Claudia Croft per “Chi”
JOHN GALLIANO
La risata di John Galliano è un incrocio fra quella di Muttley, il cane dei cartoni, e quella di Sid James. Una sghignazzata un po’ ansimante che si trasforma in un profondo singhiozzo, in particolare quando prende in giro il suo vecchio se stesso. «Amo Londra», dice guardando dalla finestra Hyde Park, dove va a fare jogging. «Ci torno per visitare musei, mostre, andare a teatro, nei mercati, dagli spacciatori... di abiti vintage, non più gli altri».
E scoppia nella sua caratteristica risata. Negli ultimi 5 anni lui è molto cambiato, quella no. Siamo seduti in una suite del Lanesborough Hotel. Alexis Roche, stilista e compagno di Galliano, ci ha lasciati soli, anche se sorride teso mentre chiude la porta. Da anni ormai Galliano non concede interviste, ma oggi è pronto.
JOHN GALLIANO
L’ex stilista di Dior da 18 mesi ha un nuovo lavoro come direttore creativo di Maison Margiela, il marchio parigino d’avanguardia della Otb di Renzo Rosso. Indossa un abito di Prada, ma le cose più lussuose sono lo splendido portasigarette e l’accendino vintage d’oro: fumare è il suo ultimo vizio. Da cinque anni è sobrio, da quando nel 2011 uscì un video che lo ritraeva in un bar di Parigi mentre aggrediva con frasi antisemite una coppia.
sfilata di galliano per margiela
Quell’incidente mise fine alla sua carriera in modo spettacolare. Venne etichettato come un fanatico e bandito dal mondo della moda. «Prima della caduta per me il lavoro veniva davanti a tutto, anche alla salute, e questo è da pazzi», dice mentre sorseggiamo acqua e tè verde. Molti erano convinti che non sarebbe sopravvissuto alla vergogna della propria caduta. Il giorno in cui Dior annunciò di averlo licenziato, il 1° marzo 2011, Galliano è entrato in un centro di disintossicazione in Arizona.
muse fluide di galliano
Poi ha proseguito il recupero nella sua casa di campagna in Francia, emergendone nel luglio 2011 solo per realizzare l’abito da sposa di Kate Moss. Un periodo terribile, che Galliano definisce il culmine di anni di abuso di alcol e droga, aggravati dalla pressione di dover creare. Era «schiavo» del proprio successo, e dice: «Il processo creativo è divorante, ed è qualcosa che ho in me, uno dei molti difetti di carattere che devo tenere sotto controllo».
modello di john galliano
Dice che, quando lavora, va quasi in trance. «Quando faccio le prove e drappeggio i tessuti, non mi accorgerei neppure di un incendio. Posso finire anche alle cinque del mattino». Ora è alla ricerca del giusto equilibrio. «Gli amici mi telefonano alle otto di sera e mi chiedono se sono ancora al lavoro», dice ridendo. «“Il mondo continua a girare anche se vai a casa”. Io, però, la pensavo diversamente».
john galliano
Ai tempi dello sfarzo di Dior, quando nel backstage un assistente gli teneva le sigarette e un altro l’accendino, era completamente fuori dalla realtà. «Quando ho lasciato il mio lavoro precedente, non sapevo neppure come scrivere una mail o usare un telefonino perché ci pensavano sempre gli altri».
john galliano
Dopo Dior, e dopo la riabilitazione, Galliano ha persino consultato i monaci Shaolin, i padri del Kung fu: «Volevo imparare a meditare e a fermare le voci nella mia testa. Loro mi hanno detto che la mia forma di meditazione era il processo creativo. In pratica, quindi, medito da quando sono uscito dalla scuola d’arte». Come parte della cura ha rivisitato la casa della sua infanzia a East Dulwich, a Sudest di Londra. Nato a Gibilterra il 28 novembre 1960 con il nome Juan Carlos, secondo di tre figli (ha due sorelle), è arrivato in Inghilterra nel 1967.
John Galliano maculato
Da bambino è stato oggetto di bullismo. Si è quindi ritirato nella propria immaginazione fino a quando ha trovato uno sfogo creativo alla St. Martin’s School of Art. «È magico tornare. Quelle strade, i sogni, le speranze, i desideri, mi ero dimenticato tutto!». La sobrietà ha trasformato la sua routine quotidiana Adesso si sveglia presto e va in palestra. «Mi tiene ancora to al presente e questo è importante perché per molto tempo non lo sono stato affatto».
