Estratto dell’articolo di Enrico Caiano per www.corriere.it
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[…] Willem Dafoe, che incontriamo a Milano reduce dalla promozione di Povere creature!, […] in Finalmente l’alba […] da mercoledì 14 febbraio nelle sale italiane dopo esser stato in concorso alla Mostra di Venezia 2023, è Rufus Priori, un uomo d’affari che gravita nel mondo dell’arte e in quello del cinema di un’Italia anni Cinquanta in stile Dolce vita di Fellini. Dà l’idea di essere l ‘unico ad aver colto l’ansia mista a paura che attraversa la protagonista Mimosa (la 19enne debuttante Rebecca Antonaci), ragazza semplice di famiglia popolana, precipitata in un mondo notturno più grande di lei e pieno di insidie.
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[…] Si definisce, ragionando del film di Costanzo, «un outsider, proprio come lei. Ma anche un insider di quell’ambiente, un gallerista che osserva quel mondo e ne capisce le sfumature; che è amico della diva hollywoodiana protagonista del film nel film ma nello stesso tempo sa tenere le distanze da lei». Un piccolo ruolo velato di mistero ma positivo, che recita per la prima volta tutto in italiano, nel “suo” italiano, già un cameo imperdibile. […]
L’ACQUISTO DI UNA FATTORIA, IL LOCALITÀ SEGRETISSIMA
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Vive da noi dal 2005, quando sposò Giada. E dal 2018 è anche cittadino italiano. Ama il nostro Paese, come il suo grande amico e complice Abel Ferrara - tanti i film insieme - vicino di casa nel quartiere romano dell’Esquilino, zona di Piazza Vittorio. Per questo ormai comincia a irritarsi quando gli chiedono se gli piace Roma: «e basta, neanche fossi un turista!», nota piccato. Certo che gli piace. Come la campagna romana, dove racconta (subito pentendosene...) di avere acquistato da poco una fattoria, che tiene ovviamente segretissima: la privacy è una variabile fondamentale della sua vita italiana.
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Non sa dire se e quanto l’Italia Anni 50 raccontata nel film sia diversa da quella di oggi, «con la globalizzazione stiamo diventando tutti la stessa cosa», ma ammette che «una delle particolarità meravigliose degli italiani - e anche una di quelle di cui più si lamentano di loro stessi - è che le tradizioni godono di ottima salute, sono forti. Insomma, sapete mantenerle bene. E in un mondo occidentale che perde sempre più identità io questo lo apprezzo».
Non chiedetegli però una definizione degli italiani con cui divide pezzi di vita da quasi 20 anni perché torna a galla il suo innato perfezionismo: «Sono uno che passa la maggior parte del tempo a fare film e ha una vita del tutto particolare e privilegiata per poter dare giudizi. E poi è giusto che un attore non esprima troppe opinioni personali, altrimenti finisce che al cinema la gente lo identifica con una certa visione delle cose e c’è il rischio che possa non apprezzarlo più nel suo ruolo di attore». […]
OLTRE 120 FILM DAL 1981
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Dopo 120 e passa film dal 1981 a oggi non si può certo pensare che sia una questione economica che lo spinge ad andare spesso Oltreoceano per vestire i panni del Green Goblin dei film di Spider-Man, del consigliere di Aquaman, Vulko, o più in là nel tempo quelli di John Geiger di Speed 2 ma anche di Marcus, mentore di John Wick/Keanu Reeves. […] «Credo che un attore debba avere questa flessibilità, e anche alcuni registi secondo me sbagliano quando rinunciano a dirigere lavori con grossi budget a favore soltanto dei piccoli film». […]
Dagli accenti di forte spiritualità, quasi mistici, con cui racconta il suo mestiere capisci che è un uomo che lì ha trovato un senso al suo stare nel mondo. E mai lo abbandonerà. Eccolo: «L’atto del recitare è qualcosa di misterioso per me, qualcosa che cambia in continuazione», spiega. «Non annoia mai e nello stesso tempo tu che reciti non arrivi mai a un risultato finale, davvero conclusivo. Cerchi di migliorarti sempre più ma intanto ti accorgi che non c’è traguardo, la perfezione non la puoi raggiungere... La performance di un attore è qualcosa che tu che stai recitando non puoi totalmente controllare. Ed in questo sta la sua bellezza!».
Giada Colagrande e Willem Dafoe
E ancora: «Io voglio essere trasformato, voglio essere qualcun altro, questo mi attrae nel mio lavoro. E non perché disprezzi me stesso, anzi. Ma perché voglio elevare me stesso, la mia sensibilità, la mia compassione verso gli altri. Alla fine del processo credo si arrivi ad essere più indipendenti mentalmente. Recitare ti aiuta ad aprire te stesso, è un qualcosa di utile alle persone che ti guardano ma anche a te medesimo, può farti conquistare momenti di spiritualità».
