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    RAGGI X - A MARZO VIRGINIA RAGGI TORNERÀ SUL BANCO DEGLI IMPUTATI PER IL PROCESSO D'APPELLO IN CUI E’ ACCUSATA DI FALSO - LA PROCURA HA GIÀ AFFILATO LE ARMI: NELL'ATTO CON CUI IMPUGNA L'ASSOLUZIONE DI PRIMO GRADO, I PM CERCANO DI SMONTARE PUNTO PER PUNTO LA SENTENZA DEL GIUDICE - LA SINDACA ERA ACCUSATA DI AVERE MENTITO ALLA RESPONSABILE ANTICORRUZIONE DEL COMUNE IN RELAZIONE ALLA NOMINA DI RENATO MARRA…


     
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    Michela Allegri per “il Messaggero”

     

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    In marzo ci sarà il secondo round: il 16 Virginia Raggi tornerà sul banco degli imputati per il processo d' appello. E la procura ha già affilato le armi: nell' atto con cui impugna l' assoluzione di primo grado della sindaca di Roma dall' accusa di falso, i pm cercano di smontare punto per punto la sentenza del giudice Roberto Ranazzi. Raggi era accusata di avere mentito alla responsabile Anticorruzione del Comune in relazione alla nomina di Renato Marra, fratello dell' ex braccio destro della prima cittadina, Raffaele - già condannato per corruzione e abuso d' ufficio - a capo del dipartimento Turismo di Roma Capitale, con un aumento di stipendio annuo pari a 20mila euro.

     

    Aveva detto all' Anac che in quel caso Raffaele, responsabile del Personale capitolino, si era astenuto dal seguire le procedure, svolgendo un ruolo «meramente compilativo delle disposizioni da lei assunte». Circostanza che, per i pm, è smentita da chat, testimonianze e anche dalle dichiarazioni rese in interrogatorio dalla stessa sindaca.

    RENATO MARRA RENATO MARRA

     

    IL MOVENTE

    Il giudice di primo grado sostiene che la Raggi sarebbe stata vittima di un «raggiro» ordito ai suoi danni dai Marra. Mentre per il procuratore aggiunto Paolo Ielo e il pm Francesco Dall' Olio - che avevano chiesto una condanna a 10 mesi - il movente della falsa dichiarazione è chiaro: la necessità di evitare a Raffaele Marra un procedimento penale per abuso d' ufficio che, riguardando un atto da lei firmato, «l' avrebbe inevitabilmente esposta» a un' iscrizione sul registro degli indagati, con la conseguenza che, «secondo le regole vigenti all' epoca all' interno del movimento - poi modificate, ndr - sarebbe stata costretta a dimettersi o a rimettersi al giudizio di terzi».

     

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    Il giudice aveva invece sottolineato che le dimissioni non sarebbero state un atto necessario, perché «lo statuto consentiva, oltre all' autosospensione, la trasmissione della notizia ai capi del partito con una valutazione caso per caso». Per i pm, però, il Tribunale avrebbe «ritenuto vigente all' epoca dei fatti il codice etico attuale».

     

    Il Tribunale non ha avuto dubbi sulla buona fede della sindaca a fronte dei fratelli Marra che, si legge nelle motivazioni, avrebbero «operato strumentalizzando l' assessore al Turismo Adriano Meloni, con cui Renato (su consiglio di Raffaele), aveva intrapreso una fattiva collaborazione». Il giudice sottolinea in più passaggi che i Marra avrebbero agito «all' insaputa del sindaco, allo scopo di ottenere per Renato un ruolo da dirigente».

    RENATO MARRA E RAGGI mpa.it RENATO MARRA E RAGGI mpa.it

    I RAPPORTI CON MARRA

    Nell' atto d' appello si legge che alla base del falso ci sarebbe anche un altro movente: la volontà della sindaca di non pregiudicare il ruolo strategico del suo braccio destro.

    Ma nelle motivazioni il giudice scriveva: «L' imputata non aveva alcun interesse a tutelare né la persona né la figura di Marra Raffaele e non aveva un interesse proprio a dichiarare il falso». Ed è proprio su questo punto che si concentrerà la battaglia giudiziaria tra accusa e difesa in appello.

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