A colazione prende tè verde, frutta di stagione e porridge con latte di mandorla. Va in ufficio presto. «Adesso capisco perché la gente comincia a lavorare alle 9. Un tempo, a quell’ora, io smettevo», dice ridacchiando. Galliano passa le giornate fra prove e ricerche, circondato dalla sua squadra di disegnatori e stagisti. «Prima erano sempre in un’altra stanza», dice riferendosi ai giorni da Dior, dove vigeva una forte gerarchia. Lo hanno convertito a Instagram, dove prende ispirazione per le sue idee.
John Galliano galante
«È un controllo su quello che accade oggi», dichiara. Quando tre dei suoi stagisti sono finiti in mezzo agli attentati di Parigi a novembre, li ha aiutati ad accettare l’orrore di cui erano stati testimoni. Adesso Parigi è un luogo molto più inquieto in cui vivere, dice, ma è casa sua. Si è anche sforzato di espiare le sue malefatte con la comunità ebraica, anche se i primi rabbini francesi che ha avvicinato lo hanno evitato. Grazie alla mediazione dell’Anti-Defamation League di New York è stato presentato al rabbino Barry Marcus. Questi gli ha fatto da mentore e lo ha istruito.
Galliano ritratto Nazi dal web
E Galliano lo ha invitato alla sua prima sfilata per Margiela. Alcuni non perdoneranno mai le cose che ha detto («Amo Hitler»), altri sono più che disposti a dargli una seconda possibilità. La prima volta che Rosso ha offerto a Galliano l’opportunità di un nuovo inizio, lo stilista ha rifiutato. Rosso, però, non aveva chiuso le comunicazioni. «Martin Margiela ha creato qualcosa di innovativo, iconico, unico», dichiara Rosso. «Non potevamo pensare di far entrare una persona qualunque, avevamo bisogno di un altro grande visionario».
arnault e john galliano
Molte persone della moda si sono chieste se Galliano fosse adatto per una maison dove l’anonimato ha radici profonde. Il fondatore, che ha lasciato nel 2009, si è sempre rifiutato di rilasciare interviste o essere fotografato. Ma ha dato la sua benedizione a Galliano. Le loro strade si sono incrociate diverse volte. Tutti e due facevano festa al Taboo, night club degli anni Ottanta, e quando Galliano ha presentato per la prima volta a Parigi la linea che portava il suo nome, Margiela gli ha prestato un salone sul retro della sua sede.
KATE MOSS CON IL VESTITO DA SPOSA DISEGNATO DA JOHN GALLIANO
«Era paranoico: metteva lo scotch intorno alla porta e sulla serratura perché non potessi guardare dentro il suo studio e copiare», dice Galliano. «Per le prove c’erano code enormi di modelle: su un lato tante ragazze dall’aspetto intellettuale, per lui, sull’altro Christy, Naomi e Linda, per me». Si sono incontrati di nuovo poco dopo che Galliano aveva accettato la proposta. «Mi ha detto: “John, prendi quello che vuoi dal Dna della casa, proteggi te stesso e fallo tuo”».
Adesso, proprio come Margiela, Galliano non esce alla fine delle sfilate, e raramente parla con la stampa. «Voglio lasciare i riflettori sugli abiti», dichiara. Non ha invece cambiato i suoi metodi. Proprio come da Dior, usa l’atelier come un laboratorio per creare nuove linee, silhouette e volumi che poi passano al prêt-à-porter.
JOHN GALLIANO
«Mi guida sempre l’emozione. La gente desidera autenticità, che si tratti di un taglio, di un drappeggio o di come vengono montati gli abiti, riflettono soltanto quello che sento». Il lusso, dice, si sta piano piano ripulendo. I suoi giovani stagisti sono interessati alla sostenibilità e John Galliano ammira il fondatore di Patagonia che ha chiesto alle persone di smettere di acquistare i suoi prodotti. «Nella moda, adesso, c’è una maggiore ricerca dell’anima». E lui lo sa.