- L'EUROPA CHE VERRÀ E I CAVALLI DI RAZZA DELL'ITALIA
Editoriale di Eugenio Scalfari su ‘la Repubblica’ di domenica
RENZI SCALFARI
(…) Infine ci sarebbe da commentare un'ampia intervista a Renzi di Claudio Cerasa, direttore del Foglio, che di per sé è già una notizia: è un giornale che vende poche migliaia di copie e non ha una rappresentanza culturale di assoluto rilievo.
Non è il solo nel panorama della stampa italiana. C'è Libero, c'è La Verità, ed altri giornali che non sto a nominare. Si dirà che anche Il Mondo ai tempi di Mario Pannunzio negli anni Cinquanta è passato alla storia del giornalismo nonostante la scarsità delle vendite. È evidente la ragione: Il Mondo aveva una visione culturale della società italiana. Forse ce l'ha anche Il Foglio ma almeno per ora ce ne accorgiamo piuttosto raramente. È chiaro che interviste con Renzi giovano alla bisogna e perciò, caro Cerasa, datti da fare.
CLAUDIO CERASA
- VITTORIO FELTRI CONTRO EUGENIO SCALFARI: "GIÙ IL DITINO, DA TE NON PRENDIAMO LEZIONI"
Vittorio Feltri per ‘Libero Quotidiano’
Eugenio Scalfari riesce ad incantarci coi suoi articoli (e non parliamo dei libri) dilaganti. Domenica sulla Repubblica ne ha pubblicato uno infinito, nella primissima parte del quale ha ripetuto una dozzina di volte i termini «cultura» e «culturale», come fosse ossessionato dall’esigenza di apparire il più dotto degli scribi.
veltroni scalfari 3
Gli piace atteggiarsi a grande vecchio, e vecchio in effetti lo è. A suo modo è stato anche grande avendo fondato e portato al successo un quotidiano, appunto la Repubblica, con l’aiuto decisivo della fortuna. Che lui ebbe in abbondanza.
Il suo giornale maneggevole, che vide la luce nel 1976, per circa due anni campicchiò vendendo poche copie. Era sciapo e mingherlino. Poi il Corriere della Sera andò in crisi a causa della P2 e la musica cambiò. L’organo della borghesia lombarda, travolto dallo scandalo, perse acquirenti. Il Giorno dimagrì. Il capolavoro di Montanelli si mantenne sulle proprie posizioni conservatrici, e la Repubblica alzò la cresta superando la concorrenza tra il 1985 e il 1986. Onore al merito e alla buona sorte.
scalfari&renzi
Da quel momento Scalfari si montò la testa, giustamente. E ancora oggi si crede una divinità, interloquisce anche col Papa oltre che con se stesso. Se si guarda allo specchio ha l’impressione di vedere riflessa l’immagine di Dio. Del quale discetta spesso pur proclamandosi agnostico. Ovvio, Dio è unico, altro che trino.
Nel pezzo comparso domenica scorsa, Eugenio si sforza di dimostrare il proprio immenso sapere dileggiando Claudio Cerasa, perché a suo insindacabile giudizio il Foglio non avrebbe rappresentanza culturale, dato che in edicola è comprato in esigue quantità, quasi che il livello di una testata si misurasse sulla base degli incassi commerciali.
Tanto per essere gentile, egli accomuna il bellissimo prodotto inventato da Giuliano Ferrara a Libero, creato da me nel 2000, del quale ignora o finge di ignorare la storia, così come trascura di dire che la Repubblica negli ultimi tempi va a marcia indietro. Molto indietro.
PIERO OTTONE SCALFARI
Niente di grave. Sennonché Scalfari non perde occasione per vantarsi di una cultura quantomeno incompleta. Infatti, intorno allo scorso Natale scrisse una bischerata da cui si evince che non sempre è ferrato nelle materie delle quali si occupa. Ecco la frase galeotta: «Sono andato a rileggermi i quattro Vangeli sinottici del Nuovo Testamento...».
Gli feci notare che i Vangeli sinottici sono tre e non quattro, autori Matteo, Marco e Luca. Sinottico viene dal greco synoptikos, sguardo d’insieme. Il quarto Vangelo, quello di Giovanni, tratta di cose che con la visione d’insieme non c’entrano. Il padreterno infallibile confonde le acque. Pensa che sinottici significhi ufficiali in contrapposizione con apocrifi, un errore da ginnasiale negligente.
Scalfari non è titolato per dare lezioni culturali né a Cerasa né ad altri colleghi. E tenga conto che la cultura esibita a ogni costo è come la coda dei cani, i quali la agitano per ostentarla davanti al padrone, inconsapevoli che essa è due dita sopra il culo.
VITTORIO FELTRI
3.CERASA: SCALFARI PORTAVOCE DI UNA ITALIA IMMOBILE ED INTRAPPOLATA NEL 900
Michael Pontrelli per www.tiscali.it
Da una polemica tra il fondatore de la Repubblica Eugenio Scalfari e il direttore de il Foglio Claudio Cerasa nasce uno spunto di riflessione interessante sulle origini culturali del grillismo e dunque del M5s. Lo scontro dei due giornalisti si è acceso dopo che Scalfari nel suo editoriale domenicale ha criticato la scelta di Matteo Renzi di concedere la sua prima intervista dopo la vittoria delle primarie a Il Foglio, definito "un giornale d’élite senza una rappresentanza culturale di assoluto rilievo".
Scalfari portavoce di una Italia immobile ed intrappolata nel 900
claudio cerasa
Cerasa non ha preso bene la critica e nelle pagine del suo giornale ha definito Scalfari “portavoce inconsapevole di una Italia immobile ed eternamente intrappolata in ideologie novecentesche”. “Nel momento in cui – ha proseguito - la sinistra italiana ha cominciato con Renzi a non seguire più l’agenda Scalfari, non regalando più alla destra i temi di buonsenso di cui si era impadronita, ha cominciato a uscire dall’irrilevanza ed è diventata maggioranza del paese”
Alimentato mostro che prima si chiamava moralismo e oggi grillismo
Per Cerasa “la visione di cui Scalfari è portavoce ha impoverito per anni la sinistra italiana ed ha alimentato un mostro culturale che ieri si chiamava moralismo e che oggi invece si chiama grillismo”. “La sinistra alla Scalfari – ha aggiunto ancora - ha incatenato il pensiero progressista rendendolo irrilevante e ha disseminato in giro per l’Italia un concime che oggi ha prodotto i suoi frutti e che in un certo modo costituisce il terreno che ingrossa i fusti del populismo italiano”.
Grillismo derivato limpido della sinistra scalfariana
CLAUDIO CERASA E GIULIANO FERRARA
Infine la stoccata probabilmente più dolorosa: “Il grillismo è un derivato limpido e chiaro della sinistra scalfariana. Di una sinistra che ha scelto di trasformare la questione morale nella sua stella polare. Di una sinistra che ha scelto per una vita di delegare ai magistrati il compito di moralizzare un paese”. “I partiti – ha concluso Cerasa - non hanno bisogno di sfidarsi a colpi di moralismo, hanno semplicemente bisogno di sfidarsi a colpi di riformismo”.