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    A 80 ANNI GIANNI RIVERA, A GIORNALI UNIFICATI, SI AUTO-CANDIDA COME CT DELLA NAZIONALE: “SE MI CHIAMANO, CI VADO. TRA L’ALTRO, COSTO MENO DI SPALLETTI. NON DISTURBEREI NEMMENO, PERCHÉ SAREI UNO DI QUELLI CHE NON SI ALZANO MAI, COME ROCCO E LIEDHOLM, E NON DAREI FASTIDIO RUBANDO LA SCENA AI GIOCATORI. TAVECCHIO ME L’AVEVA OFFERTO, QUEL POSTO, PERÒ NON AVEVO ANCORA IL PATENTINO E NON SE NE FECE NIENTE – BERLUSCONI? SAPEVA FARSI MOLTO BENE GLI AFFARI SUOI. NON MI VOLLE TENERE AL MILAN PERCHÉ FORSE TEMEVA CHE GLI AVREI FATTO OMBRA”


     
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    1 - GIANNI RIVERA, 80 ANNI E NON SENTIRLI

    Estratto dell’articolo di Gigi Garanzini per “la Stampa”

     

    gianni rivera durante il servizio militare - 1964 gianni rivera durante il servizio militare - 1964

    […] Raccontiamo ai più giovani perché Prodigio?

    «Furono Gigi Radice e Pantera Danova a soprannominarmi così ai primi tempi del Milan».

     

    […] a 15 anni nel famoso provino di Linate lasciasti a bocca aperta due come Schiaffino e Liedholm.

    «Avevo da poco debuttato nell'Alessandria il cui centravanti, Benito Lorenzi, voleva portarmi all'Inter. Giocò d'anticipo l'allenatore Pedroni, cuore rossonero, che disse al general manager Gipo Viani, prendetelo. La risposta di Viani dopo il provino di Linate fu l'abbiamo già preso e abbiamo fatto bene».

     

    […] Con la testa che andava veloce nel senso della crescita, verso una maturità a sua volta precoce. Il Corriere ha da poco ripubblicato una storica intervista a Oriana Fallaci, avevi 19 anni e una maturità nelle risposte da adulto fatto e finito. Tanto da stupire, lo si legge bene tra le righe, una giornalista tosta come lei.

    gianni rivera ricky albertosi gianni rivera ricky albertosi

    «L'ho riletta anch'io qualche giorno fa. La ricordavo nonostante siano passati sessant'anni ma un po' ha stupito anche me».

     

    […]il Mondiale messicano? In un dormiveglia salta fuori più spesso il piatto sincopato del 4-3 alla Germania, o i sei minuti col Brasile?

    «I sei minuti li ho rimossi da allora, per legittima difesa. Almeno questo. E mi ha aiutato a rimuoverli da subito il fatto che nessuno li ha capiti nel mondo, non solo da noi. Perché non si poteva capirli, non avevano senso. Quante volte abbiamo giocato insieme io e Mazzola, prima e dopo il Messico. Là no, non se ne poteva parlare».

     

    Un tentativo di spiegazione cinquanta e passa anni dopo?

    gianni rivera laura marconi foto mezzelani gmt 83 gianni rivera laura marconi foto mezzelani gmt 83

    «Guarda, cinquanta e passa anni dopo è una storia che ha ancora meno senso di allora. Se avessero potuto non mi portavano nemmeno in Messico: non potevano e si sono accontentati di usarmi solo a rate. Ma di sicuro, anche in quell'ottica inaccettabile, almeno il 2° tempo della finale col Brasile era l'unico che dovevo giocare».

     

    […] Che cosa ti piace e che cosa no nel calcio di oggi?

    «[…] Una cosa che non pensavo mi sarebbe piaciuta e invece sì è la Var. Perché utilizzato bene è uno strumento che aiuta l'onestà dei comportamenti e del risultato. […]».

     

    GIANNI RIVERA E ORIANA FALLACI GIANNI RIVERA E ORIANA FALLACI

    Mancini-Gravina, almeno uno dei due ha sbagliato. Chi?

    «In questo momento hanno sbagliato tutti e due. Mancini avrebbe dovuto andar via semmai dopo la Macedonia. Farlo adesso perché potrebbero esserci tanti soldi in Arabia non è molto elegante».

     

    Com'è che ti è venuta solo in tarda età la voglia di allenare?

    «Perché mi manca solo questo. E ho capito ad un certo punto che è un'esperienza che davvero avrei voluto fare. Non disturberei nemmeno, perché sarei uno di quelli che non si alzano mai, come Rocco e Liedholm, e non darei fastidio rubando la scena ai giocatori. Sono stato così precoce che oggi mi piacerebbe essere altrettanto longevo». […]

    gianni rivera laura marconi foto mezzelani gmt 48 gianni rivera laura marconi foto mezzelani gmt 48

     

    2 - RIVERA: “IO COME MICK JAGGER LA VITA INIZIA A 80 ANNI DATEMI LA NAZIONALE”

    Estratto dell’articolo di Maurizio Crosetti per “la Repubblica”

    […] Gianni Rivera […]

     

    Rivera, ma gli eroi mitologici invecchiano?

