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    VIVI E LASCIA VIVENDI – NUOVA VITTORIA IN TRIBUNALE PER BOLLORE': SECONDO I GIUDICI DI MILANO L’ARTICOLO DELLA LEGGE GASPARRI SULLA BASE DEL QUALE SIMON FIDUCIARIA NON ERA STATA AMMESSA A VOTARE IN ASSEMBLEA VA DISAPPLICATO – CHE SUCCEDE ORA? L’OBIETTIVO DEL BISCIONE È UNA TREGUA ARMATA CHE FACCIA RIPENSARE LA STRATEGIA LEGALE DI GHEDINI (CHE NON HA DATO GRANDI FRUTTI). COME? RISPOLVERANDO IL DOSSIER TIM – AUTOREVOLI FONTI MILANESI RUMOREGGIANO: A CURARE GLI INTERESSI POTREBBE ESSERE LO STUDIO BONELLI EREDE


     
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    DAGO-FLASH - AUTOREVOLI FONTI DELLA PIAZZA FINANZIARIA MILANESE RUMOREGGIANO SU UN EVENTO EPOCALE IN CASA BERLUSCONI. ALL'INDOMANI DELLA SCONFITTA IN TRIBUNALE SUL CASO VIVENDI, PER RIAGGANCIARE LA TRATTATIVA CON BOLLORÉ, SI VOCIFERA CHE A CURARE GLI INTERESSI DI MEDIASET POTREBBE NON ESSERE PIU' L'AVVOCATO GHEDINI MA IL PIU' POTENTE STUDIO LEGALE D'ITALIA, BONELLI EREDE…

    https://www.dagospia.com/rubrica-4/business/flash-autorevoli-fonti-piazza-finanziaria-milanese-rumoreggiano-267754.htm

     

    1 – VIVENDI VINCE ANCORA IL TRIBUNALE ANNULLA LE DELIBERE MEDIASET

    Leonardo Martinelli per “La Stampa”

     

    Un altro punto per Vivendi, la media company di Vincent Bolloré, nella battaglia con Mediaset. Dopo che il magnate francese ha vinto il primo round nella battaglia giudiziaria sul risarcimento miliardario richiesto dal Biscione, una nuova sentenza annulla una delibera sul «piano di compensi» presa dall'assemblea di Cologno di tre anni fa.

     

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    Secondo il Tribunale di Milano va disapplicato con effetto retroattivo l'articolo della Legge Gasparri (Tusmar) sulla base del quale Simon Fiduciaria - il trust in cui il gruppo francese ha dovuto congelare il 19,9% del 29,9% totale - non era stata ammessa a votare.

     

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    Probabile che Vivendi possa così vincere altri ricorsi già presentati sulla falsariga del primo e annullare, ad esempio, altre decisioni già prese come quella sul voto maggiorato. Un possibile caos che il cda di Mediaset affronterà lunedì. Intanto Vivendi, forte di conti che dimostrano una buona resistenza alla crisi (fatturato a +5%) e di un «tesoretto» messo insieme con lo scorporo della major musicale Universal, si sta lanciando in uno shopping forsennato.

    BOLLORE' VIVENDI BOLLORE' VIVENDI

     

    Analisti del settore sottolineano che «adesso spetta ai Berlusconi decidere cosa fare, se mediare davvero con Bolloré, che ha il coltello dalla parte del manico». Quel manico è costituito proprio dalle azioni del Biscione nelle mani di Vivendi. Il 20% lo detiene una fiduciaria (Simon) che non aveva il diritto di voto nelle assemblee.

     

    Ma dopo la bocciatura da parte della Corte europea della norma del Tusmar sugli incroci azionari nelle società di telecom, Vivendi può far sentire la propria voce. E lo farà all'assemblea di Mediaset a fine giugno, dove saranno rinnovati gli organi sociali: lì Vivendi utilizzerà il suo quasi 30% di quota nel capitale finalmente con gli annessi diritti di voto.

