Chiara Bruschi per "il Messaggero"
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Sembra la trama di un film di fantascienza ma quello che sta accadendo tra la Roscosmos e la Nasa è tutto vero: l'agenzia spaziale russa ha infatti deciso di denunciare l'astronauta americana Serena Auñón-Chancellor con l'accusa di aver volutamente tentato di sabotare la missione spaziale del 2018, di cui era parte come equipaggio. Il motivo? Una lite con il presunto amante, anche lui a bordo. E la voglia, di lei, di tornare sulla terra. Una versione contestata da alcuni perché vista come un tentativo di Mosca di giustificare l'incidente avvenuto nella loro missione. Dopo alcune indiscrezioni circolate sui media nei mesi scorsi, l'agenzia di Mosca ha concluso le sue indagini ufficiali e nel suo rapporto ha confermato le ipotesi già rese note in precedenza.
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Secondo la Roscosmos, la donna ha perforato con un trapano il modulo Soyuz MS-09 che era agganciato alla Stazione Spaziale Internazionale (Iss) - e con cui era arrivata a giugno insieme al russo Sergey Prokopyev e Alexander Gerst dell'Esa - con l'obiettivo di rientrare in anticipo sulla Terra. Ora saranno le autorità competenti russe a decidere se ci sono gli estremi per procedere per vie legali. La Nasa ha parlato di «attacchi falsi e privi di ogni credibilità», ai quali sono seguite speculazioni sul tentativo dei russi di trovare un colpevole cui addossare la responsabilità di un guasto al Soyouz, che sarebbe stato motivo di grande imbarazzo per l'agenzia spaziale di Mosca. Secondo queste voci la falla sarebbe stata riparata frettolosamente prima del decollo con una sostanza deterioratasi nello spazio.
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IL DANNO Il rapporto di Mosca però cerca di escludere anche questa possibilità, precisando che se il danno fosse avvenuto a Terra, «il Soyouz non avrebbe mai potuto superare i test pre-partenza perché la pressione sarebbe scesa immediatamente». Sul perché Auñón-Chancellor avrebbe compiuto quel folle gesto, tuttavia, la Roscosmos lascia aperte due piste: secondo la Tass, lo ha fatto in seguito a una furiosa lite con l'amante che si trovava a bordo con lei. Una persona di cui tuttavia non è stato reso noto il nome, forse anche perché l'astronauta era sposata ai tempi della missione e lo è ancora oggi, a distanza di quattro anni dal suo ritorno.
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Un'altra ipotesi, invece, è che la Auñón-Chancellor abbia agito così per motivi di salute, una «crisi psicologica molto forte» causata da un coagulo di sangue nella vena giugulare che aveva dovuto curare in autonomia. La Nasa si è limitata a sottolineare che non avrebbe commentato «questioni mediche» ma che riteneva la Auñón-Chancellor una professionista molto rispettata in grado di apportare un contributo inestimabile ai progetti in cui è stata coinvolta. E ora veniamo al foro di due millimetri, identificato in data 30 agosto 2018: in quel giorno una diminuzione di pressione da esso causata ha fatto scattare l'allarme e gli astronauti si sono attivati per chiudere la fessura con una colla apposita. Non appena arginata l'emergenza, hanno tentato di comprenderne le cause e dopo aver escluso l'ipotesi di un detrito proveniente dall'esterno, i russi si sono convinti dell'origine dolosa del danno.
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L'IPOTESI Nel 2019 Mosca ha confermato che quel buco era stato effettuato dall'interno. Un'ipotesi rafforzata dal fatto, precisano nel rapporto, che le telecamere di sorveglianza che controllano il tratto tra il segmento russo e quello americano avevano «misteriosamente» smesso di funzionare. E che attorno al foro c'erano altri graffi, forse tentativi di perforare non andati a buon fine. La Roscosmos punta il dito contro l'astronauta americana anche perché quest' ultima si è rifiutata di sottoporsi alla macchina della verità, contrariamente ai colleghi russi. L'agenzia, inoltre, ha lamentato di non aver avuto la possibilità di esaminare la strumentazione e i trapani presenti sulla Iss per verificare la presenza o meno di resti metallici.