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    “VOLEVO UCCIDERMI” – LA STORIA DI ÉRIC BRION, IL WEINSTEIN FRANCESE, MESSO ALLA GOGNA E POI SCAGIONATO PER AVER FATTO UN APPREZZAMENTO SUL SENO DELLA GIORNALISTA SANDRA MULLER CHE LO HA ACCUSATO DI AVERLA PERSEGUITATA E MOLESTATA VIA SMS – L’UOMO E' DIVENTATO IL BERSAGLIO DELLA CAMPAGNA #BALANCETONPORC, E' STATO MINACCIATO DI MORTE, MA ALLA FINE UN GIUDICE HA CONDANNATO L’ACCUSATRICE PER DIFFAMAZIONE…


     
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    Stefano Montefiori per il “Corriere della Sera”

     

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    Adesso che ha vinto il processo e che pubblica il libro « Balance ton père (denuncia tuo padre, ndr )», Éric Brion ha una voce calma, e la serenità - conquistata a fatica - di chi stava per uccidersi e ha rinunciato «perché ho pensato alle mie figlie».

    La vita di Éric Brion cambia alle 14 e 06 del 13 ottobre 2017, quando la giornalista Sandra Muller scrive un tweet per lanciare l' hashtag #balancetonporc, la versione francese del #MeToo americano.

     

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     Una settimana dopo l' inizio del clamoroso affare Weinstein, l' idea è imitare le donne americane, rompere finalmente il silenzio e «denunciare il proprio porco», l' uomo che nelle vite di ognuna, in Francia, ha avuto l' impatto devastante del produttore cinematografico (condannato infine nel marzo scorso a 23 anni di carcere per varie violenze sessuali).

     

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    Comincia la stessa Sandra Muller, e denuncia appunto Éric Brion, cinquantenne a lungo responsabile di Equidia, canale tv dedicato all' equitazione. Cinque anni prima, una sera a Cannes, Brion aveva detto a Muller «Hai un gran seno, sei il mio tipo», e di fronte al rifiuto della donna aveva aggiunto andandosene «Peccato, ti avrei fatto godere tutta la notte».

    Secondo Muller, Brion l' aveva «molestata sessualmente e ripetutamente, in un quadro professionale» con quelle parole seguite poi da sms insistenti.

     

    Secondo Brion invece, «l' unico sms che le ho mandato è stato la mattina dopo, per scusarmi. Non abbiamo mai lavorato insieme, non è mai stata una mia dipendente, ci conosciamo perché siamo nello stesso ambiente dei media e lei mi chiedeva di abbonarmi alla sua testata online Lettre de l' audiovisuel .

     

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    Non ho mai insistito, non l' ho mai tormentata, non ho mai violentato né molestato nessuno. Riconosco di avere pronunciato quelle parole, me ne vergogno. Era tardi la sera, avevo un po' bevuto, mi sono comportato male. Ma non tanto da meritare l' inferno».

     

    Éric Brion è stato il primo supposto «porco» del movimento #balancetonporc. Noceventomila tweet, minacce di morte, il Weinstein francese. Solo che, come la sentenza del tribunale avrebbe dimostrato due anni dopo, non era l' obiettivo giusto. «Un danno collaterale», lo avrebbe poi definito l' accusatrice, accecata dalla voglia di difendere la causa a ogni costo. Brion non ha mai negato quelle parole, «ma non riuscivo a credere che per una avance sbagliata e goffa avrei perso tutto».

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    In pochi giorni è diventato un paria. La compagna (che non conosceva all' epoca della serata con Muller) lo ha lasciato, gli amici sono spariti, ha perso i contratti che stava negoziando per l' agenzia di consulenza appena fondata. Un uomo rovinato.

     

    «È stata la morte sociale, e volevo morire del tutto. Ma ho deciso di battermi per guardare di nuovo le mie figlie senza vergogna». Tre mesi dopo il primo tweet, Brion ha denunciato Sandra Muller per diffamazione. Un anno fa il tribunale gli ha dato ragione - nessuna avance ripetuta, nessuna molestia, nessun rapporto di potere, un solo sms, e di scuse - e ha condannato l' accusatrice a 15 mila euro di danni e a 5 mila di risarcimento di spese legali.

     

    «Una sentenza storica - dice Brion - anche se solo di avvocati ne ho spesi oltre 50 mila, gli affari non si sono mai ripresi e la macchia resta».

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    Il suo libro è una lettera alle figlie femministe «perché conducano la sacrosanta battaglia di parità assieme agli uomini che la condividono.

    Quello che mi è successo non dovrebbe capitare più. Invece pochi giorni fa uno chef giapponese non ha retto alla gogna». Il 29 settembre Taku Sekine si è ucciso a Parigi dopo voci di violenze sessuali circolate sui social media e su un sito specializzato, e nessuna denuncia.

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