DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
1 - MALI, CONTROFFENSIVA INTEGRALISTA. I RIBELLI RECUPERANO POSIZIONI - PER PARIGI SI PROSPETTA UNA LUNGA GUERRA
Marco Moussanet per il "Sole 24 Ore"
Chi si aspettava un'azione militare lampo - qualche bombardamento e tutti a casa - è destinato a ricredersi. L'intervento francese in Mali durerà a lungo. E non sarà facile.
«I gruppi terroristi - ha detto ieri il ministro della Difesa Jean-Yves Le Drian - sono come avevamo previsto: pesantemente armati, molto determinati e ben organizzati». «Dispongono di sistemi d'armamento terra-aria - aggiungono in coro gli esperti - con i loro 4x4 sono in grado di muoversi molto rapidamente e hanno ormai acquisito forti capacità tattiche e di informazione».
Le notizie che arrivano dal Mali confermano un quadro forse più complesso rispetto alle previsioni, nonostante le dichiarazioni ufficiali di Parigi. Dopo aver bloccato l'avanzata delle forze islamiche verso Sud, verso Bamako, e consentito la riconquista di Konna, villaggio collocato strategicamente al centro del Paese, gli aerei francesi (i Mirage che arrivano da N'Djamena, in Ciad, e i Rafale decollati da Saint-Dizier) hanno continuato a martellare le posizioni dei ribelli nel Nord del Mali, in particolare depositi e campi d'addestramento - spesso ormai abbandonati - nella zona di Duenza, Gao e Timbuktu. Ma gli uomini del Mujao (il Movimento per l'unicità della jihad nell'Africa dell'Ovest, alleati di Aqmi, al-Qaeda del Maghreb, e di Ansar Eddine) hanno ripreso alle forze armate regolari la cittadina di Diabaly, al confine con la Mauritania, ad appena 400 chilometri dalla capitale.
à evidente che gli aerei non bastano a fronteggiare, e ancor meno a respingere, un nemico così insidioso. Il programma francese prevede quindi l'ingresso in scena, al più presto, di un importante contingente di truppe a terra, oltre ai militari già presenti a Bamako (con l'obiettivo prioritario di proteggere la comunità francese) e alle forze speciali già operative al fronte. Si dovrebbe passare dagli attuali 550 uomini ad almeno 2.500.
Nella speranza che nel frattempo prenda forma la forza africana immaginata dalle risoluzioni dell'Onu (3.300 uomini). Se infatti la Francia può contare sul sostegno politico della comunità internazionale (compresa l'Italia, preavvisata dell'intervento e il cui ministro Giulio Terzi ha avuto un colloquio telefonico con il collega francese Laurent Fabius) e in alcuni casi logistico (per esempio da parte di Stati Uniti, Gran Bretagna e Canada), la guerra la sta combattendo da sola. E questa situazione non può durare a lungo, anche per ragioni diplomatiche e di immagine.
L'Algeria, che ha chiuso la frontiera con il Mali, si è di fatto schierata con Parigi, consentendo il sorvolo ai suoi caccia, ma stampa e opinione pubblica rumoreggiano. In molti Paesi arabi si riaffacciano le accuse all'Occidente e al "neocolonialismo" francese. Di questo si parlerà in un vertice straordinario dei ministri degli Esteri europei che si svolgerà nei prossimi giorni, mentre torna a riunirsi il Consiglio di Sicurezza dell'Onu. Ma è soprattutto urgente che si muova l'Africa. Che arrivino i 3mila uomini promessi da Burkina Faso, Nigeria, Niger, Senegal e Bénin.
E che l'operazione passi in qualche modo di mano, lasciando ai francesi compiti di supporto e addestramento.
Uno scenario in evoluzione nel quale cercano di rientrare in gioco i tuareg, che sono stati all'origine della rivolta nell'Azawad e poi sono stati marginalizzati dai gruppi fondamentalisti islamici, i cui uomini arrivano in larga parte dall'Algeria, dalla Mauritania e dal Niger.
Il presidente francese François Hollande gode per ora di un consenso interno pressoché totale (critiche arrivano solo dall'estrema sinistra e dall'ex premier Dominique de Villepin) e persino la curva della sua impopolarità mostra qualche timido segno di inversione. Ma deve rapidamente dare una prospettiva diversa a questa operazione, dimostrando che la Francia ha solo assicurato l'emergenza, con un'Africa pronta a prendere il testimone.
Senza trascurare le minacce degli estremisti islamici, che hanno promesso rappresaglie contro obiettivi francesi in Africa ed Europa, costringendo Parigi ad alzare a "rosso rafforzato" - il penultimo livello di gravità - il suo sistema di difesa e sicurezza (il cosiddetto "piano Vigipirate").
Intanto in Somalia gli estremisti islamici hanno annunciato la morte del militare francese dato ufficialmente per disperso e rimasto ferito durante il fallito attacco di sabato scorso a una base degli shebab per cercare di liberare l'agente in ostaggio da oltre tre anni. Con «una messa in scena particolarmente odiosa», come ha commentato il premier Jean-Marc Ayrault, hanno inoltre pubblicato sul web la foto del cadavere di un uomo bianco, sostenendo che si tratta del capo del commando delle forze speciali francesi. Hanno anche annunciato di aver deciso la sorte dell'ostaggio e che presto mostreranno il corpo dell'altro militare francese.
2 - LA RIVINCITA DEL PRESIDENTE INCERTO
Marco Moussanet per il "Sole 24 Ore"
Nel giro di poche ore l'immagine di François Hollande è cambiata. La decisione di intervenire militarmente in Mali ha trasformato il presidente incerto, tentennante, eccessivamente incline al dialogo e al compromesso in leader incontestato della Francia in guerra. Neppure il fallimento dell'operazione somala ha incrinato la nuova solennità repubblicano-monarchica che emana dall'ospite dell'Eliseo. Intervento improvviso, quello in Mali, imposto dall'incalzare imprevisto degli eventi.
Nessuno osa neppure sospettare il contrario, ma certo dal punto di vista della politica interna il timing non avrebbe potuto essere migliore. Proprio nei giorni in cui organizza la sua più importante manifestazione degli ultimi 30 anni, quella contro il matrimonio omosex, la destra si allinea compatta (con la sola eccezione dell'ex premier De Villepin) dietro il presidente, com'è tradizione in simili circostanze. E il primo sondaggio realizzato in parte dopo l'annuncio dell'operazione registra per la prima volta un aumento, sia pur lieve, della popolarità di Hollande. Incredibile, il bene che può fare una guerra!
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