Emanuela Grigliè per la Stampa
Diana Vreeland
«Il bikini? La creazione più importante dopo la bomba atomica». Una delle tante perle di saggezza, sempre piuttosto ironiche, dell'imperatrice della moda Diana Vreeland. Raccolte dal nipote Alexander, rivivono illustrate da Luke Edward Hall nel libro Diana Vreeland Bon Mots - Words of Wisdom from the Empress of Fashion (Rizzoli New York). Un tentativo - solo l'ultimo dei volumi che hanno cercato di svelare con parole, immagini e foto il mito Vreeland - per raccontare, con il tono tagliente delle battute più famose, la vita e la carriera di questa donna diventa icona, inventandosi una professione: la fashion editor.
Diana Vreeland
Come nasce Nata benissimo a Parigi nel 1903 da una famiglia aristocratica, discendente da George Washington e imparentata coi Rothschild, Diana Dalziel, questo il suo nome da nubile, si trasferisce a New York stabilmente alla fine degli Anni 30 dove inizia la sua seconda vita (la prima, londinese, aveva a che fare con un boutique che contava Wallis Simpson tra le clienti). È qui che comincia a cimentarsi come giornalista di moda ad Harper' s Bazaar, dove tiene la rubrica Why Don't You? dispensando consigli ironici. Poi verrà Vogue America e infine una consulenza al Costume Institute del Metropolitan Museum of Art.
Diana Vreeland
La storia di una vita che racconta anche il jet-set e il costume dell'epoca, dalla Parigi Belle Époque alla New York degli Anni Venti, dalla swinging London all'America dei Kennedy fino agli ultimi anni pazzi dello Studio 54 e della Factory di Andy Warhol.
Non bella, ma chic Vreeland, con un aspetto e un volto assolutamente non convenzionali, ma dotata di gusto sopraffino e molta personalità, ha dominato per anni le classifiche delle meglio vestite del mondo, oltre ad avere scoperto talenti a raffica (Anjelica Huston, Marisa Berenson, Lauren Bacall, Benedetta Barzini, tra le altre). In anticipo sui tempi, aveva capito che la bellezza stava anche nella diversità e che certi dettagli fuori canone potevano diventare una forza. Così disse chiaro a Barbra Streisand: «Hai un naso lungo, fanne il tuo marchio di fabbrica», consigliandole di farsi immortalare di profilo.
Diana Vreeland
Antesignana anche nel promuovere la sorellanza, era legatissima alle colleghe e amiche Carmel Snow, Margaret Case, Marie-Louise Bousquet. Tra le tante leggende su di lei, si dice sia stata l'inventrice delle flip-flop: fatte produrre dal suo calzolaio dopo aver visto i sandali di uno schiavo romano in un affresco pompeiano. La sua dieta «Il burro di arachidi è la più grande invenzione dai tempi del cristianesimo», sosteneva, e la sua dieta per il lunch era ogni giorno la stessa: un panino integrale con burro di arachidi e marmellata, seguito da un bicchiere di scotch o vodka. «Mia nonna sentiva molto il fatto di essersi fatta da sola», racconta Alexander, «e penso che questo oggi sia un messaggio meraviglioso per spronare le persone a essere chi vogliono essere».
Diana Vreeland
Rosso perfetto Fissata col rosso: la tonalità perfetta, secondo lei, era il colore di un «berretto da bambino in qualsiasi ritratto rinascimentale».
E infatti aveva chiesto all'interior designer Billy Baldwin di creare un soggiorno scarlatto «come un giardino, ma un giardino all'inferno» nella casa di Park Avenue che divideva col marito, l'affascinante banchiere Thomas Reed Vreeland. Rossi erano anche gli stivali di lucertola che amava indossare: «Il rosso è il grande chiarificatore: brillante, purificatore e rivelatore. Non potrei mai stancarmi del rosso, sarebbe come stancarsi della persona che ami.
Per una vita ho inseguito il rosso perfetto». «Sebbene mia nonna fosse nota come giornalista, aveva anche la capacità di lanciare nuovi stili, tendenze e designer. Era un oracolo della moda», dice il nipote nell'introduzione al libro. «Le citazioni che ho raccolto contengono motti sul saper vivere. E' una storia che inizia come un sogno, ma poi mostra il coraggio e la disciplina indispensabili per credere in se stessi e realizzare quel sogno».
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diana vreeland by david bailey