Gaspare Gulotta
Ci voleva un pentito pure al Policlinico di Palermo per scoperchiare la pentola maleodorante dei concorsi truccati, degli incarichi di ricercatore affidati ad amici e parenti, soprattutto se titolati figli di «barone». Un pentito in camice bianco per scoprire la regola del «fifty fifty, uno a uno, uno lo piazzi tu e uno lo piazzo io». Una gola profonda.
Con accuse alla base di un'inchiesta avviata due anni fa dai carabinieri piazzando microspie soprattutto nello studio del primario da ieri mattina agli arresti domiciliari, Gaspare Gulotta, 71 anni, adesso in pensione, fino all'anno scorso direttore del dipartimento di Chirurgia del Policlinico, accusato di aver truccato le carte per favorire la sua corte.
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A cominciare dalla figlia Eliana, chirurgo nell'attiguo Ospedale Civico. Anche lei ai domiciliari. Coinvolta nel terremoto con altre venti persone fra medici, docenti e amministrativi. Tutti, con diverse responsabilità, sotto inchiesta per corruzione, peculato, turbata libertà di scelta del contraente, truffa, rivelazione ed utilizzazione di segreti d'ufficio, falso ideologico in documenti informatici, calunnia e abuso d'ufficio.
E la giudice per le indagini preliminari Donata Di Sarno per undici di loro ha disposto l'interdizione dai pubblici uffici.
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Oltre Gulotta sembra pesante la posizione del candidato indicato per la sua successione, Mario Adelfio Latteri. Pure lui coinvolto nella truffa che fa riferimento a cinque concorsi espletati tra il 2019 e il 2020. Ovviamente gli avvocati sono pronti a contestare le accuse e bisognerà attendere il passaggio dell'inchiesta al tribunale del riesame, ma i virgolettati che si leggono nelle intercettazioni trascritte dai carabinieri sono sconvolgenti perché intrisi di arroganza e tracotanza.
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«Tu ti pigghi quattro amici», diceva Gulotta riferendosi ai commissari da inserire nei concorsi. In modo da trasformare le prove in una formalità. Un meccanismo rivelato dalle stesse parole pronunciate da Gulotta nel suo studio, ignaro di essere intercettato, pronto ad illustrare il metodo: «Ogni volta che si è liberata una nicchia io mi ci sono infilato sempre. Ogni volta che c'è stata una cosa Covid io mi ci sono infilato. Ho fatto un concorso e ho cercato di piazzare sempre, pensando ai miei, alla famiglia. Ho fatto un concorso al pronto soccorso e ho cercato di infilare i miei, la famiglia, tutto quanto, ogni volta che ho avuto un piccolo spazio ho cercato di andarlo a occupare per i miei, per i miei figli, Eliana e Leonardo...».
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Parla di «un quadro a dir poco sconfortante» la gip che descrive Gulotta con parole destinate a pesare sul Policlinico: «Il direttore spadroneggia, impunito, creando logiche di sistema illegali». Il riferimento corre ad una mancanza di controlli interni sui quali dovrà interrogarsi l'intero meccanismo amministrativo dell'ateneo.
Come è già accaduto in tempi recenti a Catania e Messina con la scoperta di «verminai» riflessi nei favori spesso riservati ai figli dei «baroni» in camice bianco. In questo caso, con totale disinvoltura, Gullotta, stando al Nas dei carabinieri, avrebbe usato «la sua influenza anche per fare rilasciare ai suoi due figli, entrambi medici, false attestazioni di malattia...».
Compreso un referto contraffatto per attestare lesioni subite dalla figlia durante una presunta aggressione dell'ex coniuge. Un modo per farla pagare al genero. Storia privata emersa in un «sistema» che prevedeva il pagamento di visite private pur di avere un posto in corsia.