Estratto dell'articolo di Marisa Fumagalli per il "Corriere della Sera"
walter chiari
In occasione dei cent'anni dalla nascita di Walter Chiari (8 marzo 1924) riproponiamo un'intervista esclusiva che rilasciò alla Domenica del Corriere nel 1984.
Walter Chiari entra come una furia nella stanza del residence dove lo sto aspettando da più di tre ore, m'investe con un abbraccio e si scusa per il ritardo, sfoderando un sorriso disarmante da ragazzo, nonostante i suoi sessant'anni suonati. L'aspetto è trasandato, i capelli arruffati, la tenuta «casalinga
[…]«Da quando ho letto sui giornali la storia assurda che io sarei sotto tiro perché un bastardo mi incolpa di avere smerciato chili di cocaina, sono uscito dai gangheri, non dormo la notte, mangio sregolatamente, insomma vivo in continua tensione. Intendiamoci, non perché abbia il timore di essere incastrato. Ho la coscienza a posto. Ma, capisci, al solo pensiero che io possa rischiare di trovarmi gratuitamente nei guai per le illazioni di un folle, mi spaccherei la testa contro il muro.
walter chiari marisa maresca
Vorrei, per uscire in fretta da questa brutta storia, che i giudici mi chiamassero subito e mi facessero trovare faccia a faccia con Gianni Melluso, questo giustiziere da quattro soldi che alza il dito e accusa Tortora, Califano, me e chissà quanti altri ancora... Sai che farei, se lo avessi davanti agli occhi? Gli mollerei un cazzottone e lo stenderei a terra. Così, se proprio dovrò andare in galera, mi sarò tolto almeno una soddisfazione».
[…[ Il popolare comico, fra l'altro, ha già provato sulla propria pelle che cosa significhi avere a che fare con la giustizia. Quattordici anni fa, infatti, fu rinchiuso tre mesi in carcere per una storia di droga, dalla quale fortunatamente uscì poi scagionato.
WALTER CHIARI A FREGENE IN UNA FOTO DI PAOLO DI PAOLO
Le accuse di Melluso
Oggi, a chiamarlo in causa è, per l'appunto, Gianni Melluso, detto «il bello», il pentito appartenente alla banda del boss della mala milanese Francis Turatello (ucciso per vendetta di Raffaele Cutolo nell'8l), che, nelle sue confessioni rese ai giudici napoletani Di Pietro e Di Persia, dopo aver accusato Enzo Tortora, ha riferito di aver venduto pacchi di cocaina al cantante Franco Califano (attualmente in prigione), a Walter Chiari e alla sua giovane amica Patrizia Caselli, i quali, oltre a farne uso personale, l'avrebbero anche smerciata.
WALTER CHIARI SARCHIAPONE 2
«Voglio le prove da quel viscido cobra»
«Vorrei che quel viscido cobra di Melluso, che sprizza dai suoi dentini da latte veleno contro tutti, tirasse fuori le prove della mia attività di spacciatore, invece di parlare a vanvera» inveisce Walter Chiari.
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«Conosco la cocaina da 40 anni»
«[…] non ho alcuna remora (e non importa se le mie dichiarazioni faranno gridare allo scandalo) a confessare che l'esperienza della cocaina, soltanto della cocaina, non è estranea alla mia esistenza. Oggi, forse, posso ammetterlo senza la paura di venire criminalizzato, o almeno spero sia così: so che cos'è la cocaina, l'ho osservata da vicino e l'ho anche provata. E non esito a definirla, come hanno già spiegato meglio di me Freud, Lombardo Radice ed altri: "una sostanza che serve ad allungare i fili della familiarità, della socializzazione; una sostanza che ti rende, all'occorrenza, più lucido ed efficiente". Conosco questa droga da quarant'anni, da quando cioè la vidi circolare tra gli artisti che la usavano per affrontare con più grinta gli stress, le fatiche di lunghe ore in palcoscenico».
Lelio luttazzi Walter chiari
La droga negli show e al ristorante
«Ricordo, scavando nella mia memoria, che i ballerini di un famoso spettacolo, i quali, durante la danza, dovevano portare per cinque minuti sulle loro spalle Wanda Osiris, la grande soubrette, ne prendevano una piccola dose sia prima sia dopo l'esibizione. «Allora io avevo vent'anni e mi consideravo un salutista convinto. Coltivavo la mia forma fisica attraverso lo sport, le nuotate in piscina, le lunghe pedalate in bicicletta. Perciò, pur guardando con tolleranza a quei colleghi che si concedevano qualche sniffata, non mi sentivo minimamente attratto verso quel genere di esperienza. Eppure, le occasioni mi passavano sempre più vicino. Ho ancora oggi impressa negli occhi l'immagine di un gruppo di piloti che, ogni notte, incontravo in una saletta appartata del ristorante Diana di Bologna: erano in cinque, ospiti fissi, giocavano a carte e tiravano coca con estrema tranquillità […] Dissi sempre di no».
Lelio luttazzi Walter chiari
«La mia prima volta»
«Finché, nel 1949, arrivò anche la mia prima volta. Ad iniziarmi a quell'esperienza fu, per la verità, non un pilota ma una donna. La donna con la quale da giovanotto avevo scoperto l'amore e le gioie (non mercenarie) del sesso. Lei era una compagna di palcoscenico, una stupenda ragazza, di cui, per ovvi motivi, tacerò il nome. La nostra fu una relazione molto intensa e molto felice per parecchi mesi; poi, a un certo punto, cominciò a mostrare i primi segni di crisi».
«Cedetti al richiamo della cocaina»
walter chiari lucia bose'
«Non si trattava di una crisi di sentimenti, bensì di una sorta di logoramento, di stanchezza, soprattutto da parte mia. Per spiegarlo con parole esplicite, in quel periodo succedeva sempre più spesso che, durante i momenti di intimità, i quali seguivano a lunghe e stressanti giornate di lavoro (erano tempi in cui, per sbarcare il lunario, mi esibivo in più spettacoli giornalieri), non riuscivo ad esprimere pienamente la fantasia, la creatività che un autentico rapporto sessuale richiede. Così, una notte, cedetti anch'io al richiamo della cocaina. Fu la mia donna, che già ne conosceva i segreti, a propormela. Mi lasciai trascinare da lei».
Lelio luttazzi Walter chiari
[…] a distanza di quasi quarant'anni da quel mio primo approccio con la droga, mi è capitato altre volte di far uso di cocaina, tuttavia non sono diventato un tossicodipendente, non sono precipitato in un baratro, non mi sono abbrutito. E oggi, a sessant'anni, se guardo al mio passato, non rinnego alcuna delle mie scelte. Neppure quelle che possono sembrare più spericolate». […]
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