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    ZUPPA DI DAVID - IERI AL QUIRINALE NAPOLITANO HA PREMIATO IL CINEMA ITALIANO, MA IL MINISTRO DELLA CULTURA ORNAGHI HA PREFERITO ANDARE AL GEMELLI DAL SUO VERO SUPERIORE (IL PAPA) PER I 50 ANNI DELLA FACOLTÀ DI MEDICINA - STASERA LA CERIMONIA CHE ORMAI NON SI FILA NESSUNO, TRASMESSA IN TARDISSIMA DIFFERITA DA RAIUNO - IN POLE “ROMANZO DI UNA STRAGE” DI GIORDANA, POI CRIALESE, SORRENTINO, I TAVIANI E MORETTI, CHE PENSA A CANNES…


     
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    Michele Anselmi per "il Secolo XIX"

    GIORGIO NAPOLITANO DAVANTI A UNA STATUA DI CAVOURGIORGIO NAPOLITANO DAVANTI A UNA STATUA DI CAVOUR NANNI MORETTINANNI MORETTI

    Toccata e fuga di Nanni Moretti ieri al Quirinale per il consueto incontro coi candidati ai David di Donatello un vista della premiazione di oggi pomeriggio. Il regista-attore di "Habemus Papam", forse già sicuro di non vincere, sembrava con la testa già al festival di Cannes, dove farà il presidente della giuria. Il Papa vero, invece, ha tenuto lontano dal Colle il ministro ai Beni culturali, il pio Lorenzo Ornaghi, impegnato con Benedetto XVI nella visita alla romana Università Cattolica.

    Il pensiero è corso, per un attimo, a quella volta che il ministro Bondi, sentendosi svillaneggiato dall'odiatissimo cinema di sinistra e presosi la sua piccola vendetta con una ridicola lettera al "Foglio", l'anno dopo spedì ai David un suo delegato in chiave polemica; ma bisogna dire che ieri il sottosegretario Roberto Cecchi, leggendo un discorso non scritto da lui, se l'è cavata decorosamente sul fronte delle cifre e delle parole, perfino riconoscendo che «i film di caratura più autoriale sono in sofferenza».

    ROBERTO CECCHIROBERTO CECCHILORENZO ORNAGHILORENZO ORNAGHI

    Poi, certo, il rito quirinalizio suona ormai un po' stanco, ripetitivo, ingessato, col venerabile patron Gian Luigi Rondi, disturbato per l'assenza dalle nomination del prediletto Pupi Avati, che presenta ad uno ad uno, tra qualche impappinamento e lunghi applausi, i candidati al presidente della Repubblica.

    Per fortuna Napolitano non è Scalfaro, che al cinema non andava mai, e neanche Ciampi, che qualche film vedeva ma chiedeva sempre ai registi di raccontare il Risorgimento. Il capo dello Stato fu a lungo responsabile culturale del Pci, infatti rivendica «un'antica, costante e forse non del tutto sprovveduta attenzione per il cinema».

    Liliana Cavani, David alla carriera e pronta a rifare per la terza volta "San Francesco", gli aveva appena chiesto di «far comprendere alla politica il valore strategico del cinema», e così Napolitano strappa l'applauso degli astanti riconoscendo «la distrazione della politica verso il mondo della cultura», producendosi in una piccola autocritica, infine scandendo: «Per uscire dalla crisi dobbiamo recuperare la fiducia in noi stessi e negli altri, credo che il cinema possa contribuire a entrambe le cose».

    33 auditor 13 solenghi moglie33 auditor 13 solenghi moglieGIAN LUIGI RONDIGIAN LUIGI RONDI

    Pilotata da Tullio Solenghi, la cerimonia tv di oggi pomeriggio su Raimovie (e in differita a tarda ora su Raiuno) sarà la solita zuppa. Inutile attendersi colpi d'ala, non siamo gli Oscar e neppure i César. A occhio dovrebbe farcela "Romanzo di una strage" di Giordana, forte di ben 16 candidature, contro "This Must Be the Place" di Sorrentino, "Habemus Papam" di Moretti, "Terraferma" di Crialese e l'outsider "Cesare deve morire" dei fratelli Taviani. Questi ultimi, s'intende, molto cari a Napolitano, non solo per questione d'età.

     

     

     

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