     

    VINCENT BOLLORE ARNAUD DE PUYFONTAINE VINCENT BOLLORE ARNAUD DE PUYFONTAINE

    A Parigi fonti vicine al dossier definiscono «il problema Mediaset ormai secondario per Bolloré: qui alla richiesta di tre miliardi di danni non ci aveva mai creduto nessuno». E infatti la sentenza del 19 aprile (che sarà impugnata da Mediaset) prevede appena 1, 7 milioni. «Vivendi si sta impegnando su altri fronti - continua la stessa fonte -, con l'obiettivo di costituire un colosso dei contenuti per i media. I Berlusconi devono decidere se negoziare e, al limite, allinearsi in quel progetto dietro Bolloré».

     

    A fine marzo l'assemblea di Vivendi ha approvato la distribuzione del 60% di Universal fra gli azionisti del gruppo come «special dividend». La major, che sarà quotata alla Borsa di Amsterdam, è valutata più di 30 miliardi. Il 20% è stato già venduto l'anno scorso ai cinesi di Tencent per sei miliardi.

    BOLLORE BERLUSCONI BOLLORE BERLUSCONI

     

    Grazie alla nuova operazione, Vivendi metterà le mani direttamente sul 20% di Universal, da poter cedere sul mercato. Potrebbe incassare intorno ai sei miliardi. E intanto ha ottenuto oltre dieci miliardi di linee di credito. Insomma, Vivendi (e il suo patron Bolloré) avrebbero a disposizione più di 20 miliardi per costituire quell'impero nell'industria dei contenuti, che un tempo volevano creare insieme coi Berlusconi. Bolloré si è già lanciato in una serie di sfide.

     

    vincent bollore emmanuel macron vincent bollore emmanuel macron

    Tra le altre, ha acquisito il 25% del gruppo Lagardère e vuole mettere le mani sui suoi asset più appetibili, tipo le attività internazionali dell'editore Hachette. Ed è in lizza per recuperare in Francia la tv M6 e la radio Rtl, che cedono i tedeschi Bertelsmann. Lì, tra i contendenti, si ritrova contro il Biscione.

     

    Ieri Marco Giordani, direttore finanziario di Mediaset, ha ribadito la volontà di puntare a M6 («Non la vedo facilissima, ma ci proveremo»), ricordando anche la loro presenza in Germania (hanno il 25% di ProsebienSat), dove «il nuovo Cda sarà eletto l'anno prossimo e presenteremo i nostri candidati».

    piersilvio e silvio berlusconi piersilvio e silvio berlusconi

     

    Quanto a Vivendi, «fortunatamente le aziende vivono fuori dai tribunali - ha detto -: alla fine una soluzione verrà trovata». Mediaset vuole concentrarsi sul business, provando a lasciarsi alle spalle - per quanto possibile - la stagione delle carte bollate. Quella in cui i francesi si stanno prendendo la rivincita.

     

    2 - IL BISCIONE AL TELEFONO

    Achille Milanesi per “Milano Finanza”

     

    Il futuro e il destino di Mediaset si giocano su tre fronti: Italia, Francia e Germania. Su quest' ultimo mercato è stata puntata una fiche da oltre mezzo miliardo per assumere il ruolo di primo azionista (24,9%) di ProsiebenSat.7, anche se ancora non è stata presa alcuna decisione strategica, visto che nessun rappresentante del gruppo tv della famiglia Berlusconi siede in cda.

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    Oltralpe invece la tv guidata da Pier Silvio Berlusconi è in corsa per il 48,3% dell'emittente M6 messo in vendita da Bertelsmann attraverso Rtl. L'asta vale un miliardo e vede in pole position Tf1 (gruppo Bouygues) grazie alla benedizione del presidente Emmanuel Macron, attento agli equilibri geopolitici interni a un anno dalle elezioni.

     

    A sfidare Tf1 c'è Vivendi, secondo socio del Biscione con il 28,8% e ipotesi non gradita a Macron (Vincent Bolloré è vicino all'ex presidente Nicolas Sarkozy), oltre ad Altice, agli editori de Le Monde Xavier Niel e Matthieu Pigasse assieme a Pierre Antoine Capton, supportati da Bernard Arnault (Lvmh) e infine a Daniel Kretinsky. La sfida è ostica ma Mediaset se la vuole giocare anche grazie al coinvolgimento di un lobbista transalpino di peso.

