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    RISORSE DIS-UMANE - A PERUGIA, IL GIUDICE DEL LAVORO HA ANNULLATO IL LICENZIAMENTO DI UN UOMO CHE ERA STATO CACCIATO PER AVER PRESO TRE GIORNI DI CONGEDO PARENTALE - PER L'AZIENDA, L'OPERAIO AVREBBE ABUSATO DEL PERMESSO PERCHE', OLTRE AD ACCOMPAGNARE LA FIGLIA ALL'ASILO NIDO, AVREBBE FATTO UNA "BREVE SOSTA" AL BAR E AL SUPERMERCATO E "TRASCORSO IL RESTO DEL TEMPO A CASA" - ORA L'UOMO DOVRÀ DECIDERE SE TORNARE A LAVORARE IN AZIENDA O SE…


     
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    (ANSA) - Un papà ha preso tre giorni di congedo parentale ed è stato licenziato. Poi il giudice del lavoro ha imposto con una sentenza il reintegro sul posto di lavoro e il pagamento delle 13 mensilità di stipendio più i contributi persi. E' successo in un'azienda della provincia di Perugia, secondo quanto pubblica oggi il Messaggero Umbria. L'uomo aveva preso i giorni per occuparsi della figlia di due anni e permettere alla moglie di tornare al lavoro dopo la maternità. L'azienda prima lo ha sospeso, alla vigilia di Natale, e poi lo ha licenziato.

     

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    Il giudice Giampaolo Cervelli della sezione Lavoro del tribunale civile di Perugia, ha però stabilito come il congedo parentale sia stato "destinato a incombenze necessarie per la cura della famiglia e della prole, come quelle del riassetto della casa, alla preparazione dei pasti, anche nella prospettiva di un'agevolazione della madre per la ripresa dell'attività di lavoro". I fatti - ricostruisce il Messaggero - risalgono al novembre 2022. Nell'azienda l'operaio lavora dal 2019. Da due anni e poco più ha una bambina e la moglie, infermiera, è ritornata al lavoro. Per legge (decreto legislativo 151 del 2001), il padre lavoratore, dalla nascita del figlio ha diritto a un "periodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi".

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    E lui chiede di usufruire del congedo parentale per tre giorni a fine novembre. Ma a metà dicembre arriva dall'azienda una "contestazione di addebito disciplinare", giustificata da un "presunto abuso", cioè l'aver sì accompagnato e poi ripreso la figlia al nido, ma usufruendo del tempo in mezzo, ricostruisce il giudice, facendo una "breve sosta" al bar, la spesa al supermercato e trascorrendo "il resto del tempo in casa". Comportamenti che per l'azienda sarebbero stati "incompatibili con la funzione del congedo".

     

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    Un atto impugnato dall'operaio, ma l'azienda ribadisce che "alla luce di quanto emerso dagli accertamenti investigativi, l'uomo abbia passato quei tre giorni non a dedicarsi "alla cura" della figlia, portata a scuola, ma a fare compere e a casa. L'avvocato Nunzia Parra (studio Brusco & partners) ha invece sollecitato una visione diversa, grazie a una lettura congiunta del Jobs Act e del testo unico in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità. Che ha convinto il giudice Cervelli, fino alla decisione nei confronti dell'azienda.

     

    "Si tratta di una delle prime pronunce del panorama nazionale - commenta l'avvocato Parra - che mette in luce la funzione del congedo parentale in relazione alla condivisione delle responsabilità di cura tra uomini e donne e la parità di genere in ambito lavorativo e familiare". Ora l'operaio dovrà decidere se tornare a lavorare nell'azienda o convertire il reintegro nel pagamento di altre 15 mensilità.

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