Luca Marfé per "www.ilmattino.it"
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Lo scoop del Wall Street Journal è una vera bomba: diversi agenti dell’Fbi sono stati richiamati in patria perché sarebbero coinvolti in uno scandalo a luci rosse. Nel mirino ci sono varie città dell’Asia, ma le accuse al personale americano di stanza in Oriente convergono tutte su “festini” e non meglio precisate “interazioni con prostitute”.
Gli inquirenti sono al lavoro su un dossier potenzialmente esplosivo ed il Bureau, attraverso un proprio portavoce, alza subito la guardia.
«Tutti i nostri uomini sono legati ai più alti standard di condotta e qualsiasi accusa a loro rivolta viene esaminata molto seriamente».
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E ancora: «Non appena messi al corrente dei sospetti relativi a determinati comportamenti, sono state adottate delle misure volte a riassegnare il personale in oggetto a ruoli non operativi, in attesa che le stesse accuse vengano esaminate».
“Devozione, coraggio, integrità”. È questo lo slogan del Federal Bureau of Investigation sin dall’anno della sua fondazione, risalente oramai a più di cento anni fa (1908, ndr).
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Parole importanti che tremano, però, assieme alle mura del civico 935 di Pennsylvania Avenue, in quel di Washington.
Non è la prima volta, peraltro, che i servizi segreti a stelle e strisce finiscano nel vortice dell’immoralità. Già nel 2012 infatti, durante i lavori di preparazione per una visita ufficiale in Colombia dell’allora presidente Barack Obama, una decina di agenti erano stati oggetto di un’inchiesta orbitante attorno a delle prostitute.
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Nel 2015 invece altri volti dell’amministrazione americana, addirittura in carica nella Dea, l’agenzia federale antidroga, avevano preso parte a dei festini organizzati…dai cartelli della droga.
Vicende spinose che rischiano di gettare fango e ombre sui 36mila “devoti, coraggiosi e integri” dell’Fbi.
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