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    VIRUS LETALE A BERGAMO: IN 18 GIORNI 142 VITTIME, FINITI I POSTI NELLE CAMERE MORTUARIE, SALME IN CHIESA- GLI OSPEDALI AL COLLASSO, IL DIRETTORE DELLA RIANIMAZIONE: “ORA ARRIVANO PAZIENTI PIU’ GIOVANI, DAI 40 AI 45 ANNI” - DA COSA È INIZIATO TUTTO? QUEI CASI AD ALZANO CHE HANNO ANTICIPATO CODOGNO


     
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    Armando Di Landro per corriere.it

     

    BERGAMO BERGAMO

    Bergamo è ferma, non esiste più traffico, le strade sono vuote «come ad agosto» secondo gli auspici del sindaco Giorgio Gori, e i pochi passanti a piedi indossano sempre più spesso mascherine con il filtro. Uno dei templi dello shopping, l’Oriocenter, appare deserto, e molti negozi hanno chiuso anche in anticipo su eventuali nuovi decreti.

     

    «Questa è una guerra da vincere — dice Paolo Agnelli, l’imprenditore re delle pentole in tutto il mondo —. Fermiamoci e poi vedremo di ripartire, come fosse un dopoguerra, ma ora fermiamoci, è l’unica cosa da fare». E quando a dirlo è l’industria significa che la paura ha pervaso tutto, perché il nemico è invisibile e impercettibile finché non arriva e colpisce, e porta anche cinquantenni e sessantenni in ospedale senza più ossigeno.

     

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    È l’epoca del coronavirus Covid 19, che nessuno si aspettava con tanta prepotenza, ma che è arrivata, veloce e letale: tanto che un po’ di traffico è rimasto in viale Pirovano, quello che guarda in faccia il cimitero monumentale. Le camere mortuarie degli ospedali cittadini (il Papa Giovanni in primis, ma anche le Cliniche Humanitas Gavazzeni), non reggono più, e il Comune deve fare la sua parte, dando spazio e pietoso riposo anche alle spoglie di chi è arrivato in ospedale da fuori città, ed è morto di «polmonite interstiziale», il principale effetto del virus senza vaccino. Ma anche la mortuaria del cimitero cittadino non è più sufficiente: per accogliere i feretri, prima della cremazione, è stata anche aperto il Tempio di Ognissanti, la moderna chiesa del cimitero, occupata mediamente da 40 bare ogni giorno. E se in un sabato ordinario di inizio marzo i decessi ordinari registrati in città, potevano essere tra i 4 e i 5, ora la media è terrificante, e sfiora i 20. Accade a Bergamo e anche a Zogno, dove il parroco ha deciso di suonare una sola volta le campane a morto, perché altrimenti i rintocchi funebri dovrebbero proseguire tutto il giorno.

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    Già, come in guerra, saltano gli schemi, gli spazi, i punti di riferimento, dopo 142 vittime su un totale di 244 Comuni, concentrate tra Nembro, Alzano Lombardo, Albino, i primi territori a soffrire, ma sempre di più anche in città. Come se il flusso del virus, dopo aver colpito duro nella bassa Val Seriana, avesse virato a un certo punto in due direzioni: da un lato Zogno e la Val Brembana, oltre i crinali delle prime Prealpi, dall’altro la città, per fare ancora più male e colpire tra i quartieri, dove i palazzi e gli spostamenti sono più ravvicinati, nel cuore di una Bergamo che negli ultimi anni ha raggiunto livelli di dinamicità, turismo incluso, che probabilmente non si erano mai visti. Non ci sono più trolley e turisti spagnoli o dall’Est Europa, in giro, solo un grande vuoto, e dopo il primo invito di fine febbraio a non fermarsi e continuare a vivere, il sindaco Gori oggi manda almeno un messaggio al giorno via social, per invitare tutti a stare in casa.

