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1 – IO SPERIAMO CHE ME LA CAV. – BERLUSCONI INDAGATO PER CORRUZIONE IN ATTI GIUDIZIARI NELL’INCHIESTA SULLE PRESUNTE SENTENZE PILOTATE AL CONSIGLIO DI STATO – LA VICENDA RIGUARDA L’ANNULLAMENTO, DECISO NEL 2016 DA PALAZZO SPADA, DELL’OBBLIGO DI CEDERE LA QUOTA ECCEDENTE IL 9,99% DI BANCA MEDIOLANUM
2 – CONSIGLIO DI STATO, GLI INTERROGATORI SEGRETI. TRA GLI INDAGATI SPUNTANO ZINGARETTI E BERLUSCONI
Emiliano Fittipaldi per http://espresso.repubblica.it/
Ci sono due avvocati siciliani, Piero Amara e Giuseppe Calafiore, che da mesi stanno facendo tremare magistrati, politici e giudici del Consiglio di Stato. Arrestati nel febbraio del 2018 per corruzione in atti giudiziari, un mese fa hanno patteggiato 3 e 2,9 anni a testa. Ma le loro dichiarazioni continuano a fare da carburante alle indagini delle procure di Roma e di Messina, tanto che sono stati iscritti nel registro degli indagati anche Silvio Berlusconi e – scopre ora l'Espresso – il neo segretario del Pd Nicola Zingaretti.
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Gli interrogatori depositati in sede di patteggiamento, riscontrati poi da magistrati e Guardia di Finanza con intercettazioni telefoniche e analisi dei flussi finanziari, hanno fatto scattare nelle ultime settimane le manette per pezzi da novanta del mondo imprenditoriale (qualche giorno fa il re del facility management Ezio Bigotti è finito ai domiciliari, e in un altro filone d'indagine – quello sull'Eni, di cui Amara è stato legale per anni - è stato arrestato l'ex tecnico petrolifero Massimo Gaboardi) e della magistratura ordinaria e amministrativa.
Il pm Giancarlo Longo ha patteggiato 5 anni di carcere e si è dimesso dalla magistratura. Il consigliere di Stato Nicola Russo è ancora agli arresti, insieme all'ex presidente del Consiglio di giustizia amministrativa per la Sicilia Raffaele Maria De Lipsis. Mentre il presidente di sezione del Cds Riccardo Virgilio è indagato a piede libero, anche lui sospettato di corruzione in atti giudiziari.
piero amara
L'Espresso ha letto gli interrogatori inediti di Amara e Calafiore, in cui i due descrivono ai pm il loro modus operandi, facendo nomi e circostanze di altri big della magistratura e della politica. Un sistema, il loro, basato sulla costruzione di reti relazionali poderose, in modo da poter influire sull'esito di sentenze su affari da milioni di euro, o conoscere per prima informazioni sensibili sulle cause dei loro clienti.
«Il presidente Virgilio» spiega in un verbale Amara «mi anticipava in taluni casi che io avrei avuto ragione, e anche quando perdevo lo sapevo in anticipo. Comunque, noi cercavamo di comporre anche dei collegi difensivi, tra virgolette delle “squadre”, che avevano una forza lobbistica per conto loro... Per comprendere alcune delle specificità dell'attività che svolgevamo, un'attività invero non limitata al gruppo di Ezio Bigotti, si costruivano squadre di avvocati in ragione della loro ritenuta capacità di influenzare gli organi decisori».
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Amara parla non solo del Consiglio di Stato, grado inappellabile di ogni contenzioso amministrativo, ma anche delle liti di fronte all'Antitrust o nelle vicende dell’Anac, l'Autorità anticorruzione guidata da Raffaele Cantone.
silvio berlusconi 1
«Questo accadeva per il Consiglio di Stato (per esempio si attribuiva tale capacità all'avvocato Esposito, presso il quale lavorava Valeria Ciervo, compagna di un giudice del Consiglio di Stato, De Felice); per l'Autorità Antitrust (verso il quale si ritiene una capacità d'influenza all'avvocato Claudio Vinci, in ragione della sua pregressa appartenenza allo studio del presidente Pitruzzella); per l'Anac, dove si attribuisce una capacità d'influenza all'avvocato Sticchi Damiani, che ha buone relazioni con uno dei componenti dell'autorità, il consigliere Michele Corradino».
