1 – COMMISSIONE UE, BRACCIO DI FERRO MERKEL-MACRON SULLA PRESIDENZA
Beda Romano per www.ilsole24ore.com
merkel con manfred weber
Terminata la tornata elettorale, sono iniziate le difficili trattative tra i Ventotto in vista della nomina di una nuova dirigenza comunitaria. A ridosso di una cena martedì sera qui a Bruxelles durante la quale i capi di Stato e di governo faranno un primo giro di tavolo, i governi di Francia e Germania hanno confermato di avere posizioni divergenti. Mentre Berlino è a favore di garantire al capolista popolare la presidenza della Commissione europea, la Francia si è detta nuovamente contraria.
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Quattro sono le cariche che verranno a scadere nei prossimi mesi. Oltre alla presidenza dell'esecutivo comunitario, in scadenza sono anche le cariche di presidente del Consiglio europeo, di Alto Rappresentante per la Politica estera e di Sicurezza e di presidente della Banca centrale europea. Le quattro nomine vanno considerate insieme, ha spiegato a inizio mese l'attuale presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, garantendo un equilibrio politico, geografico e di genere.
Le possibili alleanze in Europa
MERKEL E MACRON SGHIGNAZZANO
Indebolito dal risultato elettorale di domenica, che ha visto il Rassemblement National di Marine Le Pen superare la République en Marche (LaREM), il presidente Emmanuel Macron ha incontrato in queste ultime ore le sue controparti olandese, portoghese, spagnola, oltre ad avere parlato domenica sera con la cancelliera tedesca Angela Merkel. Alla radio RTL, l'esponente LaREM Pascal Canfin ha teso ieri la mano agli ecologisti, rifiutando il principio dello Spitzenkandidat.
«Vogliamo formare al Parlamento europeo una coalizione maggioritaria», ha detto l'uomo politico, confermando che la Francia, e più in generale i liberali europei, non credono che presidente della Commissione europea debba essere per forza il capolista del partito vincente, in questo caso il popolare tedesco Manfred Weber. Di avviso contrario sono i democristiani tedeschi i quali domenica sera hanno ribadito il loro pieno appoggio all'attuale capogruppo popolare al Parlamento europeo.
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Prima della cena, nella quale i Ventotto daranno ampio mandato al presidente Tusk di trovare i giusti candidati, a esprimersi sulla questione saranno i capigruppo parlamentari. «Dobbiamo capire se decideranno di confermare il principio dello Spitzenkandidat o meno», nota un diplomatico nazionale. Parigi non è sola nel rifutare questa formula che limita il potere di scelta attribuito dai Trattati ai governi. L'obiettivo di Donald Tusk è di trovare un accordo al summit europeo di fine giugno.
Dopo essere rimasta per settimane una tra quattro Spitzenkandidaten liberali alla presidenza della Commissione, Margrethe Vestager è uscita allo scoperto domenica. L'attuale commissaria alla concorrenza potrebbe beneficiare del buon risultato liberale, e dimostrarsi un candidato di compromesso. Al tempo stesso, è delicato abbandonare il principio di Spitzenkandidat quando si tratta di nominare Manfred Weber, per poi recuperare lo stesso principio per scegliere la signora Vestager.
La successione a Draghi
manfred weber
Come detto, le quattro nomine sul tavolo saranno trattate in quanto pacchetto, in modo da ottenere i diversi equilibri politici, geografici e di genere. In parte fa gioco a sé la carica di banchiere centrale. Gli aspetti tecnici prevalgono su quelli politici o anche nazionali. Tradizionalmente, il consiglio direttivo della Bce non vuole vedersi imporre un presidente dai governi, e si deve immaginare che il presidente Mario Draghi abbia fatto o farà conoscere ai Ventotto la sua preferenza.
