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    “CI SONO I GAY NEL CALCIO? CERTO, È IL MOMENTO DI ROMPERE QUESTO TABÙ” – BOMBASTICA INTERVISTA SUL "FATTO" A IVAN ZAZZARONI: “I CALCIATORI A FINE CARRIERA SI DEPRIMONO, INGRASSANO E VANNO IN TV A TOGLIERCI IL LAVORO. E QUESTO MI FA INCAZZARE TANTISSIMO. L’ALTRA SERA DEL PIERO CON AGNELLI È STATO ECCESSIVAMENTE REMISSIVO” – “STO SULLE PALLE A CHI NON MI CONOSCE. NON VOLEVO ACCETTARE ‘BALLANDO’, ERO GIÀ NEL MIRINO DI MOLTI COLLEGHI CHE MI TRATTANO COME UNO CHE PENSA SOLO A FARE IL FENOMENO” – E POI ALLEGRI, ANCELOTTI, MOURINHO (SU CUI HA SCRITTO UN LIBRO), LA SEGRE E BISCARDI CHE…


     
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    Da ilnapolista.it

     

    ivan zazzaroni ivan zazzaroni

    Su Il Fatto Quotidiano una lunga intervista al direttore del Corriere dello Sport, Ivan Zazzaroni. Racconta quando è diventato un personaggio televisivo.

     

    «Dal 1991 convocato da Aldo Biscardi per Il processo del lunedì: cercava visi giovani e mi assegnò uno spazio dal titolo “Segretissimo”; in teoria mi occupavo di calciomercato. In realtà non gliene importava nulla, non ascoltava nulla, non sapeva quasi nulla: si presentava in trasmissione con in mano un foglio gigante, quasi un cartellone, con sopra le frasi scritte a caratteri enormi; poi si sedeva e aveva davanti a sé una serie di televisori collegati tutti sulla concorrenza: quando gli altri andavano in pubblicità, Aldo fomentava la discussione, ci incitava alla lite; le prime volte mica capivo».

     

    CARESSA ZAZZARONI CARESSA ZAZZARONI

    La vera fama, però, è arrivata con Ballando con le stelle.

    «Neanche volevo accettare, ero spaventato. Ero già nel mirino di molti, in particolare colleghi che a volte mi trattano come uno che pensa solo a fare il fenomeno».

     

    Zazzaroni risulta antipatico?

    «No, sto proprio sulle palle, soprattutto a chi non mi conosce».

     

    Si definisce un gran lavoratore.

    «Lavoro tanto, altrimenti uno non va da nessuna parte».

     

    La prendono per un bluff.

    «L’aspetto esteriore è un limite nella percezione delle persone».

    VIERI CASSANO VIERI CASSANO

     

    A scuola andava bene, ma «senza massacrarmi». Racconta la Bologna degli anni 70.

    «Bellissima; i miei genitori, con sacrificio, avevano deciso di iscrivermi a una scuola privata, la migliore di allora: le mie compagne erano le più belle della città, scarrozzate da macchinoni con autista; io per emergere divenni rappresentante d’istituto».

     

    Ha giocato a pallone in Brasile.

    «Prima mediano poi ala. Ero bravo, da ragazzo ho provato pure per Roma, Sambenedettese ed Empoli. Con il calcio sono arrivato fino alla Serie D con il San Lazzaro: sul campo mi sono rotto di tutto, dalla tibia al tendine d’Achille».

     

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    Zazzaroni racconta del Brasile.

    «Nel 1979-80 studiavo Lingue e volevo diventare interprete parlamentare e per il Comune di Bologna andai in Brasile: c’era un congresso; lì ho conosciuto una ragazza brasiliana e mi sono trasferito. I miei genitori mi diedero 700 dollari. Quando sono nato mamma aveva 17 anni e papà 18, e da adolescente l’estate pretendevano che lavorassi. A me giravano le palle, invece è stato utile. Con mio padre avevo un rapporto particolare, per anni non ho capito il motivo di dover cenare alle cinque del pomeriggio. Un giorno ho trovato la risposta: alle 8 aveva la seconda cena con la sua seconda famiglia».

     

    Dal Brasile, comunque, tornò con più soldi di quando era partito.

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    «In Brasile vivevo a Ribeirão Preto, la città dove è nato Socrates e siccome avevo ancora il chiodo nella gamba mi inventai giornalista sportivo, ma al pallone non ci rinunciavo. L’allenatore del Botafogo era Antoninho, ex della Fiorentina, e mi permetteva di prepararmi con la squadra. Io felice. Mi divertivo come un matto e nel frattempo ero pure riuscito a intervistare proprio Socrates per Stadio».

     

    A Zazzaroni viene chiesto come sono i calciatori a fine carriera. Risponde:

    «Quelli che non si sono strutturati per il dopo entrano in depressione; poi ingrassano e vanno in tv a toglierci il lavoro e questo mi fa incazzare tantissimo anche perché spesso non conoscono l’italiano; l’altra sera Del Piero, in tv con Agnelli, è stato eccessivamente remissivo».

     

    Su Mourinho:

    «È il mio idolo. È pazzesco, mi ricorda Brian Clough. Clough l’ho conosciuto tanti anni fa per un torneo e sembra una sorta di zio di Mourinho, anche lui polemista, intelligentissimo, percezioni incredibili e nessuna paura».

     

    Continua:

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    «Allegri l’avrò sentito cento volte, Ancelotti lo chiamo sempre, anche alla fine dell’ultima partita di Champions. L’allenatore più intelligente è Mourinho. Ancelotti è spaziale, raffinato, uno che ha vissuto e sa stare al mondo».

     

    Da professionista legato allo sport, è ancora tifoso?

    «Non di una squadra ma delle persone».

     

    Ci sono i gay nel calcio?

    «Certo, e finalmente è il momento di rompere questo tabù».

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