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Se Amara aggiunge di non sapere affatto se i tentativi lobbistici siano mai andati a buon fine e di «non avere prove di quello che sto dicendo» («io so che se lei ha un problema di Antitrust va da un avvocato che si chiama Claudio Vinti, ma non è che so che Pitruzzella intervenga», aggiunge), il legale di Siracusa spiega pure che la realizzazione di squadre di questo tipo, specializzate anche nell'influenzare i decisori non è affatto un unicum del suo studio, ma un servizio che a Roma fanno molti studi legali: «I vari gruppi, Romeo, CNS, eccetera individuavano gli avvocati, non posso dare una prova di questo...si costituisce una squadra di tre, quattro avvocati perché magari c'era Tizio che conisceva Sempronio, Caio...».
VENAFRO ZINGARETTI
IL CASO ZINGARETTI
Nelle more dell’istruttoria, che ha vari filoni d’indagine, Zingaretti è stato iscritto per un presunto finanziamento illecito. L'inchiesta sul neo segretario del Pd è portata avanti dal procuratore aggiunto Paolo Ielo e dal pm Stefano Fava, e prende spunto dalla dichiarazioni dell'avvocato Calafiore.
Il governatore è stato citato dal socio di Amara in un'interrogatorio dello scorso luglio, in merito ad alcune domande dei pm su Fabrizio Centofanti, ex capo delle relazioni istituzionali di Francesco Bellavista Caltagirone che, diventato imprenditore, era in affari con lo stesso Amara e in buoni rapporti con il presidente della Regione Lazio.
GIUSEPPE CALAFIORE
«Centofanti (anche lui arrestato a febbraio 2018, ora è libero in attesa di processo, ndr) è un lobbista che a Roma è dotato di un circuito relazionale di estrema importanza: magistrati, politici, appartenenti al Consiglio superiore della magistratura» spiega Calafiore a verbale. «Peraltro lui era sicuro di non essere arrestato perché riteneva di essere al sicuro in ragione di erogazioni che lui aveva fatto per favorire l'attività politica di Zingaretti».
Quando i pm chiedono se si tratta di erogazioni lecite, il legale siracusano risponde così: «Assolutamente no, per quanto egli mi diceva. Non so con chi trattava tali erogazioni. Lui mi parlava solo di erogazioni verso Zingaretti. Mi disse che non aveva problemi sulla Regione Lazio perché Zingaretti era a sua disposizione. Me lo ha detto più volte, prima della perquisizione». Prove delle presunte «erogazioni», però, non sono state finora trovate.
MEDIOLANUM PER SEMPRE
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Anche Silvio Berlusconi, leader di Forza Italia, è stato indagato a causa delle dichiarazioni dei due legali siciliani. L'ex premier, come hanno segnalato i giornali qualche giorno fa, è indagato per corruzione in atti giudiziari, in relazione a una sentenza dei giudici del Consiglio di Stato che gli consentì di non cedere parte del pacchetto azionario di Medialanum, come aveva invece stabilito la Banca d'Italia.
Ora, leggendo gli atti delle procure, si scopre che l’iscrizione nel registro degli indagati di Berlusconi e del giudice Roberto Giovagnoli è legata anche ad ad alcune dichiarazioni di Amara, confermate poi dallo stesso Calafiore. Il primo, nell'aprile del 2018, riferì – come sintetizza un altro verbale d'interrogatorio - «di una promessa al consigliere Giovagnoli di una somma di 230 mila euro, per la funzione dal medesimo svolta quale componente il collegio che ha deciso su una vicenda (la sentenza di Palazzo Spada su Mediolanum, ndr) in cui era coinvolta una società riconducibile al gruppo facente capo a Silvio Berlusconi».
FABRIZIO CENTOFANTI UMBERTO CROPPI
Secondo Amara la promessa fatta al giudice estensore della sentenza che ribaltò il verdetto sfavorevole del Tar non fu però onorata, perché la Guardia di Finanza – durante una perquisizione in merito a un'altra indagine – sequestrò a casa dell'ex funzionario di Palazzo Chigi Renato Mazzocchi ben 247 mila euro in contanti e alcune copie di sentenze del Consiglio di Stato, tra cui la bozza del verdetto finale su Mediolanum.
