Giuseppe Sarcina per il "Corriere della Sera"
Manuel Lopez Obrador
«La violenza in Messico è intimamente collegata alla vendita di armi negli Stati Uniti. I produttori americani facilitano attivamente il traffico di fucili e pistole che finiscono nelle mani dei narcos». Così martedì 3 agosto il ministro degli Esteri messicano Marcelo Ebrard ha spiegato per quale motivo il suo governo abbia fatto causa a 10 costruttori di armi statunitensi.
La denuncia è stata deposita nella Corte federale di Boston, nel Massachusetts, lo Stato in cui hanno sede diverse società citate. Nell'elenco figurano, tra le altre, il ramo statunitense dell'italiana Beretta, insieme con Colt's Manufacturing Company, Glock, Sturm, Ruger & Co.
Armi Messico
Nelle carte si legge che ogni anno circa mezzo milione di armi viene trasportato illegalmente dagli Usa al Messico: 380 mila pezzi sono fabbricati dalle ditte portate in tribunale. Sarebbe questo flusso enorme di pistole, fucili, mitragliette ad alimentare l'ondata di stragi e sparatorie.
Il numero di omicidi ha raggiunto livelli record: circa 17 mila all'anno. Non basta. Secondo il Messico la diffusione delle armi avrebbe causato «una contrazione dell'1,7% del prodotto interno lordo». Da qui la richiesta, anche se non ancora ufficializzata dagli avvocati, di «un risarcimento» pari a circa 10 miliardi di dollari. I legali fanno riferimento a un precedente: la Remington Arms versò 33 milioni di dollari ai parenti delle 26 vittime, uccise nella scuola Sandy Hook (Connecticut, 2012).
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Ma il caso qui è completamente diverso. Lawrence Keane, vice presidente della National Shooting Sports Foundation, respinge le accuse: «Il governo messicano è responsabile della tumultuosa crescita del crimine e della corruzione nel Paese. I cartelli dei narcos gestiscono il contrabbando delle armi, oppure le rubano ai militari o ai poliziotti locali».
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L'Amministrazione di Washington è stata colta di sorpresa. Nei mesi scorsi Joe Biden ha fatto pressione affinché il Senato approvasse i disegni di legge già varati dalla Camera. In particolare l'8 aprile scorso aveva insistito su un aspetto cruciale: l'abolizione dello scudo giuridico che impedisce ai fabbricanti di armi di essere citati per danni in una causa civile.
I repubblicani, però, stanno bloccando tutto, spalleggiati dalla stessa influente lobby di costruttori che ora protesta per la denuncia messicana. Nello stesso tempo la Casa Bianca è in allarme per l'atteggiamento del presidente Andrés Manuel Lopez Obrador. Dopo aver vinto le elezioni, nel 2018, Lopez Obrador ha iniziato a smantellare «L'iniziativa Merida», il piano sulla sicurezza concordato nel 2007 tra l'allora leader messicano Felibe Calderòn e George W.Bush.
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Proprio pochi giorni fa Lopez Obrador è stato lapidario: «L'Iniziativa Merida è morta». Quel programma, aggiornato anche da Barack Obama, prevede quattro «pilastri» per contrastare lo strapotere dei narcos e «modernizzare» il confine. Ma, come nota Vanda Felbab Brown, esperta analista del Brookings Institute, «la generica legislazione sociale di Lopez Obrador ha lasciato mano libera ai cartelli».
Ora le cosche controllano centimetro per centimetro le città, specie quelle al confine con gli Usa, come Tijuana, Ciudad Juarez, Nuova Laredo, Matamoros. Non solo. Gli americani sono preoccupati perché sembra essersi fermata la bonifica delle istituzioni locali, della polizia, profondamente contaminate dalla corruzione.
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