1 - GUERRA DI SUCCESSIONE LA CORSA A TRE È SCATTATA
Ilario Lombardo per “la Stampa”
LUIGI DI MAIO - DAVIDE CASALEGGIO - PIETRO DETTORI
È stato Alessandro Di Battista a fargli urlare: «Basta». Il giorno in cui l' ex deputato ha aperto la guerriglia social contro l' espulsione di Gianluigi Paragone, di fatto delegittimandolo. E allora si è detto: basta con questo assedio quotidiano, una macerazione che stritola ogni margine di leadership. Molto meglio, ha pensato Luigi Di Maio, lasciare il M5S alla deriva e vedere come l' orda che vuole la sua testa in nome di uno straccio di democrazia si autofagocita. E Di Battista è l' indiziato numero come futuro leader se si aprisse la guerra di successione. Tre nomi su tutti: il suo, Stefano Patuanelli e Paola Taverna.
ALESSANDRO DI BATTISTA E LUIGI DI MAIO
La tentazione dei pop-corn è forte, ed è la più profonda verità che anche nello staff di Di Maio faticano a dissimulare: lasciare il trono di capo politico, osservare da spettatore il disfacimento che gli viene imputato. Le smentite hanno questo limite: che non possono cucire la bocca a tutti, a chi per esempio nella corte ristretta o nel governo non nasconde quella rabbia sfogata negli ultimi venti giorni da Di Maio contro la gogna giornaliera, quella voglia di uscire dal ring.
Più sfoghi, che si sono sommati e sono diventati una voce, una possibilità. Insomma Di Maio è tentato, ma la volontà? Arriverà fino in fondo, fino al punto di perdere tutto e restare solo (si fa per dire) ministro degli Esteri, un ruolo che oggi c' è ma domani chissà e che non ne definisce l' identità politica?
davide casaleggio luigi di maio
Intanto dietro di lui le manovre continuano. Ieri, dopo le indiscrezioni del Fatto e del Foglio, non c' è stata una sollevazione in sua difesa. Anzi. C' è chi lavora già alla lista dei potenziali successori, tenendo in considerazione la sopravvivenza del governo e l' infilata di elezioni regionali che potrebbe devastare i grillini. Inutile dire che Beppe Grillo è stato raggiunto da queste voci come lo è pressoché tutto il governo. Chi proverà a galleggiare nel caos e a tentare di risollevare il M5S? Nella fase di transizione toccherebbe al membro anziano del comitato di garanzia Vito Crimi. Ma poi? Si fanno tre nomi, si diceva, ognuno dei quali ha elementi di forza e di debolezza.
Il primo: Di Battista. Con grande tempismo è volato in Iran, nel cuore del conflitto globale. Dopo aver infilzato il Di Maio -capo politico su Paragone, ha messo in difficoltà il Di Maio-ministro degli Esteri, che si barcamenava negli equilibrismi diplomatici, con un post di dura condanna al presidente Usa Donald Trump per l' uccisione di Qassem Soleimani.
audizione del ministro stefano patuanelli in commissione trasporti alla camera 2
Di Battista è l' idolo delle folle, capace di compattare la base dei militanti ma è detestato dal gruppo di Camera e Senato, da cui è considerato un turista della democrazia parlamentare con il vizio delle telecamere e dei palchi, inadatto a sintonizzarsi sulla lunghezza d' onda del governo. L' effetto "Dibba" sarebbe destabilizzante sul Conte II e sull' alleanza con il Pd, perché sposterebbe su posizioni più sovraniste e anti-Ue il M5S, forse anche nella speranza di tornare al voto e farsi rieleggere. Alle urne sarebbe un' incognita: la narrazione anti-sistema potrebbe rivitalizzare il M5S oppure affondarlo perché ormai considerato una forza di governo.
DI BATTISTA DI MAIO
Per questo, nella fronda più moderata e tra i ministri si preferirebbero altri profili. Non il Guardasigilli Alfonso Bonafede, perché indisponibile a sostituire il leader di cui è stato uno dei più fedeli collaboratori, nonostante lo abbia investito del sospetto di voler rianimare l' alleanza con Matteo Salvini. Può garantire la stessa mise ministeriale Stefano Patuanelli.La Stampa ha già raccontato quanto il suo nome piaccia ai grillini in Parlamento e agli alleati di governo. Sconta un carisma mediatico al limite della anemia emotiva.
PAOLA TAVERNA SI LAUREA
Per questo il terzo nome potrebbe essere quello che accontenta tutti. La vicepresidente del Senato Paola Taverna. È donna, fresca di laurea, ha un eloquio di piazza alla Di Battista e appartiene alla stessa genia della periferia romana di Giorgia Meloni. Già si pregusta il match: Paola vs Giorgia. Sostenuta da Grillo, non nasconde l' ambizione di voler guidare il M5S: Taverna è stata tra le più feroci accusatrici di Di Maio ed è tra le tifose più sfegatate della stabilità di governo e della legislatura. Col tempo è diventata meno aggressiva ed è l' unica, forse, se si votasse sul web, in grado di non soccombere all' onda Dibba.
2 - 5S, DI MAIO NON LASCIA ANZI RADDOPPIA: CON LUI UNA DONNA LEADER
Annalisa Cuzzocrea per “la Repubblica”
audizione del ministro stefano patuanelli in commissione trasporti alla camera 8
Una nuova leadership per il Movimento 5 stelle. Fatta da un uomo e una donna, sul modello dei verdi europei. Non è una mossa per spodestare Luigi Di Maio, stavolta.
