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Ilario Lombardo per “La Stampa”
Sono spiragli, piccole sensazioni, tentativi di andare oltre il nichilismo della guerra. Niente su cui fondare la certezza di una tregua da qui a poco ma nel governo italiano la macchina della diplomazia ha ripreso a dare qualche segnale di speranza. I contatti con la Turchia, che vuole organizzare una conferenza di pace e cerca di ritagliarsi il ruolo da regista, sono costanti.
Mevlut Cavusoglu
Tra qualche giorno è previsto un vertice a Roma tra i ministri degli Esteri Luigi Di Maio e Mevlüt Çavusoglu. Altre volte questi incontri hanno preparato il terreno per colloqui a livello più alto, tra il premier Mario Draghi e il presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Non ci sono conferme in tal senso, ma nulla viene escluso dalle fonti diplomatiche. Ankara punta a coinvolgere l'Italia, per intavolare un negoziato più credibile tra Russia e Ucraina, e per tentare di svincolare l'Ue dalla strategia di Stati Uniti e Regno Unito.
mario draghi e luigi di maio alla camera
È un gioco di sponda che secondo Di Maio può dare i suoi frutti, se il presupposto resta l'asse atlantico: la Turchia è il solo Paese Nato che in queste settimane ha mantenuto un rapporto decente con Vladimir Putin, mentre l'Italia continua a essere citata tra i possibili mediatori graditi a Mosca e a Kiev. A tal proposito, Di Maio intervenendo ieri al congresso di Articolo Uno ha ribadito che «per consenso di tutte e due le parti, saremo uno dei Paesi garanti dell'accordo di sicurezza e neutralità dell'Ucraina».
GIORGIO STARACE
Non è un caso che il ministro abbia ritirato fuori proprio ora la possibilità rivelata da Draghi poche settimane fa. Ieri mattina, alla Farnesina, c'è stata una riunione tra Di Maio e, in collegamento, gli ambasciatori italiani in Ucraina e in Russia, Pier Francesco Zazo e Giorgio Starace.
È quest' ultimo a tenere aperto un canale di comunicazione con il Cremlino, e ad aver ricevuto l'avviso che a giorni, dopo il 25 aprile, saranno espulsi dalla Russia trenta funzionari italiani con passaporto diplomatico o di servizio. «L'adeguata risposta» che Mosca aveva annunciato il 6 aprile, dopo l'espulsione dall'Italia dello stesso numero di diplomatici russi.
Una classica dinamica di tensione tra vecchi amici travolti dalla guerra. Le premesse per un negoziato però devono essere fondate su un paio di condizioni chiare: Putin deve ordinare il cessate il fuoco e i Paesi dell'Occidente non risparmieranno a Mosca le indagini sui crimini di guerra, per i massacri dei civili a Bucha, a Mariupol o altrove. Così ieri Di Maio ha comunicato all'ambasciatore Zazo l'arrivo a Kiev di una decina di esperti - forensi, medici legali, analisti e studiosi di balistica - «per supportare la corte internazionale» e la procura generale ucraina che sta raccogliendo le prove sulle mattanze dell'esercito di Mosca.
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L'Italia resta un arbitro utile per entrambe le parti in conflitto ed è con questo passaporto riconosciuto di potenziale mediatore che Draghi andrà a Kiev. «Lo aspettiamo» sono state le parole ieri del presidente Volodymyr Zelensky, suonate come un incoraggiamento: «Sono grato all'Italia che si è schierata al nostro fianco sia politicamente che con le armi».
Per il momento non ci sono novità sul viaggio. Draghi è tuttora positivo al Covid e dovrà passare ancora qualche giorno prima di capire in quale data organizzare la trasferta. Nella capitale ucraina il premier cercherà di capire quale sia la reale volontà di Zelensky. Se vuole continuare a ricevere armi, a rinforzare la resistenza, senza cedere un centimetro a Putin. Oppure se intenda considerare la possibilità di una trattativa, con quali paletti e con quali concessioni. Due giorni fa il ministro degli Esteri Sergej Lavrov ha confermato che la Russia non è contraria ai Paesi garanti proposti da Kiev.
mario draghi
L'Italia è tra questi e Draghi ha già chiarito che potrebbe avere un ruolo nella definizione di integrità dell'assetto territoriale che uscirà da una eventuale conferenza di pace. Ma sono molti i passaggi che devono essere consumati. Per esempio: Zelensky chiederà a Draghi di non opporsi, come accusa la Germania di fare, all'embargo sul gas russo?
putin zelensky
Per l'Italia è una prospettiva concreta e non entusiasmante, che costringe il governo a cercare nuove forniture. Anche con regimi con cui i conti sono tuttora aperti. Come l'Egitto, che può garantire a Eni fino 3 miliardi di metri cubi di gas naturale liquefatto, mentre continua a dare copertura ai responsabili della morte di Giulio Regeni. «E' un accordo tra aziende» ha svicolato ieri Di Maio alla domanda sull'opportunità dell'accordo. Un'acrobazia con cui il governo prova a giustificare questo cedimento in nome dell'approvvigionamento energetico.
roberto cingolani luigi di maio mario draghi in algeria
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