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    “TANGENTOPOLI FU MERITO, O COLPA, DI ANTONIO DI PIETRO E NON DI BORRELLI” - VITTORIO FELTRI: “FU IL MOLISANO A CAPIRE CHE I PARTITI IN QUEGLI ANNI RUBAVANO DI BRUTTO PER FINANZIARE SE STESSI OLTRE AI LEADER GRANDI O PICCOLI. E FU TONINO A STANARLI. IL QUALE FU GUARDATO CON SOSPETTO PURE DAI PROPRI COLLEGHI, LO CONSIDERAVANO UN CONTADINO TOGATO E SPROVVEDUTO - POI PERÒ QUANDO I COMPAGNI DI LAVORO MILANESI SI RESERO CONTO CHE COSA AVEVA SCOPERTO..."


     
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    VITTORIO FELTRI CON IL SUO CAVALLO CROCUS VITTORIO FELTRI CON IL SUO CAVALLO CROCUS

    Vittorio Feltri per “Libero quotidiano”

     

    La santificazione di Francesco Saverio Borrelli, promossa da quasi tutta la stampa patria, mi sta bene perché i morti hanno sempre ragione e una volta sotterrati sono intoccabili nella loro reputazione. Esatto: l'alto magistrato era colto, un napoletano chic, giurista e musicista, montava perfino a cavallo ma quest'ultima cosa l'ho fatta anche io nell'indifferenza generale, per fortuna. Transeat. Ciò che mi stupisce e adonta è il fatto che Mani pulite sia stata esclusivamente attribuita a lui in ogni risvolto positivo e negativo.

    Ed è una bufala.

     

    FRANCESCO SAVERIO BORRELLI E ANTONIO DI PIETRO FRANCESCO SAVERIO BORRELLI E ANTONIO DI PIETRO

    L'inchiesta sui ladri politici è merito, o colpa, in assoluto di Antonio Di Pietro. Fu quest'ultimo e non altri a capire che i partiti in quegli anni rubavano di brutto per finanziare se stessi oltre ai leader grandi o piccoli, i quali grattavano nella convinzione di fare una cosa buona e giusta al fine di garantire lunga vita alla democrazia. In realtà i capi e i capetti sgraffignavano non a favore della politica, ma sgraffignavano altresì alla politica. Così si assicuravano ville sull' Appia antica, vita principesca, da nababbi.

     

    E fu Tonino a stanarli. Il quale all' inizio della operazione di pulizia fu guardato con sospetto pure dai propri colleghi, lo consideravano un elemento di scarto, un contadino togato e sprovveduto, tant' è che era stato cacciato dalla Procura di Bergamo, indesiderato. Poi però quando i compagni di lavoro milanesi di Di Pietro si resero conto che costui aveva scoperto una miniera di oro trafugato da onorevoli e senatori, allora mutarono registro e si accodarono al supposto buzzurro, dal quale si fecero trascinare verso la gloria.

    ANTONIO DI PIETRO SAVERIO BORRELLI GERARDO DAMBROSIO ANTONIO DI PIETRO SAVERIO BORRELLI GERARDO DAMBROSIO

     

    Mani pulite infatti si divide in due parti. Una squisitamente giudiziaria che portò in galera vari mariuoli e anche personaggi di alto livello. Una seconda che si trasformò in un processo di piazza e in un rozzo repulisti condito con vari errori giudiziari. Ma ormai i magistrati erano diventati popolari e passavano per eroi. Nessuno ne contestava gli sbagli.

     

    È utile ricordare che Borrelli, al principio scettico sull'inchiestona dipietresca, a un dato momento si accorse che giovava alla reputazione dei giudici e la cavalcò quasi fosse un destriero. Lui quanto gli altri componenti del cosiddetto pool. Il fatto che Francesco Saverio fosse un vero signore non gli impedì di sfruttare la situazione onde conquistare la fama, oggi confermata dagli esagerati elogi funebri tributatigli dal giornalismo più conformista e appiattito del pianeta.

    BORRELLI E DI PIETRO mani resize BORRELLI E DI PIETRO mani resize

     

    Rimane un punto fermo. Il fautore di Mani pulite è stato Di Pietro, gli altri fenomeni autoelettisi tali si limitarono ad assecondarlo allo scopo di salire alla ribalta. Questa è la storia di cui fui testimone. Il resto è fuffa retorica. Borrelli merita un attestato di stima quale uomo elegante e di classe. Con qualche peccatuccio. Amen.

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