    «Ho letto che l’uomo vivrà fino a 130 anni, ne ho ancora davanti una cinquantina e voglio usarli bene».

     

    […] Lei è appena diventato allenatore a tutti gli effetti, con la patente: scusi, ma non poteva pensarci prima?

    «Infatti sbagliai. Però sono stato un allenatore in campo per vent’anni, so tutto del mestiere, sono pronto».

     

    Avrà saputo che c’è una panchina libera niente male, di colore azzurro.

    «Ecco, se mi chiamano, mi ci siedo volentieri. Tra l’altro, costo molto meno di Spalletti».

     

    pele gianni rivera pele gianni rivera

    È vero che ci andò vicino già un’altra volta?

    «Tavecchio me l’aveva offerto, quel posto, però non avevo ancora il patentino e non se ne fece niente. Venne a parlarmi Costacurta a nome della Figc, e mi disse che non avevo esperienza. Io senza esperienza? Mah...».

     

    […] Come giocherebbe la Nazionale allenata da Rivera?

    «Niente costruzione dal basso, per l’amor di Dio! Calcio d’attacco, provando sempre a mettere in difficoltà l’avversario quando la palla l’abbiamo noi».

     

    […] Ora che Berlusconi non c’è più, cosa possiamo dire di questo personaggio?

    «Sapeva farsi molto bene gli affari suoi».

     

    Non la volle tenere al Milan: perché?

    ljuba rizzoli e gianni rivera ljuba rizzoli e gianni rivera

    «Forse temeva che gli avrei fatto ombra, che gli avrei dato fastidio. Non sono un signorsì. Quando mi propose di diventare presidente dei Milan Club, compresi che era arrivato il momento di andarmene».

     

    E così diventaste i due milanisti nemici in Parlamento.

    «Lui aveva le sue idee, io le mie. Inconciliabili».

     

    Rivera smise di giocare presto. Come mai?

    «Quando Liedholm andò alla Roma, consigliai il presidente Colombo di prendere Giacomini, mi sembrava il nome giusto per allenarci. E Giacomini, quando arrivò, disse subito al presidente che io gli avrei creato problemi: così mi ritirai per amore del Milan, sbagliando. È triste essere messi da parte da chi abbiamo aiutato ad arrivare».

    gianni rivera gianni rivera

     

    […] Non crede che oggi si allenino più i muscoli della tecnica?

    «Purtroppo sì. E i nostri ragazzi non sanno più fare gol».

     

    Cos’è il numero 10?

    «Il mio, l’unico. E l’ho portato sulla schiena per tanto tempo. Se sei Rivera, devi esserlo sempre e per sempre. Ma quando un bel giorno ho visto che ormai il 10 lo danno anche ai portieri, ho pensato: è finita».

     

    […] Meglio Rivera o Mazzola?

    «Molto diversi. In Nazionale avevamo sempre giocato insieme, poi Valcareggi in Messico subì pressioni da Coverciano e dal direttore della Gazzetta. La staffetta fu una stupidaggine. E io davo fastidio».

     

    Nel ’70 cosa sarebbe successo con Rivera titolare contro il Brasile?

    «Era il mio avversario perfetto, perché giocava e lasciava giocare. Forse avremmo vinto noi».

     

    gianni rivera sandro mazzola gianni rivera sandro mazzola

    Al ritorno in Italia vi tirarono i pomodori.

    «Avevo capito l’antifona e me n’ero già andato».

     

    Però quel Brasile aveva Pelé.

    «Meglio di tutti, meglio anche di Maradona. Se il calcio non fosse già stato inventato, lo avrebbe inventato Pelé. Lui era tutto, potente, sensibile. Non era tanto alto però saltava come una molla. Il suo sinistro era pari a quello di Diego, il suo destro migliore».

     

    A un certo punto andò in America.

    «Mi confessò che non voleva, che aveva chiesto ai Cosmos una cifra spropositata per farsi dire no. E invece accettarono».

     

    Brera la chiamò Abatino: un marchio d’infamia?

    «Mica ero un Ercole! Brera sapeva dei miei rapporti con l’Associazione Mondo X, con i frati e con padre Eligio che aiutava i tossicodipendenti. E allora mi soprannominò così. Pazienza, non porto rancore, era un problema suo. Ma quando poi Brera incontrava Rocco, ne sentiva di tutti i colori».

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    Che soggetto era il Paròn?

