Ivan Zazzaroni per il ''Corriere dello Sport''
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Il calcio italiano sta dando prova di grande unità e maturità avendo compreso perfettamente il senso dell’emergenza internazionale. Solidarietà, rispetto dell’avversario,
educazione, toni bassi e una commovente attenzione nei confronti del tifoso sono i valori coltivati in queste ore dalla Lega, che non è un partito, bensì un’associazione che riunisce venti benefattori dello sport nazionale i quali non pensano affatto ai propri interessi: si preoccupano di offrire agli appassionati un prodotto di altissima qualità, oltre che il più etico degli spettacoli sportivi.
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La stessa Lega è peraltro sensibile anche ai temi del momento, dalla sostenibilità al green, al verde. Non a caso è passata da Abete a (Dal) Pino. Azzerata, dunque, la litigiosità dei Rosellini Old Boys, bandita l’indignazione. Il problema non sono loro, siamo noi, noi che non capiamo. Si impone uno sforzo comune per evitare di ragionare come un tempo: anche grazie ai social, l’etimologia e il valore delle parole non sono più gli stessi.
Faccio un esempio: quando Steven Zhang sul suo profilo Instagram dà del “pagliaccio” a Dal Pino aggiungendo un affettuoso «si vergogni», non lo fa per offendere l’istituzione o la persona: l’ha spiegato molto bene l’Inter sottolineando che lui «ha a cuore sopra ogni cosa la salute pubblica dell’intera comunità e che le decisioni del presidente della Lega su porte aperte o porte chiuse avrebbero destato preoccupazioni perché sembravano suggerite da altre logiche rispetto alla salvaguardia della salute».
Le “altre logiche” alle quali Zhang - che non è un ragazzino: a 28 anni non lo si è più - fa riferimento (non è l’unico) sarebbero quelle juventine. Ma da Torino si affrettano a far sapere che nessuno ha fatto pressioni sulla Lega e che forse l’Inter pensava di avere il diritto di giocare con loro soltanto a porte chiuse. Del resto Marotta l’aveva anticipato: «La proposta di giocare Juve-Inter lunedì 9 è di buonsenso, ma rispettando la logica del calendario».
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E quando la Lega ha presentato il nuovo calendario con Juve-Inter il 9, il primo dei due (su 20) a mettersi di traverso è stato proprio Marotta che «nel rispetto del calendario» avrebbe voluto affrontare di lunedì la Samp impegnata, sempre secondo il nuovo programma, due giorni prima col Verona. Minacce, avvocati in calore.
Sbaglia dunque Enrico Mentana, interista e giornalista tra più bravi e popolari, quando scrive che «un presidente di una società di Serie A non può dare del pagliaccio al presidente della Lega Calcio. È vergognoso. Danneggia il suo club, delegittima il sistema, fa pensare a sostenitori e avversari che alla guida dell’Inter ci sia non una fi gura di polso ma un ragazzino miliardario che non va lasciato solo nemmeno sui social».
Enrico è rimasto indietro, cosa che non gli capita quasi mai. Il linguaggio del calcio gli (e ci) è cambiato addosso. Per cui il prossimo dirigente che darà dello stronzo a un collega non dovrà essere deferito, né querelato, poiché il significato di quell’ingiuria oggi è questo: «sei una persona perbene e io ho a cuore la tua salute e il tuo benessere, trovo però inopportuno che tu non sia d’accordo con me. Cordialmente».
Nessuno scandalo. Il dibattito calcistico è ancora a livelli sopportabili. Quasi civili. Se il bisticcio fosse nato con connotati politici, Dal Pino quella dei topi vivi non se la sarebbe fatta scappare.
PAOLO DAL PINO
PS1. Quello che abbiamo capito è che la Lega non può permettersi un presidente con pieni poteri, né un amministratore delegato, anch’egli eletto. Figuriamoci poi un direttore generale, ruolo vacante. I venti galletti ai quali non basta la salute non accettano di subire decisioni prese da altri: tornino al presidente fantoccio e si restituiscano un consiglio direttivo. Dimenticavo: il comitato scientifico del Governo suggerisce di «evitare per 30 giorni manifestazioni, anche quelle sportive, che comportino l’affollamento di persone e il non rispetto della distanza di almeno un metro».
Chiedo aiuto a Batman.