Estratto dell’articolo di Gian Guido Vecchi per www.corriere.it
volodymyr zelensky papa francesco
Trentacinque minuti di colloquio riservato, nella sala della biblioteca del Palazzo apostolico, la ricerca difficile di una pace «giusta e stabile», e Volodymyr Zelensky che regala a Francesco un quadro sul massacro di Bucha, compiuto dai militari russi nel marzo del 2022 nella cittadina a nord di Kiev: raffigura una bambina in cappotto e sciarpa, «Marichka», uno sguardo di dolore e rimprovero rivolto allo spettatore sullo sfondo di edifici devastati e cadaveri per strada […]
Il Papa, per parte sua, ha regalato al presidente ucraino una scultura a bassorilievo che ritrae da una parte San Francesco d’Assisi e dall’altra un uccello e un fiore, le immagini della natura e del mondo minacciati, «la pace è un fiore fragile».
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Più tardi Zelensky ha incontrato il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato del Papa, e l’arcivescovo Paul Gallagher, «ministro egli Esteri» vaticano: «I colloqui sono stati dedicati allo stato di guerra e alla situazione umanitaria in Ucraina, nonché alle vie che potrebbero metterle fine, portando a una pace giusta e stabile nel Paese», fa sapere la Santa Sede.
È la terza volta che il presidente ucraino viene ricevuto in Vaticano, la seconda dall’invasione russa. L’ultima udienza Oltretevere, il 13 maggio dell’anno scorso, non era stata delle più semplici: Francesco si preparava a nominare il Matteo Zuppi come suo inviato per la «missione di pace» che lo avrebbe portato a Kiev, Mosca, Washington e Pechino ma Zelensky aveva fatto sapere che l’Ucraina non aveva bisogno di mediazioni, di fatto l’unica intesa fu sugli «sforzi umanitari a sostegno della popolazione».
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Da allora si sono visti ancora in Puglia, a metà giugno, in uno degli incontri bilaterali durante il G7 di Borgo Egnazia. Il saluto di Francesco, «che Dio ti benedica», Zelensky che ringrazia per l’azione coordinata dal Segretario di Stato Pietro Parolin e da Zuppi che ha permesso finora il ritorno a casa di 388 bambini deportati in Russia, «il Vaticano ci aiuta molto».
E il Papa che insiste sul fatto che «una pace negoziata è meglio di una guerra senza fine». Bergoglio ne ha parlato anche a fine settembre, tra il Lussemburgo e Bruxelles, un viaggio nel cuore dell’Europa per dire che «siamo vicini a una guerra quasi mondiale».
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Contro «l’impazzimento della ragione», aveva spiegato, non resta che cercare una via d’uscita diplomatica: «Vi è un bisogno impellente che quanti sono investiti di autorità si impegnino con costanza e pazienza in oneste trattative in vista della soluzione dei contrasti, con l’animo disposto a individuare onorevoli compromessi, che nulla pregiudicano e che invece possono costruire per tutti sicurezza e pace». […]
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