«Amara» sintetizzano i pm a Calafiore «riferisce altresì di una richiesta di intervento da parte del consigliere Nicola Russo (anche lui arrestato nell'ambito della compravendita di sentenze al Consiglio di Stato) per fare pervenire un messaggio a Berlusconi attraverso Denis Verdini che occorreva onorare tale promessa».
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Non sappiamo se Amara racconti la verità. È certo, però, che Calafiore, ascoltata la ricostruzione, non solo ha confermato che Amara aveva raccontato a lui le storia «esattamente nei termini rappresentati» dai magistrati, ma che pure Russo «mi confermò in un colloquio la circostanza che Giovagnoli, nella sua qualità di componente del Collegio, aveva un interesse specifico nella vicenda e si era mosso in modo specifico per la definizione della vicenda in senso favorevole alla società» dell'ex presidente del Consiglio. «Russo tuttavia» specifica l'avvocato «non mi parlò di promesse di denaro né di soldi».
Non sappiamo ancora se la posizione di Berlusconi, come quella di Zingaretti, in mancanza di evidenze certe e nuove prove che certifichino la veridicità dei “de relato” dei due “pentiti”, possa essere archiviata.
«NESSUN FAVORE A VENAFRO»
MAURIZIO VENAFRO
Ma durante lo stesso interrogatorio Calafiore ha parlato ai magistrati anche dell'ex capo di gabinetto di Zingaretti, Maurizio Venafro, che oggi insegna alla Link University. È noto che il fedelissimo del governatore, dopo essersi dimesso dal gabinetto della Regione Lazio per alcune vicende di Mafia Capitale da cui è stato assolto nel luglio 2016, aveva ottenuto una consulenza da circa 70 mila euro proprio da Centofanti (fatto per cui i due sono tuttora indagati per corruzione).
L'Espresso scopre adesso che Calafiore accusa Centofanti di aver “comprato” i servigi di Venafro per ottenere una autorizzazione dalla Regione Lazio per due centrali idroelettriche a Tarquinia, controllate da Centofanti e Amara attraverso la società Energie Nuove.
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«Centofanti mi spiegò che le fatturazioni con Venafro erano state un modo per remunerarlo per un'attività che egli aveva svolto quando era funzionario della Regione Lazio, in ordine a un'autorizzazione che non sarebbe stata concessa senza un suo intervento», dice Calafiore.
Centofanti, però, in un altro interrogatorio chiarisce ai pm come abbia assunto Venafro, suo «amico personale», come suo consulente solo dopo le dimissioni dalla Regione, e che le autorizzazioni regionali sono sì arrivate, ma solo dopo la fuoriuscita di Venafro dalla Regione Lazio.
Calafiore Longo Maurizio Musco nella stanza del pm
Compito del nuovo docente della Link, aggiunge l’ex lobbista, sarebbe stato esclusivamente quello di rappresentare le aziende di Centofanti e alcuni «progetti di crescita» di Energie Nuove ad altri soggetti istituzionali. «In Umbria, in Toscana, in Abruzzo e in Basilicata, ma mai nel Lazio», si difende l’imprenditore.
nicola zingaretti suda all'assemblea pd 1
E quando i pm gli contestano come la Regione di Zingaretti finanzi una delle società di Centofanti, la Cosmec, per promuovere l'immagine della Regione Lazio in un convegno sulla giustizia con una cifra simile (85 mila euro) a quanto girato dall'imprenditore all'ex capo di gabinetto dimissionario, Centofanti ribatte così: «Il workshop fu finanziato anche da Banca Intesa...Io non nascondo la mia amicizia con Venafro, non nascondo neanche l'amicizia con il presidente Zingaretti.
NICOLA ZINGARETTI DA BARBARA D'URSO
Ma voglio ricordare che nel 2014, primo anno di regno di Zingaretti alla Regione, io avevo diritto per un impianto fotovoltaico a un contributo PSR di circa 500 mila euro. Questo contributo regnante Zingaretti, regnante Venafro, mi viene negato. Faccio istanza alla Regione e mi viene ri-negato. A quel punto il potentissimo Centofanti che fa? Fa ricorso al Tar e chiede la sospensiva su questo provvedimento e il Tar me la nega...questo avviene nel 2014». Sottolineando che lui, di favori da Zingaretti e Venafro, non ne ha mai avuti.