Gianluca Veneziani per “Libero quotidiano”
glossario del poliamore
«Il triangolo no, non lo avevo considerato», direbbe Renato Zero. E Toto Cutugno chioserebbe con un «Quanti amori, quali amori». Per comprendere cos’è il poliamore si potrebbe buttarla in musica. Oppure risalire all’etimologia e all’aritmetica. Il nome nasce da una relazione multipla: poli-amore, composto di una parola greca (poli, cioè “molto”) e latina (amor), derivato in italiano dal termine inglese polyamory. Il numero in questione è invece il due: da un punto di vista logico, il poliamore intende superare il sistema binario, per cui un rapporto affettivo è pensabile solo tra due soggetti e tertium non datur.
Ciò ha implicazioni da un punto di vista etico, perché il poliamore offre - secondo i suoi promotori - un metodo per affrontare il problema della gelosia in modo più costruttivo, non subire più tradimenti, e soprattutto concedere al partner piena libertà di essere e amare.
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Tematizzato negli Usa all’inizio degli anni ’90, ma figlio dello spirito dell’amore libero anni ’60, il poliamore ha preso piede in Italia sette-otto anni fa: consiste nella possibilità di avere più rapporti affettivo sessuali nello stesso periodo, con il consenso informato di tutti i partner coinvolti. Niente più sotterfugi, scappatelle e menzogne, insomma: tutto avviene alla luce del sole.
«Si tratta», ci dice Luca Boschetto, attivista della comunità poliamorosa e fondatore del sito poliamore.org, «del modo ideale per non forzare la singola relazione amorosa ad assumere una forma definita e totalizzante. Quello che di solito riassumiamo nelle frasi “lei è la mia unica donna”, “lui è ilmio unico uomo” è un tentativo di incasellare la realtà obbligandola dentro regole codificate e condivise».
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Un mito da sfatare, secondo Boschetto, è l’idea che poliamore sia solo un pretesto per avere tanti partner.«Non è così», continua. «Certo, la possibilità di vivere la propria sessualità con più persone è una delle motivazioni. Ma alla base del poliamore c’è sempre una dimensione affettiva e soprattutto la volontà di non essere il carceriere della libertà emotivo-sessuale del proprio partner».
Le relazioni poliamorose possono declinarsi in varie tipologie tante quante sono gli individui che le vivono. «Si va», nota Boschetto, «dalla coppia aperta, in cui al centro restanoi due partner e tutte le altre interazioni avvengono a livello ludico, al poliamore in senso proprio, in cui fondamentale è l’individuo e la sua autodeterminazione: alcune sue possibili configurazioni sono le triadi, che prevedono rapporti erotico-affettivi a tre, le relazioni a V, in cui un soggetto ha legami amorosi con due partner, i quali a loro volta però non hanno fra loro un legame romantico; e poi ancora i poliamorosi esclusivi (che si legano solo ad alcune persone, senza prevedere altri rapporti occasionali), poliamorosi aperti (che coltivano più relazioni senza vincoli di esclusività) e poliamorosi casti, che vivono l’amore ma non il sesso.
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Un mondo sfaccettato che si può sintetizzare nell’immagine della rete: io ho un compagno, il quale ha una compagna, che ha a sua volta un compagno ecc. Una sorta di grande famiglia allargata». Questo universo accorpa in Italia alcune migliaia di persone, che fanno capo, tra le altre, all’associazione R.Eti per la promozione delle relazioni etiche non-monogame «dove si va per scambiare le proprie esperienze e confrontarsi e, solo in seconda battuta, per incontrarsi e conoscersi».
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Avvicinandosia quella comunità, Monica, bisex di 34 anni, sente di aver realizzato il suo sogno di «amore inteso come rete, tribù, vissuto in profondità ma anche in estensione, con la condivisione di tempi e spazi con più partner». E in quel mondo Dario Caregnato, afferma di aver trovato la sua identità più autentica, maturando da una visione di poliamore esclusivo al poliamore aperto: «Prima di avvicinarmialla comunità poliamorosa vivevo la molteplicità delle mie relazioni provando sempre a costringerle in una forma. E sentivo costantementela paura del rifiuto e dell’incomprensione da parte di chi aveva relazioni monogame. Da quando mi sono confrontato con il gruppo di R.Eti ho capito che un rapporto affettivo non richiede una definizione perchél’amore non è un dato ma un’arte che si impara».
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«Non si tratta di poligamia», fa notare Boschetto, «perché parliamo di una modalità relazionale e non di un’unione codificata da un punto di vista istituzionale o religioso. E poi perché è una rete di rapporti valida tanto per l’uomo che per la donna, fondata sull’assoluta parità di genere».
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Allo stesso modo è bene chiarire che il poliamore riguarda non solo rapporti etero, ma anche omosessuali, a volte coltivati contemporaneamente. E che, come altre forme di unioni, reclama a sua volta diritti: «Nell’assistenza al proprio compagno o compagna in ospedale o nel diritto all’accudimento del figlio di uno dei partner un poliamoroso è sprovvisto di tutela giuridica», rileva Emanuela, socia fondatrice di R.Eti. In Colombia si sono fatti dei passi in questo senso, con il riconoscimento della prima relazione poliamorosa tra tre uomini.
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«Ma si tratta solo di un patto tra privati», avvisa Boschetto. «Sarebbe necessario è il riconoscimento della tutela verso terzi. È assurdo che, in caso di scomparsa dei genitori biologici, un bambino non possa avere, tra i riferimenti adulti che se ne prendano cura, anche i compagni poliamorosi di mamma e papà che magari abbiano condiviso il progetto genitoriale sin dalla nascita».
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