Claudio Bozza,Maria Teresa Meli per il “Corriere della Sera”
conte taverna
Forse non sarà proprio la maggioranza dei gruppi di Camera e Senato, come il premuroso staff di Giuseppe Conte informa, ma poco ci manca: i 5 Stelle dopo anni di governi di tutti i colori vorrebbero farsi un giretto fuori dall'esecutivo.
A sognare la «fuoriuscita» dal «draghismo» non sono solo i peones, ma anche i pezzi grossi del Movimento. Paola Taverna, per esempio, è a dir poco entusiasta della svolta «dura e pura» del M5S: «Ricominciamo a fare politica» dice ai colleghi elargendo sorrisi e pacche sulle spalle.
Con quelli a lei più vicini è esplicita: «Puoi stare al governo se ci stai da protagonista, ma se ti menano sul reddito di cittadinanza, sul Superbonus, sul termovalorizzatore, che ci stai a fare? A prendere sberle e a veder scendere i consensi nei sondaggi?». Ragionamenti analoghi quelli di un altro senatore, Alberto Airola, che vuol vedere i grillini fuori dall'esecutivo: «Tanto - è il suo ragionamento - non otterremo nulla. Quelli ci offrono quattro palline colorate e ce le spacciano come l'oro di Montezuma». Quindi la chiusa: «Fosse per me uscirei domani stesso».
mario turco giuseppe conte paola taverna
È quasi un moderato Airola, visto che il suo compagno di Movimento Gianluca Castaldi, uno dei più barricadieri, non ha dubbi e lo ripete a tutti: «Fosse per me non sarei mai entrato al governo». Giovanni Endrizzi (ancora un senatore) è convinto che «non sia stato rispettato il patto di governo», perciò ci si può tirare fuori senza ricorrere alla tradizionale consultazione sul web. E Gianluca Ferrara, vicecapogruppo a Palazzo Madama recita ogni giorno o quasi la sua preghiera laica: «Conte ci porti fuori».
Il Senato, dove è atteso il decreto Aiuti, ospita i parlamentari 5 Stelle più allergici al governo. Ma anche alla Camera non si scherza, tant' è vero che sono stati 15 i deputati grillini che non hanno partecipato al voto senza «giustificazione» (sempre meno degli assenti della Lega, a dire il vero).
A compulsare i cellulari degli assenti nella maggioranza dei casi la risposta è il silenzio. Tra quei pochi che rispondono c'è Angela Raffa, deputata messinese, che dice: «Ho mandato un certificato medico. Se fossi stata in Aula avrei votato la fiducia. Uscire dal governo? Io non ero nemmeno favorevole a entrarci.
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Ma decideremo tutti assieme». Luciano Cantone spiega di non aver potuto votare perché impegnato in Sicilia a organizzare iniziative per le primarie del campo largo, ma in diversi giurano di averlo visto alla buvette di Montecitorio.
Dunque, anche alla Camera il M5S è in fermento. Persino Riccardo Fraccaro, giudicato un attendista, ritiene che non ci sia più molto da fare: «Se non otterremo quello che abbiamo chiesto la nostra presenza al governo non avrà più senso. E non credo che ci sia molto tempo a disposizione».
Giuseppe Brescia parla di «presenza condizionata» nell'esecutivo. L'assonanza con l'istituto giuridico della libertà condizionata la dice lunga su come i grillini si sentano in gabbia dentro il governo. Pure Luigi Gallo, cui è toccato l'onere di dichiarare la fiducia (anche questa condizionata) all'esecutivo, non è certo un tifoso di Draghi: è convinto che il premier sia dedito a «operazioni di palazzo a tutela delle élite».
Chi sta al governo è meno netto. Barbara Floridia, candidata del M5S alle primarie giallorosse in Sicilia, e sottosegretaria all'Istruzione, se la cava con un: «Resteremo finché il governo poterà avanti l'agenda per cui è nato». E il ministro Stefano Patuanelli?
A fine maggio aveva dichiarato: «Se il governo porrà la fiducia tornerò a fare il senatore».
PAOLA TAVERNA GIUSEPPE CONTE
Comunque tira brutta aria tra i 5 Stelle. Ma allora perché i grillini non sono già usciti? Loro dicono che aspettano le risposte del premier prima di decidere il da farsi. Gli altri forniscono due versioni diverse. La prima: potrebbe esserci una nuova scissione (Fabiana Dadone e Davide Crippa vengono dati in uscita anche se per ora negano o glissano sull'argomento) e lo strappo con l'esecutivo potrebbe accelerarla. La seconda: il M5S aspetta di capire che faranno Mattarella, Draghi e il Pd. «Se capiranno che comunque daranno vita a un nuovo governo strapperanno, altrimenti no», chiosa malizioso un ex ora con Di Maio.