Gloria Satta per “il Messaggero”
almodovar swinton
L'anno scorso sbarcava al Lido per ritirare il Leone alla carriera. Oggi Pedro Almodóvar, 70 anni e un Oscar, indossa la mascherina e porta alla Mostra fuori concorso la sua ultima fatica, anzi «un capriccio», come la definisce lui stesso: The Human Voice, la voce umana, 30 minuti di puro cinema ispirati al celebre testo di Jean Cocteau e affidati al talento multiforme di Tilda Swinton.
L'attrice è la protagonista unica di uno straziante monologo al cellulare con l'amante che l'ha abbandonata. E di un colpo di scena finale (la zampata di Pedro) che rivisita l'opera originale.
tilda swinton
Girato all'indomani del lockdown in un teatro di posa riempito dei coloratissimi mobili cari al regista, è il primo film di Pedro girato in inglese. E la sua prima collaborazione con la diva scozzese che, sperando di lavorare con lui, si era affidata alle preghiere di un monaco benedettino suo amico.
Com' è andata sul set con Tilda?
«È scattata l'alchimia e tra noi è nata una grande complicità, spero vivamente che faremo altre cose insieme. Il film è il festival di Tilda che esprime i mille registri della sua recitazione. Dirigerla è stato uno spettacolo».
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Perché ha portato sullo schermo la pièce già interpretata da Anna Magnani (diretta da Rossellini) e da altre attrici come Simone Signoret, Ingrid Bergman, Liv Ullman?
«La voce umana è una mia antica ossessione, infatti aveva già ispirato delle brevissime scene in La legge del desiderio e Donne sull'orlo di una crisi di nervi. Mi ha sempre affascinato l'idea di una donna che si dispera perché è stata abbandonata e deve affrontare la propria solitudine. Ma mi sono riappropriato del testo, del resto non so lavorare altrimenti. Fino a immaginare un finale totalmente diverso».
Perché?
«Invece della protagonista originale, remissiva e un po' datata, ho voluto una donna contemporanea: si strazia, certo, ma poi si vendica».
Le è mai capitato di vivere una situazione analoga?
tilda swinton
«Sì, certo. Sono stato abbandonato anch' io e ho aspettato con il cuore in subbuglio una telefonata che non arrivava mai».
Come ha vissuto le settimane del lockdown?
«Come tutti, sono rimasto in casa e ho capito quanto il cinema, la letteratura, i giornali siano stati importanti per aiutarci a passare il tempo. La cultura ci è indispensabile... Anche se lo smartworking ha preso ormai piede e abbiamo scoperto che dai nostri appartamenti si può comprare, ordinare cibo, fare l'amore e guardare film, il rischio della sedentarietà permanente è in agguato».
Cosa intende?
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«Non vorrei che la gente continuasse a rimanere reclusa. Bisogna invece vestirsi, uscire, andare al cinema per condividere le emozioni con gli altri. Io, come regista, ho il bisogno vitale di sentire il respiro degli spettatori nel buio di una sala per capire se ho fatto centro».
Come si sente, in questo momento della vita?
«Sono deciso a continuare la nuova fase della mia carriera inaugurata 4 anni fa dal film Julieta: il mio cinema ora è più sobrio ed austero, contiene meno elementi ma va più nel profondo».
pedro almodovar
È tentato dalle serie tv, che stanno dando lavoro a tanti suoi colleghi?
«Direi proprio di no. Ho invece scoperto le virtù del formato breve come La voce umana. I miei prossimi film non dureranno più di 45 minuti. Il primo è un western intitolato Una strana forma di vita. Il secondo sarà ambientato in un futuro distopico in cui tutte le sale cinematografiche saranno sparite, con gravi ripercussioni sulla vita delle persone. Ho deciso di lavorare in un solo luogo per muovermi il meno possibile e non aggravare il mio mal di schiena».
La protagonista di La voce umana s' illude che il suo amante possa tornare. E le sue illusioni, Pedro, quali sono?
«Continuare a vivere. E girare ancora film, possibilmente con Tilda, divertendomi sempre a sperimentare».
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