Francesco Persili per Dagospia
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"Questo è il mio allenatore? Ma è matto?". Guardiola non credette ai suoi occhi quando vide Carletto Mazzone correre sotto la curva dei tifosi dell’Atalanta dopo il 3-3 del Brescia. All’allora direttore sportivo delle Rondinelle, Gianluca Nani, seduto in tribuna accanto a lui, l’attuale tecnico del Manchester City disse: “Ma le partite in Italia sono tutte così?”.
Si ride e ci si commuove con il docu-film su Prime Video di Alessio Di Cosimo, “Come un padre”, che racconta vita, carriera, incazzature e battute del “Sor Magara”, al secolo Carlo Mazzone. “La corsa sotto la curva dell’Atalanta? Erano 20 anni che non facevo uno scatto del genere, sono arrivato con il cuore in gola. Le provocazioni erano tante. Mi è stata toccata mia madre e la mia città…”
Guardiola, a ripensare agli anni di Brescia con lui, Pirlo, Roberto Baggio, pennella: “Fu una lezione d’umiltà, che nella vita serve tanto. A Brescia si vinceva poco, ma quando si vinceva si godeva veramente". Calcio dai piedi buoni e valori umani. Le magie del “Divin Codino” e il premio salvezza devoluto al figlio di Vittorio Mero scomparso in un incidente stradale.
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Nella tutela e valorizzazione del talento calcistico Mazzone resta un punto di riferimento. Ha accompagnato l’esplosione di Totti (“Sapeva come gestirmi, se ci fosse stato lui, ancora sarei in campo”), reinventato Pirlo centrale davanti alla difesa, rilanciato Baggio e Signori, che ricorda quando si presentò negli spogliatoi del Bologna: “Ahò, 24 teste non riesco a capirle, famo che voi cercate de capì la mia”.
Dopo la prima rete di Beppe gol in maglia rossoblù alla Roma, gli mormorò: “Per la prima volta so’ contento che un laziale fa un gol contro la Roma”. Il fedelissimo Enrico Nicolini: “Ogni anno Mazzone ha vinto lo scudetto dell’onestà”. Su di lui nemmeno una nuvola, un’ombra, un sospetto quando la serie A fu attraversata dallo scandalo scommesse: “Amava ripetere: ‘Posso dire di tutto a tutti ma non tutti possono dire di tutto a me”. Nel finale avvelenato della stagione 99-00, la vittoria del suo Perugia all’ultima giornata contro la Juve consegnò lo scudetto alla Lazio. Lui gonfiò il petto e piazzò la stoccatina: “C’è voluto un romanista per far vincere un campionato alla Lazio”.
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“Difensore scivoloso, difensore pericoloso”, Marco Materazzi ricorda i moniti di Carletto e vede delle analogie tra il “Sor Magara” e Mourinho: “Entrambi creano un ambiente speciale in cui tutti sono pronti a buttarsi nel fuoco”. Il segreto per andare d’accordo con lui? “Vuoi essere il miglior amico mio? Gioca bene”.
Cappioli demolisce il luogo comune di Mazzone catenacciaro: “Ma che difensivista, al Cagliari attaccavamo come matti”. Nell’ultimo anno di Roma 3-4-3, e via andare. Solo un gol di Vavra ai tempi supplementari della partita di ritorno con lo Slavia Praga gli negò la semifinale di Coppa Uefa. Prima dell’addio alla sua Roma, si avvicinò negli spogliatoi a Di Biagio e gli sussurrò: “Ahò, non avemo vinto niente ma ammazza le risate che se semo fatti…”
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