Matteo Persivale per il Corriere della Sera
MANTOVANI
«Ma quale premio Nobel: Papa Francesco avrebbe dovuto santificarlo e chiudere il discorso. Sarebbe anche stato un bel gesto ecumenico: un santo ebreo». Basta parlare qualche minuto con Vincenzo Mantovani, traduttore di tanti grandi scrittori di lingua inglese (Faulkner, Hemingway, Henry James, Bellow, Ford, Lessing, Malamud, Harper Lee, Rushdie, Henry Miller) per capire come mai sia lui il traduttore italiano gemellato con Philip Roth. Il senso dello humour dissacrante, il disincanto, l' intelligenza vivace: «Quando Roth è morto ho visto memorialisti di ogni genere celebrare non Roth ma sé stessi. Alcuni di loro, lo so per certo, non l' avevano mai incontrato, peraltro».
Mantovani, che Roth l' ha tradotto passando con i suoi personaggi ore, giorni, settimane, mesi, anni, ammette sereno di non aver mai incontrato lo scrittore. «E perché avrei dovuto? A volte capita per motivi casuali di conoscere l' autore che hai tradotto ma è davvero molto raro - a me è successo di incontrare Richard Ford e di diventare suo amico, ma è un' eccezione.
philip roth william styron
Alcuni scrittori hanno rapporti epistolari con i traduttori che hanno dubbi di qualche genere, ma non era il caso di Roth, almeno per le traduzioni italiane. Bisognava mandare sempre tutto al suo agente, molto famoso, detto lo squalo (Andrew Wylie che deve il soprannome al senso del business e alla mancanza di scrupoli, ndr) finché a un certo momento la questione passò in mano a una signora, italiana o italoamericana, che leggeva il testo tradotto e dava il suo giudizio, per Roth bastava. Da lettore posso dire quello che hanno detto tutti: uno scrittore meraviglioso. Da traduttore, che mi ero abbastanza stufato di lui. Mi assegnavano sempre Roth e allora chiesi a Einaudi di variare un po', tanto per cambiare».
Così parlò il giornalista mancato diventato traduttore per caso che ha reso in italiano la prosa di Pastorale americana, La macchia umana, L' animale morente, Ho sposato un comunista, Goodbye Columbus, Patrimonio, Everyman, Il complotto contro l' America, Zuckerman scatenato, Lo scrittore fantasma, La controvita, Operazione Shylock, I fatti, L' umiliazione, Il fantasma esce di scena e la lista potrebbe continuare.
philip roth
Insomma Mantovani è il traduttore di Roth in italiano (non che altri colleghi non abbiano lavorato benissimo: dal bukowskiano Pierfrancesco Paolini a Stefania Bertola che ha reso splendidamente le invenzioni de Il teatro di Sabbath, il libro di Roth preferito nientemeno che da Harold Bloom) eppure di Roth si era stufato: il destino di una specie di «controvita»?
philip roth roberto saviano selfie
«Ma no, è che sono fatto così. Volevo cambiare Sul motivo per cui siamo andati così d' accordo, come scrittore e traduttore, non è difficile da spiegare: quasi coetanei, stesso amore per le battute, per le donne, stesso desiderio di indipendenza e stessa voglia di scherzare. Ai nostri tempi non si diceva ancora empatia, ma diciamo che tra Roth e me c' era simpatia anche se non ci eravamo mai visti. Ecco, diciamo che avevo le stesse passioni, la stessa sensibilità. Ripenso al mio amico Luciano Bianciardi, anche lui era fatto così. Parlerei di gemellarità inconscia se non sembrasse troppo altisonante».
phlip roth margaret martinson sua prima moglie
La lista dei libri di Roth/Mantovani è lunghissima ma lui è particolarmente orgoglioso non, per esempio, della luminosa Pastorale americana, ma del Grande romanzo americano. Perché? «Per la sfida, era difficile italianizzare il baseball. Ci provarono tanti anni fa con la prima traduzione che usava termini calcistici al posto di quelli di baseball con risultati bizzarri. No, il baseball è tutto americano. Sa come mi sono documentato? Su YouTube. Mai lavorato tanto a una traduzione. Tradurre la Pastorale fu molto meno complicato».
Gore Vidal diceva che per lui il Roth più grande era il primo, quello comico, e non lo impressionava granché la lunga serie di romanzi della maturità, negli anni Novanta.
«Ecco, Vidal l' ho conosciuto di persona, al contrario di Roth. Gore Vidal era un uomo brillantissimo, molto spiritoso, come te lo immaginavi leggendo le interviste. Ma in questo caso parlerei di cantonata, o magari di una forma di competizione tra colleghi che ha partorito un commento inesatto. Il problema non è ovviamente il Roth comico: i suoi libri comici sono grandissimi. È che, dopo, è arrivato tanto altro, in termini di romanzi, che ha continuato a darci più elementi per definire appieno Roth.
philip roth primo levi
Che, a me pare ovvio, è stato uno dei giganti assoluti del Novecento, a livello di William Faulkner o Thomas Mann. È vero che tanti scrittori del Novecento che sembrano giganti tendono a ridursi leggermente di statura quando li paragoni, per l' appunto, a uno come Thomas Mann. Nel caso di Roth, direi che lascia tanti di quei grandi libri - per profondità e per vastità del talento e degli interessi - da passare agevolmente, per così dire, il test di Vidal.
Per lo stesso motivo direi che nei lettori c' è stata sì tanta tristezza - chi si è sorpreso non aveva capito quanto i lettori amassero i suoi libri - ma la consolazione sta proprio nella sua eredità, tutti quei grandi libri che puoi tranquillamente rileggere. E anche se pensavi di conoscerli continuano a regalarti nuove emozioni. Se non è un segno di assoluta grandezza questo».
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