Maria Teresa Meli per il “Corriere della Sera”
MARIO DRAGHI IN CONFERENZA STAMPA A KIEV
C'è preoccupazione a Palazzo Chigi. Non tanto per la risoluzione di maggioranza che dovrebbe essere definita oggi in una nuova riunione tra i capigruppo parlamentari e il sottosegretario con delega agli Affari europei, Enzo Amendola, o, al più tardi, domattina. Piuttosto i timori riguardano il fatto che le divisioni dei 5 Stelle e la lotta all'ultimo sangue tra Giuseppe Conte e Luigi Di Maio possano riverberarsi sul governo con una crisi internazionale in corso.
«Se i conflitti interni arrivano sul tavolo dell'esecutivo in un frangente delicato come questo rischiano di avere effetti negativi anche sul Paese», è il ragionamento che viene fatto a Palazzo Chigi. Non solo: si vuole evitare che quanto sta avvenendo nel M5S mini la «credibilità internazionale del governo».
di maio conte
Del resto, uno scontro tra il leader dei 5 Stelle, che ha i gruppi parlamentari più numerosi, e il ministro degli Esteri che appartiene allo stesso partito, mentre l'Italia è impegnata sul fronte della crisi ucraina, non è roba di tutti giorni.
A Palazzo Chigi ieri gli uomini del premier hanno cercato di capire, parlando con i ministri grillini, Di Maio in testa, le possibili conseguenze delle divisioni tra 5 Stelle.
Una preoccupazione simile serpeggiava anche tra i dem.
MARIO DRAGHI GIUSEPPE CONTE
Enrico Letta si è attaccato al telefono e ha parlato con tutti. Con il governo, con Conte, con Di Maio. Il segretario Pd voleva accertarsi di quanto grave fosse la rottura e se sul serio l'esito della lotta interna al M5S potesse essere la cacciata del ministro degli Esteri. Eventualità, quest' ultima, poi scongiurata.
«Spero che il confronto tra Di Maio e Conte non ingeneri fibrillazioni per il governo in un momento di massima delicatezza per il Paese», spiegava Letta a tutti i suoi interlocutori. «Sono fiducioso che prevarranno le ragioni dell'interesse nazionale».
CONSIGLIO NAZIONALE DEL M5S
L'impressione di una parte dei dem, ma anche di un pezzo del governo, è che Di Maio non si voglia fermare e intenda tirare dritto per la sua strada. Perciò il timore del Pd e di Palazzo Chigi è che anche se il 21 non ci sarà nessuno strappo, le fibrillazioni all'interno del M5S potrebbero proseguire e finire per ripercuotersi sul governo. E se qualche dem definisce la situazione «grave ma non seria», anche il segretario leghista Matteo Salvini nota che «sicuramente è un problema per il governo e per l'Italia se vanno avanti a litigare per giorni».
Eppure in questo clima circola un certo ottimismo sulla risoluzione di maggioranza.
Si conta di trovare una mediazione accettabile per tutti. Anche perché a questo punto il voto di quel documento è diventato una sorta di voto di fiducia al governo Draghi. Gli spiragli che inducono a essere fiduciosi e a prevedere un esito positivo ci sono. Conte ha ceduto sul «no» all'invio delle armi in Ucraina.
mario draghi e luigi di maio alla camera
Il leader dei 5 Stelle si accontenterebbe del fatto che tutte le novità di peso (incluse le spedizioni di attrezzature militari a Kiev) debbano in qualche modo passare per il Parlamento. La difficoltà consiste nel trovare una formula che possa far dire all'ex premier di aver strappato qualcosa e che nel contempo eviti al premier o ai ministri coinvolti nella crisi ucraina di dover riferire in continuazione in Aula, magari su argomenti sensibili come l'invio delle attrezzature militari. Perciò si sta lavorando su un più generico impegno a mantenere «informato» il Parlamento.
LUIGI DI MAIO - BEPPE GRILLO - GIUSEPPE CONTE luigi di maio giuseppe conte meme by carli