno nel quale era caduto dopo l’impresa. Il drago malefico si è risvegliato ed è ora di raccogliere i dodici emblemi (ognuno connesso ad uno spirito) per tornare a combattere insieme ad un nuovo manipolo di eroi che dovremo cercare di condurre sani e salvi fino alla fine del gioco, cosa assai dura che diviene quasi impossibile se deciderete di giocare nelle modalità più complesse, dove ogni errore può significare una tragedia, sebbene si possa “riavvolgere” il tempo per tentare un approccio diverso alla battaglia.
Tra uno scontro e l’altro ci sono momenti di parziale esplorazione e di attività utili al potenziamento o all’approfondimento della storia, segmenti che non hanno la qualità d’intrattenimento e la varietà di quelli “scolastici” di Three Houses ma risultano comunque affascinanti anche per la cura posta nel disegno delle ambientazioni.
Le battaglie risultano invece sempre -forse ancora di più- appassionanti proprio per la possibilità di evocare e fondersi con gli eroi del passato, variando così le proprie mosse offensive. Ci sono inoltre utili missioni secondarie per reperire nuovi alleati, salire di livello o trovare armi nuove. La colonna sonora è trascinante, funzionale al racconto e all’accelerazione dell’epica.
SCACCHIERA FANTASY
I personaggi della nostra squadra si spostano secondo le proprie facoltà motorie attraverso un campo di battaglia più o meno vasto, sempre vario nel suo disegno e segmentato in griglie formate da quadrati nello stile di una scacchiera. Ci sono eroi e nemici a piedi, a cavallo e in groppa a creature volanti. Ci si può armare di spade, asce, lance ( ognuna di queste armi è debole o in vantaggio rispetto all’altra, come da tradizione: la lancia è forte contro la spada che perde invece contro l’ascia che vince la lancia) oppure di magie e archi.
Quando si compie un’azione si assiste ad una veloce e coinvolgente animazione che infrange la visuale isometrica del campo di battaglia, facendoci sentire più vicino ai personaggi e ai loro avversari. Questi scontri possono durare anche decine di minuti, ma non si cede mai alla noia, la tensione accompagna sempre la meditazione tattica che precede ogni azione, accompagnata dal timore di avere compiuto un errore fatale.
Fire Emblem Engage conferma il valore di una serie strategica che permane simile a se stessa malgrado mutazioni e variazioni, riuscendo ancora ad esaltare ed atterrire il giocatore con la sua “possibile” crudeltà, con il fascino dei suoi mondi favolosi in perenne crisi. Un’opera che richiede tempo e dedizione, un tempo del pensiero e del sentimento, che non risulta mai dissipato o sciupato ma gratificante per l’ingegno e per l’emozione.
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