    «Di una simpatia unica. Una volta facevamo ginnastica e lui scuoteva la testa, dicendo “’ndemo, non so a cossa ghe serve ma va ben cussì”. Un’altra volta ci ordinò di fare un giro attorno alla porta saltando di testa, e poi un altro ancora. Allora Cesare Maldini gli disse: “Mister, fantàsia”, con l’accento sulla a. Erano due triestini e Rocco rispose: “Ciò, maledeto bianco!”. Diede la colpa al vino». […]

     

    Un giorno Oriana Fallaci le chiese: Rivera, cosa vuol fare da grande? Possiamo rifarle quella domanda?

    «Quella signora cercò di mettermi in difficoltà senza riuscirci, fu un incontro un po’ teso. Io da grande voglio allenare, al limite comprerò un club con altri amici e ce la farò. Ah, guardi che ancora non sono diventato nonno. Altrimenti, come posso essere un ragazzo per sempre?».

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    3 - GIANNI RIVERA: «ALLENEREI LA NAZIONALE, MA SONO SCOMODO». GLI 80 ANNI DEL GOLDEN BOY

    Estratto dell’articolo di Marco Ciriello per “il Messaggero”

     

    […] Gianni Rivera è un sentimento, o lo si sente o no. […] Ha vinto tutto: dal Pallone d’oro (1969) alla Coppa intercontinentale, passando per quella dei Campioni. Due volte padre, eretico, estremista, ma parlamentare Dc. Un ossimoro continuo. A Fellini preferiva Bergman, e a lui Ferruccio Valcareggi preferiva Sandro Mazzola. È stato l’incarnazione del miracolo pallonaro, senza mai farsi populista, troppo aristocratico per una piazza: per Gianni Brera era un arrampicatore sociale portato per essere un causidico, per Luciano Bianciardi un poeta, per Diego Abatantuono un santo che fa miracoli, per Oreste del Buono l’unico calciatore italiano fuori dalle dinamiche machiavelliche, per Gino Palumbo il più grande calciatore dal dopoguerra agli anni Settanta. […]

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    Che cosa ha fatto in tutti questi anni?

    «Dopo aver smesso di giocare, sono diventato vice presidente del Milan poi sono entrato in Parlamento per 22 anni, e dopo un passaggio in Comune allo Sport sono tornato al calcio in Federazione: passando dal settore giovanile al centro tecnico di Coverciano per 5 anni. Ho preso i vari patentini per diventare allenatore professionista, e anche per la Nazionale italiana. Insomma, io ci sono. A maggior ragione oggi che ho il patentino da professionista. Dopo Ventura, il presidente Tavecchio mi offrì questa possibilità alla quale si opposero tutti coloro che erano legati all’associazione allenatori: peccato che questa regola l’abbiano applicata con qualche eccezione».

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    Mi dice l’eccezione?

    «È evidente, Roberto Mancini in serie A».

     

    Poserebbe nudo ancora una volta? Ha poi imparato l’inglese?

    «Questa storia del nudo fu una punzecchiatura di Oriana Fallaci, mai pensato né mi è stato proposto. L’inglese l’ho imparato in Parlamento, ci fecero fare un corso».

     

    Chi è stato il Rivera della politica italiana: Moro, Berlinguer o Andreotti?

    «Andreotti, stupiva di continuo, aveva anche autoironia, pensi alle sue battute sul potere».

    gianni rivera con il pallone d'oro gianni rivera con il pallone d'oro

     

    […] Ma Concetto Lo Bello lo incontrava mai?

    «In campo troppo spesso».

     

    Si incazza ancora?

    «Se ci penso sì. E poi mi dico che col Var nella mia vita non ci sarebbe Lo Bello».

     

    […] I morsi di Gianni Brera su di lei erano come le battute di Craxi su Andreotti o più Di Pietro vs Fanfani?

    «Niente era come Brera. Era unico, e mi utilizzava. Tutti mi lodavano e lui andava contro, era una scelta, in fondo in fondo gli piacevo, forse anche più che agli altri».

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    Nereo Rocco, Nils Liedholm e Bruno Tabacci sono i suoi padrini, come erano veramente con lei?

    «Rocco ti metteva a tuo agio, con battute. Un buono. Liedholm era puro ghiaccio, con battute alla svedese, che pochi capivano. Più duro di Rocco. Tabacci è un furbo».

     

    […] Se lei era già grande a venti anni ora che cosa è?

    «Sono tornato piccolo per ricominciare! Ho il rimpianto di non aver allenato prima, non ho approfittato mai di niente. Io mi sentivo dirigente».

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    Non è che si sentiva troppo intelligente?

    «Non lo si è mai».

     

    Per Luciano Bianciardi lei era un poeta, mi dice la sua poesia preferita?

    «“If” di Kipling, se come avverbio, non sé pronome riflessivo». […]

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