     

    ospedale REPARTO DI TERAPIA INTENSIVA coronavirus ospedale REPARTO DI TERAPIA INTENSIVA coronavirus

    C’è da chiedersi perché, però, Bergamo e provincia siano finite nella morsa del virus globale a questi livelli. Il sistema ospedaliero, impegnato a far fronte all’emergenza sfiorando il collasso, non ha mai preso nettamente posizione sul tema e sui casi specifici, ma il dubbio è che ci sia stata una sottovalutazione dei sintomi di alcuni pazienti, che erano arrivati in ospedale addirittura prima che esplodesse l’allarme a Codogno (il 21 febbraio). E l’attenzione va in particolare alla Val Seriana e all’ospedale di Alzano, quello da cui spuntarono le prime notizie dei contagi domenica 23 febbraio, solo un paio di giorni dopo il lodigiano. Ma andando a ricostruire i casi dei singoli pazienti, la realtà parla di contagi e decessi in parallelo, se non addirittura in anticipo, sul focolaio della bassa lombarda, di persone con sintomi sospetti che proprio in quello stesso periodo riuscirono ad avere l’esito del tampone solo dopo giorni, trascorsi da degenti in reparti ordinari. Si è creato così un focolaio devastante tra Nembro, Alzano, ma anche Albino e Villa di Serio?

     

     

    A Villa viveva la prima vittima, Ernesto Ravelli, 83 anni, morto nella tarda serata di domenica 23 febbraio dopo il trasporto d’urgenza al Papa Giovanni di Bergamo proprio da Alzano, dov’era stato ricoverato venerdì:era il giorno dopo il test positivo sul paziente 1, il podista di Codogno. Franco Orlandi era un ex camionista di Nembro, 83 anni: i parenti hanno spiegato che era stato ricoverato già sabato 15 febbraio all’ospedale di Alzano, il «Pesenti Fenaroli», nel reparto di Medicina, dove è sempre rimasto, ma l’esito del tampone risale al 23, solo otto giorni dopo. E l’ex camionista è deceduto il 25. L’Azienda socio sanitaria territoriale Bergamo Est (che gestisce anche la struttura di Alzano) non ha mai precisato nulla in merito. Nemmeno sul caso del rappresentante di commercio Samuele Acerbis, 63 anni, anche lui di Nembro, che ha raccontato di aver avuto febbre fin dal 17 febbraio, di essere stato ricoverato sempre ad Alzano tra il 20 e il 21, e di aver aspettato tre giorni prima di essere sottoposto al tampone, positivo, e quindi trasferito in Terapia intensiva al «Papa Giovanni» di Bergamo. Molto presto, al «Pesenti Fenaroli», sono poi risultati positivi anche il primario del pronto soccorso e il caposala.

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    Muoiono gli anziani ed è a rischio anche la rete di medici e infermieri che sta tentando di far fronte all’emergenza: già 8 giorni fa all’ospedale di Seriate si contavano fino a 50 operatori positivi al Covid 19. In una lettera inviata al premier Conte, invece, si parla di «cinquanta medici infettati nella sola provincia di Bergamo»: a scriverla è Filippo Anelli, presidente della Fnomceo, Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri. Uno dei contagiati è deceduto e con altre vittime tra i colleghi in Lombardia e Veneto, il bilancio è di tre morti proprio tra i camici bianchi. Anelli chiede al primo ministro la «sospensione dell’accesso libero dei pazienti agli ambulatori per contenere i contagi».

     

    I dubbi restano, anche adesso che la conta delle vittime è tracimata, ben oltre la Val Seriana: sul territorio c’era già in corso un focolaio che ha «travolto» l’ospedale di Alzano, diventato così una cassa di risonanza e diffusione del contagio, oppure la sottovalutazione di alcuni casi ha contribuito in modo determinante a trasformare la Bergamasca in un’area dove, in questi giorni, il suono più ricorrente è quello delle ambulanze? In 18 giorni, a partire dal 23 febbraio, i morti sono stati 142. Quasi 10 al giorno. Una guerra da vincere fermandosi, una guerra mai vista.

     

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