Giuseppe Scaraffia per il Messaggero
fiat tipo 4 usata a fiume
Mio caro Senatore, l’Automobile è femminile. Questa ha la grazia, la snellezza, la vivacità d’una seduttrice; ha, inoltre, una virtù ignota alle donne: la perfetta obbedienza.
Le sono riconoscentissimo di questo dono elegante e preciso. Ogni particolare è curato col più sicuro gusto, secondo la tradizione del vero artiere italiano», scriveva nel 1926 Gabriele d’Annunzio a Giovanni Agnelli ringraziandolo della Fiat 509 che gli aveva regalato.
Con questa lettera il Vate sbaragliava definitivamente Filippo Tommaso Marinetti, fautore della declinazione al maschile. È appena andata all’asta, a cura della ditta Pandolfini, una delle magnifiche auto della collezione dannunziana, l’Alfa Romeo Soffio di Satana vermiglia, comprata dal Vate nel1935.L’autoeradotata,susuaprecisa indicazione accompagnata da disegni esplicativi, di un’accurata rifinitura in pelle con tasche laterali «per riporvi piccole cose utili».
simenon
Indimenticabile la leggendaria decapottabile Fiat Tipo 4 nera e bordeaux con cui D’Annunzio fece il suo ingresso sotto la pioggia a Fiume. Nel 1936 l’epica Isotta Fraschini otto cilindri blu con i sedili rossi era in grado di spingersi, record inaudito, a 150 km/h. Amico di un grande pilota, Tazio Nuvolari, lo scrittore gli aveva donato una spilla portafortuna, una tartarughina d’oro di Buccellati con un’incisione, “All’uomo più veloce l’animale più lento”.
Ma D’Annunzio oltre alle auto collezionava anche le multe per “indebita velocità”. Una passione che si estendeva al suo autista. Paul Valéry, terrorizzato confessò: «Mi sentivo portar via le palle degli occhi e mi dicevo che non avrei più rivisto la terra francese». Il poeta non era solo un distratto fruitore di quel “cuore metallico”, ma scriveva spesso al suo autista dimostrando una notevole competenza:
scott fitzgerald e zela sulla marmon
«Durante la stagione invernale è bene che tu tenga il radiatore parzialmente coperto, specialmente se la vettura è soggetta a frequenti arresti ed avviamenti, poiché il motore potrà così rapidamente raggiungere la temperatura di regime, assicurando una completa vaporizzazione della benzina». Il culto per la velocità era condiviso da un noto collega francese, Paul Morand, che si lanciava all’alba su un bolide a gran velocità, per arrestarsi molte ore dopo, affranto dalla fatica, in qualche luogo sconosciuto.
Gareggiava in folli corse con il pittore André Derain, anche lui su una Bugatti. Ammetteva: «Voglio sempre le auto più rapide» ma, vari anni dopo, non gli sarebbe bastata neppure l’Aston-Martin, su cui sfiorava i duecento all’ora. Nel primo dopoguerra gli scrittori amavano le auto. Scott Fitzgerald aveva sperimentato i capricci di una superba, acciaccata Marmon, prima di sfidare i tornanti della Costa Azzurra alla guida di una piccola Renault cui aveva fatto togliere il tetto.
scott fitzgerald con la figlia
Non erano solo i velocisti ad amare le macchine: anche Aldous Huxley che per la sua semicecità doveva affidare il volante alla moglie, era un cultore dell’auto. Prima della celebre Bugatti rossa, destinata ad essere confiscata dai nazisti, c’era stata l’indimenticabile Citroen 10 cv su cui avevano percorso migliaia di chilometri. Quando Vladimir Nabokov decideva di scrivere in auto – «L’unico posto in America senza rumore e correnti d’aria» – la moglie si metteva al volante, parcheggiava sotto un albero e si dileguava in silenzio.
paul morand sur bugatti type 35
«Ho una splendida Lancia e, se voglio, un autista capace di farla andare a tutta velocità», si vantava Ernest Hemingway che si sedeva sempre davanti con l’autista. Indimenticabile la Chrysler New Yorker cabrio del 1955, bianca con ruote dipinte di rosso che usava a Cuba. Il che non gli impediva di possedere anche una luccicante Chrysler nera. Georges Simenon amava le auto americane, dall’enorme Chrysler fatta arrivare apposta, alla maestosa Dodge, una station wagon bianca.
Il che non gli aveva impedito di esibirsi davanti a Maxim’s su una lussuosa Delage scoperta «dal lungo muso areodinamico», Simenon si inteneriva pensando alla sua «stupefacente» Buick. Per non parlare della Mercedes decapottabile «con un motore potente, silenzioso», i sedili di cuoio azzurro e la carrozzeria grigio chiara che «al sole sembra bianca». Non aveva potuto resistere a una Rolls-Royce Blue Mist di un tenue azzurro spento. Ma aveva avuto una stretta al cuore al momento di regalare al figlio la MG nera «che era un po’ il mio giocattolo».
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