Tutt' altro. È quello che ha in mente il capo politico per uscire dall' impasse degli ultimi mesi. Un progetto da portare ai prossimi Stati generali del Movimento previsti per metà marzo, con una linea politica molto diversa da quella incarnata da Giuseppe Conte. Il ministro degli Esteri è convinto che l' idea di porre i 5 stelle dentro il campo progressista sia lontana anni luce dalla base del M5S. Non la rappresenta, non la rassicura. È troppo lontana da quel che i 5 stelle hanno rappresentato finora: una forza anti-sistema e anti-ideologica, per anni fieramente anti-Pd.
paola taverna io nun so un politicoooo
Così, quella a cui Di Maio sta lavorando è una proposta che parta dal basso, sottoscritta dagli iscritti di ogni regione. Con un volto femminile al fianco del leader (Chiara Appendino? Paola Taverna? Una delle poche certezze su questo è che non sarà Virginia Raggi). A chi lo sente al telefono alle otto del mattino, Di Maio dice che non ha nessuna intenzione di mollare il ruolo di capo politico. Pensa a «giochi interni» contro di lui. Ricorda che, da ministro degli Esteri, ha ben altre cose a cui pensare.
Se la prende con «i soliti due o tre» che hanno messo nel mirino la sua leadership: i senatori che hanno firmato il documento che chiede di separare il ruolo di guida del Movimento da quello di ministro, gli oppositori storici che da sempre contestano il fatto che una forza politica nata ufficialmente senza capi ne abbia uno, con pieni poteri. Non rivela nulla di quel che ha in mente, ma fa sapere di non essere affatto stanco. Di non esserlo mai.
CHIARA APPENDINO
In realtà, le voci di un Di Maio «a fine corsa», «pronto a fare un passo indietro », «indeciso sul da farsi in vista di regionali che si preannunciano disastrose», non arrivano solo dalla cerchia ristretta dei nemici dichiarati. Ma da ex fedelissimi convertiti al governismo di Giuseppe Conte. O da chi pensa che il Movimento debba ormai scegliere l' alleanza col centrosinistra, abbandonando l' idea di essere ago della bilancia e incarnazione di una sorta di sovranismo soft. Perfino un esponente di governo vicino al capo della Farnesina diceva ieri, dopo le indiscrezioni uscite sul Fatto quotidiano : «Nulla è ancora deciso, le voci vengono messe in giro da chi spera in un passo indietro di Luigi. Certo, ogni volta che si alza il fuoco contro, lui pensa di mollare...».
chiara appendino luigi di maio 1
Eppure, nella riunione fatta al mattino presto con i collaboratori, il tono di Di Maio era tutt' altro che arreso. Il capo della Farnesina dice di non credere che dietro le voci delle sue imminenti dimissioni ci sia il presidente del Consiglio. «Con Conte stiamo lavorando bene», ripete.
Fingendo di non vedere che il premier si sta definendo come l' architetto di un nuovo Ulivo. Che di fatto, col benestare di Beppe Grillo, sta traghettando il Movimento in un campo che il capo politico considera ostile. E che forse per questo, buona parte dei big 5 stelle pensa che Di Maio non abbia altra scelta che lasciare il timone.
roberta lombardi a otto e mezzo
«Guardiamo ai fatti - dice uno dei massimi dirigenti M5S - Luigi ha perso: ha fatto di tutto per mandare all' aria l' intesa col Pd senza riuscirci; non ha il controllo dei gruppi parlamentari, che o si sfaldano o preparano documenti contro di lui; non ha più l' appoggio di alcuni dei suoi ex fedelissimi perché ha agito senza ascoltare nessuno, inseguendo un' alleanza impossibile con Di Battista che ormai, dopo aver difeso Paragone, è di fatto fuori dal Movimento. Dimettersi potrebbe essere l' unica mossa che gli resta».
LUIGI GALLO M5S
Viste dal quartier generale del capo, le cose sono molto diverse. Di Maio è certo che "Dibba" non solo gli perdonerà la cacciata di Paragone, ma che sarà dalla sua parte agli "Stati generali" previsti dal 13 al 15 marzo. La data è stata decisa dal "team del futuro", che risponde a Di Maio e dove non spicca certo l' ala governista. Se davvero in quella tre giorni sarà per la prima volta possibile decidere qualcosa "fisicamente", nei 5 stelle, se ci sarà qualcosa di simile a mozioni congressuali contrapposte, si potrebbero finalmente fronteggiare le due idee di Movimento incarnate da una parte dal presidente della Camera Roberto Fico, la capogruppo in regione Lazio Roberta Lombardi, il presidente della commissione cultura alla Camera Luigi Gallo, e dall' altra da Di Maio e Di Battista.
roberto fico corrucciato
E si potrebbe decidere insieme una nuova governance dei 5 stelle, che sia la "segreteria politica" che piace ai ministri Alfonso Bonafede e Stefano Patuanelli, o il modello uomo- donna cui sta pensando il ministro degli Esteri. Resta da capire, in tutto questo, cosa farà Beppe Grillo: a chi darà il suo appoggio, se sceglierà di farlo. E che ruolo si ritaglierà, ora che da "elevato" è dovuto tornare sulla terra per rimettere ordine in un caos che, dopo le regionali del 26 gennaio, non potrà che peggiorare.