Ilaria Bianchin per www.gazzetta.it
YONGHONG LI
Il calcio è così: dietro un dribbling di Suso ci sono soldi e scadenze. L’economia controlla il pallone e il Milan è arrivato a quel momento: i dribbling sono in pausa – pausa per le nazionali – e questi sono i giorni in cui si capirà chi riuscirà a pagare e, di conseguenza, a comandare. Prima dei ragionamenti, subito la considerazione finale. Spoiler: Li Yonghong è sempre più in difficoltà.
Non uscirà di scena domani mattina, ma per restare al comando del Milan dovrà innanzitutto adempiere ai futuri obblighi da azionista di riferimento, visto che è stato appena deliberato un nuovo aumento di capitale da 37,4 milioni. E contestualmente trovare in fretta il modo di rifinanziare il suo debito con Elliott, il fondo anglo-americano che un anno fa prestò i 303 milioni decisivi per arrivare al closing con Fininvest. Il momento in cui tutto si capirà non è ottobre 2018, quando il prestito dovrà essere rimborsato. Si capirà qualcosa molto prima.
yonghong li
PRIMA TRANCHE — Il primo evento da considerare è una richiesta stringente del cda del Milan al suo presidente: versare entro stasera 10 milioni come prima tranche dell’aumento di capitale deliberato. Difficilissimo capire se il pagamento arriverà: Li Yonghong fino a questo momento ha sempre versato quanto richiesto.
Nel caso in cui Mr. Li non procedesse al pagamento della prima fetta dell’aumento di capitale, Elliott interverrebbe – probabilmente lunedì, non nel fine settimana – versando i 10 milioni. Li Yonghong a quel punto avrebbe una settimana per restituire il denaro a Elliott e, nel caso in cui non facesse fronte ai suoi impegni, arriverebbe al default, con conseguente entrata in scena prepotente di Elliott.
Yonghong Li Marco Fassone
PRESTITO PONTE — Intanto, Li Yonghong può versare i 10 milioni entro stasera. Con un’altra mossa, può accettare un nuovo prestito-ponte da 35 milioni da Elliott con cui gestire il club fino alla fine della stagione. In questo caso l’indebitamento di Rossoneri Sport Investment Luxembourg, la società proprietaria del Milan, aumenterebbe notevolmente. Li Yonghong però avrebbe altro tempo (fino al 30 giugno?) per cercare un rifinanziamento e i prossimi tre mesi sarebbero particolari. Mr. Li resterebbe al comando ma Elliott avrebbe un ruolo sempre più centrale, probabilmente decisivo anche nei colloqui con la Uefa, che il 19-20 aprile vedrà il Milan per discutere il settlement agreement.
li yonghong closing milan
ENTRO GIUGNO — L’aumento di capitale però non si limita ai 10 milioni in scadenza questa sera. Il consiglio di amministrazione del Milan, composto da Li Yonghong, Marco Fassone, tre membri italiani e tre cinesi, ha deliberato un aumento di capitale da 37,4 milioni di euro. Aveva la facoltà di farlo.
Tutti i piccoli azionisti del Milan hanno ricevuto in queste ore una lettera in cui il cda chiede di esprimersi entro il 4 aprile – casualmente, il giorno del derby – sulla volontà di esercitare il diritto di opzione per la sottoscrizione delle azioni. Ognuno può decidere se versare la somma richiesta oppure no. Nel secondo caso, semplicemente, la percentuale di azioni detenute scenderebbe. Li Yonghong quindi è chiamato a versare questi 37 milioni entro fine giugno. Con quel denaro, il Milan si garantirebbe la gestione del club nei prossimi tre mesi.
paul singer fondo elliott
MILAN TRANQUILLO — Da Casa Milan filtra comunque una certa tranquillità: la dirigenza, oltre a restare ottimista sul rifinanziamento del debito con Elliott, è convinta che Li onorerà gli impegni come in passato e fa sapere che se i 10 milioni non arrivassero oggi non scatterebbe alcun allarme, perché ci sarebbe tempo fino a fine mese.
La situazione è evidentemente complessa, un po’ per la natura di Li Yonghong (un broker di casa a Hong Kong le cui mosse sono poco prevedibili, soprattutto in Italia), un po’ per il ruolo che Elliott ha assunto sulla scena italiana. Il Milan, per quanto possa sembrare paradossale, è secondario. Il fondo anglo-americano è impegnato in questi giorni nella partita-Telecom, con una serie di azioni tese a sottrarre il controllo del gruppo di telecomunicazioni ai francesi di Vivendi, guarda caso gli stessi in contenzioso con Fininvest per Mediaset.