I canditati non mancano: i francesi Benoît Cœuré e François Villeroy de Galhau, i finlandesi Olli Rehn e Erkki Liikanen, e possibilmente il tedesco Jens Weidmann. La Germania vuole avere un uomo fidato alla guida della banca, ma sa altresì che nominare un tedesco rischia di limitare paradossalmente il suo margine di manovra. E' più facile criticare da fuori una politica monetaria ritenuta lassista piuttosto che essere costretti in un ruolo a cui viene imposto di rispettare il consenso tra i banchieri centrali.
2 – WEIDMANN VERSO IL VERTICE BCE
Francesco Ninfole per “MF”
MARIO DRAGHI JENS WEIDMANN
Jens Weidmann, attuale presidente della Bundesbank, è vicino a diventare il numero uno della Bce da novembre, al termine del mandato di Mario Draghi. Sarebbe il primo presidente tedesco dell' istituto centrale. La cancelliera Angela Merkel era inizialmente orientata a ottenere il vertice della Commissione Ue, per sé o per lo spitzenkandidat dei popolari europei, Manfred Weber. Ma questo piano ha trovato l' opposizione del presidente francese Emmanuel Macron, che ha già espresso un forte sostegno alla candidatura di Michel Barnier e farà pesare il ruolo di En Marche, in assenza di una maggioranza tra popolari e socialisti.
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Di conseguenza a Berlino non potrà sfuggire la presidenza Bce, che in passato era già finita a un francese, Jean-Claude Trichet. Si tratta di un passaggio carico di conseguenze per l' Italia. Il lato positivo è che la nomina di Weidmann obbligherebbe di fatto alle dimissioni Sabine Launtenschlaeger, altro membro tedesco del comitato esecutivo. In sostanza si ripeterebbe lo scenario che ha riguardato Lorenzo Bini Smaghi al momento dell' arrivo di Draghi al vertice Bce nel 2011.
anche jens weidmann ha i suoi momenti gordon gekko
Per una regola non scritta i maggiori Paesi dell' Eurozona hanno sempre avuto un esponente nel board. Così si aprirebbe la strada per un italiano al posto di Lautenschlaeger. Lo stesso sarebbe accaduto con un presidente Bce francese, che avrebbe liberato il posto nel comitato esecutivo di Benoit Coeuré (in scadenza a fine 2019, due mesi dopo Draghi). L' Italia sarebbe invece rimasta a secco con un presidente finlandese, perlomeno fino al dicembre 2020, termine del mandato del lussemburghese Yves Mersch.
Weidmann suscita però timori nel Sud Europa per l' intransigenza mostrata in passato: il numero uno dalla Bundesbank ha votato contro le principali misure varate dalla Bce, come il piano antispread (Omt) e il Quantitative easing (Qe). In un intervento del 16 maggio Weidmann si è mostrato più sensibile alle posizioni dei Paesi del Sud, dichiarando «giustificate» le domande sulla sostenibilità del surplus commerciale tedesco nel lungo termine. Inoltre ha riconosciuto che l' economia europea sarebbe stata «più debole» senza le misure straordinarie di politica monetaria, tra cui appunto il Qe.
olli rehn
Molti osservatori hanno letto in queste parole un segnale di un probabile futuro in Bce. Domenica Weidmann ha comunque aggiunto che Francoforte al momento non ha bisogno di cambiare politica monetaria nonostante il rallentamento dell' economia: «Non c' è una situazione per cui i prezzi stanno scendendo e dobbiamo reagire subito», ha sottolineato. Il Consiglio direttivo del 6 giugno deciderà il tasso e le condizioni dei nuovi rifinanziamenti a lungo termine per le banche (Tltro). Guardando più avanti, il nuovo presidente avrà un ruolo decisivo nel definire l' orientamento della Bce post Draghi.
janet yellen jens weidmann steven mnuchin
Economia permettendo, si dovranno studiare le modalità per uscire dell' epoca dei tassi zero, sperando che non sia necessario verificare anche la capacità della banca centrale di affrontare eventuali situazioni di crisi dello spread. In ogni caso c' è chi preferisce un candidato forte come Weidmann a nomi più deboli, come quelli dei finlandesi Erkki Liikanen e Olli Rehn, che comunque introdurrebbero politiche vicine alla Germania. (riproduzione riservata)