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[…] Possiamo scommettere che non vedremo mai Willem Dafoe recitare in una serie: «Come ho detto prima il regista è molto importante per me. E in una serie tv i registi cambiano in continuazione, c’è lo showrunner che decide. E poi nel cinema una delle possibilità che ha il regista è di fare un film che solo lui vuole, senza dover avere sempre un occhio al pubblico. A me piace anche il cinema non narrativo ma la televisione non può uscire dalla gabbia narrativa. Trovo che ci sia più gestione produttiva e meno libertà creativa. E tutto questo per me è molto meno... sexy».
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Precisa di avere «rispetto di tutti coloro che le fanno, le serie» ma di non riuscire «a salire sull’autobus di una storia ed andare avanti preso per mano e staccando il cervello». E poi, la differenza definitiva: «Quando entri in un cinema devi prestare attenzione a quel che vedi sullo schermo mentre davanti alla tv la gente è distratta, vede una parte e ne tiene un’altra per il giorno dopo... Un film invece ti chiede partecipazione, è una continua sfida». A proposito di sfide, una che Willem ha vinto da tempo è quella con il proprio corpo. Elastico, sempre giovane, perfetto. Grazie all’ora di yoga Ashtanga che ogni giorno pratica, grazie a una dieta vegetariana portata avanti da tempo.
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Saverio Costanzo raccontava che a cena a Milano Dafoe mandava occhiatacce alle sue bistecche, rinforzando quelle della sua compagna Alba Rohrwacher, anche lei vegetariana e tra i protagonisti di Finalmente l’alba nel ruolo di Alida Valli. Tanto che quando lo ha visto “scofanarsi” un piatto di vongole era quasi contento, rassicurato sul fatto che almeno non fosse vegano. […]
Con un fisico così asciutto e scattante, davanti al numerino 70 che gli buttiamo lì nella conversazione, ovvero i suoi anni nel 2025 in arrivo, si fa una gran risata: «In realtà devo dire che sono sorpreso dalla mia età», confessa[…]
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In tema lo choc più forte lo ha provato qualche tempo fa, «quando ho saputo della morte della mia prima fidanzata, che aveva quasi 10 anni più di me. “Come è potuto succedere, era giovane!”, sono insorto. Mi hanno risposto che sì, era giovane... ma andava per gli 80 anni». Giovane è la sua “Giady”, la moglie regista Giada Colagrande sposata nel marzo 2005. Dopo che si erano conosciuti sul set di uno dei primi successi di Wes Anderson, Le avventure acquatiche di Steve Zissou, del 2004. […]
Giada Colagrande e Willem Dafoe
Vedendolo saltare da un set all’altro in giro per il mondo a nessuno verrebbe mai di identificarlo con un nonno. Eppure, Oltreoceano, ci sono due bambini che lo chiamano così: sono i figli del suo Jack, 42 anni, avuto da quella che è stata la sua compagna per 27, prima che arrivasse Giada, l’unica moglie […] Sui piccoli cade il velo della privacy ma di Jack, il suo erede, parla volentieri: ne va orgoglioso. E lo fa in italiano: «Mi piace molto, è una brava persona. Fa l’avvocato. Prima lavorava sui temi dell’ambiente. Ora è assistente di alcuni giudici, perché si appassiona tantissimo all’interpretazione delle leggi». Par di capire che sia anche un fervente anti trumpiano.
L’AMERICA CHE NON GLI PIACE
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Un po’ come il padre, insomma... «L’ultima volta che sono stato in America, a New York», precisa senza tentare di nascondere il tono preoccupato, «ho trovato un’atmosfera influenzata da una cultura di protesta, figlia della paura. C’è preoccupazione per come sono diventati i ragazzini, che non hanno praticamente più rapporti tra loro ma soltanto con tablet e cellulare. Gli adulti li guardano con paura e sentono di stare perdendo potere, specialmente i bianchi avvertono di non avere più un posto preminente nella società. E questa situazione li spinge a rimpiangere l’America del passato e a puntare su Trump. Ma certo lui non avrà mai il mio voto». […]
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UN GIORNO SUL RED CARPET, L’ALTRO IN STALLA
E allora eccolo diventare sempre più italiano mentre racconta entusiasta, nella nostra lingua, la sua passione segreta: fare il contadino nella tenuta fuori Roma da poco acquistata. «Il lavoro nella mia fattoria è impegnativo ma adoro gli animali e le cose semplici», confessa serafico. «Mi piace occuparmi dell’orto e trovo che questo tipo di vita mi sia sempre più necessaria per mantenere l’equilibrio con l’altra parte».
La dice proprio così, diretta: «Non sa quanto mi piace che un giorno sono sul tappeto rosso, sotto i flash dei fotografi che scattano a ripetizione e il giorno dopo sto a pulire le stalle e ho entrambe le ginocchia profondamente immerse nella cacca. Adoro questo contrasto. Mi rendo conto di non preferire né l’una né l’altra situazione in assoluto. Ma mi sto anche rendendo conto che ormai non ci potrà più essere una delle due se poi non c’è pure quell’altra». Scherzi dell’Italia, caro Willem. Dopo quasi vent’anni stai cominciando a capirla. E non è poi così male.
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