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    Per superare la concorrenza di Tf1 gli italiani potrebbero optare per una alleanza. Magari con quel Kretinsky che era presente nel capitale di ProsiebenSat. O con Altice. La sfida non è semplice perché in tale scenario avrebbe pur sempre un ruolo Vivendi. Ma il fronte più caldo, strategico e decisivo per Cologno Monzese e resta l'Italia. Lo scontro con Vivendi va avanti da metà 2016 e sembra non finire mai.

     

    alberto nagel vincent bollore alberto nagel vincent bollore

    Una delicata partita, giocata in mezza Europa - sono stati coinvolti i tribunali di Milano, Madrid e Amsterdam - che riserva colpi di scena ben poco salutari al cammino industriale del Biscione. In questa sfida che inizialmente, con le decisioni del Tribunale di Milano sulla creazione della olandese MediaForEurope, aveva visto prevalere il network fondato da Silvio Berlusconi, sono poi arrivate le sentenze dei giudici di Madrid e Amsterdam che rispettivamente hanno bloccato la fusione tra Mediaset e la controllata iberica Mediaset España e congelato la nascita di Mfe.

     

    Un doppio assist a Vivendi che ha pure incassato il parere positivo della Corte di Giustizia Ue sulla legittimità della partecipazione del 28,8% bloccata alcuni anni fa dall'Agcom: il 19,9% venne conferito al trust SimonFid. Parere che ha portato il Tar del Lazio a scongelare i diritti di voto in capo ai francesi. Questi ultimi, nella settimana tra il 19 e il 23 aprile, hanno ottenuto altri due risultati importanti dal Tribunale Civile di Milano.

    silvio e piersilvio berlusconi con silvia toffanin silvio e piersilvio berlusconi con silvia toffanin

     

    I giudici in primo grado hanno dichiarato «non illegittima» la scalata di Vivendi (salita dal 3% al 28,8% di Mediaset nel dicembre 2016), colpevole però di non aver dato esecuzione al contratto d'acquisto dell'ex pay tv Premium: ma invece dei 3 miliardi di danni chiesti dal Biscione e Fininvest i francesi dovranno pagare 1,7 milioni. I giudici poi hanno dato ragione a SimonFid, non ammessa a partecipare all'assemblea del 27 giugno 2018, annullando tutti i provvedimenti presi dal gruppo tv a partire da quella data: sentenza applicata con efficacia retroattiva.

     

    vincent bollore vincent bollore

    «Tale disapplicazione travolge pertanto tutti gli atti compiuti nel periodo della sua vigenza, tra cui l'esclusione dal voto di Simon Fiduciaria», si legge nella nota Mediaset. Gli effetti immediati più rilevanti sono lo stop alla fusione (e quindi alla nascita di Mfe) e soprattutto al voto maggiorato che blinda Fininvest introdotto appunto da quell'assemblea: temi sui quali pendono le cause di Vivendi che potrebbero andare a sentenza in autunno.

     

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    Per cercare di uscire dall'impasse Mediaset, in vista dell'assemblea del 23 giugno che potrebbe sancire l'ingresso in cda di due o tre rappresentati dei francesi, potrebbe sotterrare l'ascia di guerra e riavviare quel dialogo mai completamente interrotto da legali e advisor con la controparte transalpina.

     

    L'obiettivo è definire una tregua armata - Bolloré e Arnaud de Puyfontaine sono indagati dalla Procura di Milano per manipolazione di mercato - che faccia ripensare la strategia legale impostata da Niccolò Ghedini, avvocato di fiducia del Cavaliere, che finora non ha dato grandi frutti. La soluzione? Rivalutare il dossier Tim.

     

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    Una volta che si procederà allo scorporo della rete (per la fusione con Open Fiber) si può studiare l'integrazione tra quel che resta del gruppo tlc e Mediaset. Tanto più che alla guida dell'ex monopolista di Stato c'è Luigi Gubitosi, manager che ha pure gestito la Rai. In tale scenario italocentrico, se Vivendi dovrà valutare il da farsi sulla doppia partecipazione in perdita (è il primo socio di Tim), un ruolo lo potrà giocare Cdp, a tutela della strategicità di quel Biscione che l'ex premier Massimo D'Alema, definì «un patrimonio da difendere».

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