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    NICOLA ZINGARETTI FU “SALVATO” DAI SUOI DIRIGENTI IN REGIONE PER 38 GIUSTIFICATIVI FALSI - LA PROCURA RICORRE CONTRO L’ASSOLUZIONE DALL’ACCUSA DI FALSO IDEOLOGICO DEI COLLABORATORI DELL’EX GOVERNATORE DELLA REGIONE LAZIO, CHE ALLE EUROPEE PUNTA A PRENDERE PIU’ VOTI DELLA SCHLEIN PER DIVENTARE CAPOGRUPPO DEM ALL’EUROPARLAMENTO – “ZINGA”, CHE NON E’ STATO ISCRITTO NEL REGISTRO DEGLI INDAGATI, FIGURAVA IN MISSIONE ISTITUZIONALE BENCHÉ FOSSE, IN VERITÀ, IMPEGNATO NELLA CAMPAGNA ELETTORALE PER LE ELEZIONI EUROPEE DELL’EPOCA...


     
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    Ilaria Sacchettoni per roma.corriere.it- Estratti

     

     

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    C’è un ricorso, depositato alla Corte d’Appello, che descrive più di un trattato la gestione regionale dem da parte dell’ex governatore e segretario del Pd Nicola Zingaretti (ben prima delle sue dimissioni nel marzo 2021 in polemica con quei dirigenti concentrati «solo sulle poltrone»).

     

    Si tratta dell’appello dei pm romani contro le assoluzioni di Andrea Cocco (già vice capo dell’ufficio di gabinetto del presidente), Stefano Del Giudice (ex capo segreteria), Antonella Bonamoneta (ex collaboratrice del governatore) e Cristiano Catena (ex collaboratore a sua volta del governatore).

     

    Processo per falso ideologico ed il silenzio dei dirigenti

    A fronte di trentotto giustificativi fasulli compilati affinché gli impegni politici non interferissero con quelli istituzionali, il pm Carlo Villani aveva chiesto e ottenuto un processo per falso ideologico che si era risolto con un proscioglimento.

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    Spiega ora il pm che, pur indagati, i componenti dell’entourage di Zingaretti non hanno voluto spiegare da chi venisse l’indicazione di aggiustare gli attestati per le sue assenze, facendo figurare il governatore del Lazio in missione istituzionale benché fosse, in verità, impegnato nella campagna elettorale per le elezioni europee dell’epoca. Un silenzio compatto che li ha penalizzati sotto il profilo giudiziario ma che ha certamente salvato l’ex governatore «il quale — si legge — non è stato iscritto sul registro degli indagati soltanto perché tutti gli indagati (suoi sottoposti)  non hanno reso dichiarazioni nei suoi confronti».

     

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    Nessun testimone

    «Che fare?», si erano i chiesti i magistrati all’epoca: «(Zingaretti, ndr) avrebbe dovuto essere iscritto sulla base dell’assunto che “non poteva non sapere” che le false dichiarazioni fossero state rese per il suo interesse di natura politica volto a garantire il regolare svolgimento del Consiglio del Lazio, regione da lui diretta». Ma a parere del pm sarebbe stata una scelta debole indagarlo senza testimonianze.

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