Marco Bettazzi e Rosario Di Raimondo per “la Repubblica”
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L' aveva promesso, Matteo Zuppi, cardinale di Bologna e proprietario di una multinazionale: «Tutti gli utili saranno usati per la carità». E che utili: dieci milioni nel 2019, trentasei in cinque anni, finiti nelle casse della Curia e spesi per aiutare poveri, senzatetto, carcerati, studenti, famiglie sotto sfratto, migranti.
Un welfare parallelo da far invidia alle casse di un Comune, che ha un inizio ben preciso: il giorno in cui, chiusa una porta, si spalancò un cancello automatico. Nel 2012 la Chiesa bolognese ereditò l' impero della Faac, 2.500 dipendenti con fabbriche in ogni angolo del pianeta. Il testamento scritto dal patron Michelangelo Manini prima della morte scatenò una furiosa battaglia legale con i parenti finché non fu scambiato un segno di pace: i nuovi proprietari versarono ai familiari sessanta milioni di euro in cambio della promessa di non vedersi più in un' aula di tribunale.
Mai s' era vista, nella città di San Petronio, una tale commistione fra fede e affari, tra il dio del denaro e quello delle anime, una Chiesa-padrona col conto corrente a svariati zeri.
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Don Matteo, che non ha voluto un posto nel consiglio d' amministrazione del colosso - «Ognuno fa il suo mestiere, il vescovo fa il vescovo», disse lo scorso febbraio - ha seguito la strada tracciata dal suo predecessore, il cardinale Carlo Caffarra, in prima linea nella delicata fase della successione ereditaria.
L' Arcidiocesi ha affidato la gestione dell' azienda a un trust di tre esperti, che a loro volta hanno scelto gli organi societari. Oggi la Chiesa si limita a indicare le linee guida e decide come spendere i profitti: «Con i fondi non si sostiene l' attività ordinaria ma si finanziano attività straordinarie. L' obiettivo è aiutare le famiglie a uscire da una fase di crisi in modo che una situazione grave non diventi drammatica», ha spiegato l' altro giorno il vicario generale Giovanni Silvagni. Dei dieci milioni a disposizione nel 2019, uno è andato via in tasse e altri sei e mezzo sono stati già spesi.
lucia borgonzoni con il vescovo di bologna matteo zuppi
Come? Alle parrocchie sono arrivati 1,3 milioni di euro per aiutare più di 1.700 famiglie con oltre duemila ragazzi minori.
Trecentomila euro sono serviti a pagare l' affitto a chi non poteva più permetterselo, 358 mila per le bollette, 63 mila per coprire il costo di un esame in ospedale, 225 mila per varie voci, come quella che permette a uno studente di andare in gita con i compagni di classe. Nel 2017, il progetto "Insieme per il lavoro" di Curia, Comune e Città metropolitana portò a un investimento totale di 14 milioni per favorire l' inserimento dei disoccupati.
Una commissione presieduta da Zuppi valuta i progetti da finanziare: dal reinserimento sociale per gli ex detenuti ai progetti per migranti e senza fissa dimora. C' è la storia del papà eritreo scappato dalla guerra che ha trovato casa grazie a una cooperativa, o quella del clochard Fortunato, 56 anni di cui 15 passati a dormire sotto i portici di San Luca: gravemente malato, ha trascorso i suoi ultimi giorni di vita sotto un tetto vero.
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Una fabbrica di solidarietà.
Ma anche di soldi. La Faac non è certo un' associazione benefica o una parrocchia troppo cresciuta. È una multinazionale presente in 24 Paesi, nata nel 1965 da un' intuizione del fondatore Giuseppe Manini, che un bel giorno si accorge di come nei condomini i cancelli restano sempre aperti. E chissà da allora quanti ne sono stati chiusi pigiando un semplic tasto del telecomando. L' anno scorso la Faac ha sfiorato i 430 milioni di euro di fatturato, con un utile da 63 milioni, in forte crescita.
Nel 2019 ha già chiuso due acquisizioni in California e in Brasile.
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Sono buoni anche i rapporti sindacali, persino coi duri e puri della Fiom. L' ultimo contratto aziendale del 2018 prevede commissioni miste sindacati- azienda su temi come flessibilità degli orari, borse di studio per dipendenti e i loro figli, bonus da mille euro per ogni figlio nato, premi di risultato da quasi 2.600 euro.
Non sempre è stato tutto rose e fiori. A Bergamo, nel 2015, la Faac annunciò fra le polemiche la chiusura di una sede con 40 dipendenti. Ma i rapporti tra le parti non sono cambiati. «È una delle aziende dove ci sono migliori relazioni, sia nei modi che nei contenuti - conferma Stefano Zoli, della Fiom Cgil - C' è sicuramente più attenzione per certi temi.
DON MATTEO ZUPPI faac
Come succede in tante altre imprese ».
DON MATTEO ZUPPI